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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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Progetto Babele Dodici<br />

La Secchia Rapita, poema eroicomico.<br />

A cura di Carlo Santulli<br />

“La Secchia rapita” di Alessandro Tassoni (1622)<br />

I G R A N D I U M O R I S T I<br />

A Modena, all'interno<br />

della Ghirlandina, la torre<br />

che costituisce il simbolo<br />

di questa città, erede di<br />

una rivalità mica tanto<br />

dimenticata con la<br />

bolognese torre degli<br />

Asinelli, è appesa una<br />

secchia " in alto per trofeo<br />

posta e legata/con una<br />

gran catena a' curvi<br />

sassi". Niente di speciale,<br />

la secchia in sé, al punto<br />

che la catena, come<br />

osserva il poeta, appare<br />

sproporzionata alla<br />

bisogna.<br />

Tuttavia, la secchia<br />

rappresenta, nelle sue<br />

grandezze e nelle sue<br />

inevitabili miserie, quella<br />

che fu la lotta comunale<br />

in Italia, qualcosa al suo apice di tragico ed insieme patriottico, ma<br />

con aspetti burleschi che fanno ricordare le disfide di campanile<br />

per le quali è noto il nostro campionato di calcio. Ma lasciamo la<br />

parola al prologo de "La secchia rapita" di Alessandro Tassoni:<br />

"La Secchia Rapita, poema di nuova spezie inventata dal<br />

Tassone, contiene una impresa mezza eroica e mezza civile,<br />

fondata su l'istoria della guerra, che passò tra i Bolognesi e i<br />

Modanesi al tempo dell'imperador Federico Secondo, nella quale<br />

Enzio re di Sardigna, figliuolo del medesimo Federico,<br />

combattendo in aiuto de' Modanesi, restò prigione e prima d'esser<br />

liberato morí in Bologna, come oggidi ancora può vedersi<br />

dall'epitafio della sua sepoltura nella chiesa di S. Domenico".<br />

La vicenda quindi, cui risale il furto della secchia, fa parte di quelle<br />

guerre e guerricciole della nostra età comunale, ed era stata<br />

preceduta da qualcosa come trent'anni di litigi e rivendicazioni da<br />

parte dei modenesi (ghibellini) ai danni dei bolognesi (guelfi).<br />

Coi parametri del tempo, comunque, la battaglia cosiddetta della<br />

Secchia Rapita (15 novembre 1325) non fu piccola affatto. Diamo<br />

qualche numero: trentamila fanti e duemila cavalieri per i<br />

Bolognesi, e cinquemila fanti e duemila cavalieri per i Modenesi.<br />

Fu anche una battaglia molto sanguinosa, che lasciò più di<br />

duemila morti sul campo. I Modenesi, nonostante la massa di fanti<br />

schierata contro di loro, prevalsero: anzi, messi in fuga i rivali, li<br />

inseguirono, data anche la modesta distanza tra le due città, fino<br />

alle porte di Bologna. Qui giunti, realizzarono che Bologna era<br />

una città molto più grande di quel che credevano, e che non si<br />

poteva invaderla e sarebbe stato anche poco realistico pensare di<br />

dare ai Bolognesi una sonora lezione. Si limitarono a correre un<br />

gran numero di tornei sotto le mura, a prenderli in giro insomma, e<br />

si impadronirono della secchia. Aperta una porta della città, che si<br />

diceva legata dalla catena che ora tiene la secchia ancorata al<br />

muro di volta della Ghirlandina, la secchia, faceva loro comodo<br />

per bere a qualche pozzo, perché avevano sete, e scapparono<br />

indietro verso Modena.<br />

Come si vede da questi pochi cenni, tragico e burlesco sono<br />

strettamente mescolati, e questo è per così dire molto tipico della<br />

nostra storia medievale. La letteratura del tempo non ignorò<br />

questo scontro, anzi il bolognese Antonio Beccari, poeta girovago<br />

che aveva vissuto alla corte degli Oleggio, diversi anni più tardi<br />

citò lo scontro di Zappolino in una rima, dove lamentava la<br />

crudeltà e la perfidia dell’animo umano.<br />

Tuttavia, col tempo, la violenza di questo scontro che era seguito<br />

a tanti anni di discordia, fu dimenticata: la secchia appesa sotto il<br />

muro di volta della Ghirlandina ne rimase il ricordo, ed un ricordo<br />

più burlesco che tragico, in verità.<br />

Così, quando il Tassoni, circa tre secoli dopo, pubblica il suo<br />

poema eroicomico "La secchia rapita" (1622), la battaglia era<br />

stata declassata a scaramuccia dalla tradizione, e questi sono i<br />

- 53 -<br />

CONSIGLI DI LETTURA<br />

Alessandro Tassoni (1565-1635)<br />

Alessandro Tassoni<br />

nacque a Modena nel<br />

1565 da una famiglia<br />

nobile. Rimasto orfano,<br />

dopo anni di<br />

dissolutezze, completò<br />

gli studi tra Bologna,<br />

Ferrara e Pisa e fu<br />

posto al servizio del<br />

Cardinale Ascanio<br />

Colonna, con il quale<br />

visse in Spagna dal<br />

1600 al 1603. Rientrato<br />

in Italia, fu ambasciatore<br />

piemontese a Roma al<br />

servizio del duca Carlo<br />

Emanuele I di Savoia, che lo scrittore riteneva “il più<br />

magnanimo principe che abbia la nostra età”,<br />

ammirandone la politica d’indipendenza nei<br />

confronti della Spagna. In questo periodo compose<br />

una raccolta di pensieri dal titolo "Varietà di pensieri<br />

di Alessandro Tassoni" divisa in nove parti e<br />

contrassegnata da un tenace anti-aristotelismo.<br />

Già da questi scritti si nota la personalità vivace ed<br />

irosa che lo caratterizzò per tutta la vita, e la sua<br />

corrosiva vena polemica, spesso indirizzata contro<br />

gli emuli del Petrarca. La pedantesca cultura<br />

secentista si coniuga in Tassoni al desiderio di<br />

nuovo, alla ricerca del paradossale e del bizzarro.<br />

I suoi forti sentimenti anti-spagnoli animano<br />

un’opera di oratoria politica, praticamente un<br />

pamphlet, che rappresenta una delle poche<br />

espressioni letterarie della protesta contro la<br />

dominazione straniera: le “Filippiche contro gli<br />

Spagnoli”. Il Tassoni invitava i principi italiani a<br />

ribellarsi, seguendo appunto l’esempio del duca di<br />

Savoia Carlo Emanuele, che nel 1612 aveva mosso<br />

guerra alla Spagna per il Monferrato.<br />

Stampate tra il 1614 e il 1615, le Filippiche sono<br />

concordemente attribuite al Tassoni dalla critica,<br />

benché egli non ammise mai di esserne l’autore,<br />

per timore di ritorsioni e vendette, e gli ottennero di<br />

entrare ancor più nelle grazie dello stesso duca di<br />

Savoia, che nel 1618 lo volle a Torino col titolo di<br />

primo segretario. Nel 1621 Tassoni si ritirò a vita<br />

privata a causa della mutata politica del duca<br />

sabaudo e delle conseguenti ostilità dell’ambiente di<br />

corte nei suoi confronti.<br />

Nel 1622 pubblicò “La secchia rapita”, composta in<br />

ottava rima, in cui, sebbene l'azione si svolga nel<br />

secolo XIII, i riferimenti alla contemporaneità sono<br />

numerosi ed espressi con arguzia e riferimenti<br />

polemici di carattere personale che contribuiscono a<br />

vivacizzare i personaggi.<br />

Nel 1626 fu al servizio del cardinale Ludovisi e nel<br />

1632 del duca Francesco I di Modena. Morì nella<br />

sua città natale appena tre anni dopo, il 25 aprile<br />

1635.

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