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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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Progetto Babele Dodici<br />

secondo, giornalista e d.j.,<br />

con i suoi due romanzi<br />

pubblicati da Il Maestrale, ci<br />

catapulta nella vita<br />

quotidiana, dove anche in<br />

storie che ci sembrano<br />

semplici e conosciute non<br />

possiamo dare mai nulla per<br />

scontato.<br />

Ancora dai premi letterari<br />

arriva un’altra autrice<br />

cagliaritana, Giulia Clarkson.<br />

Giornalista e insegnante, la<br />

Monte Gennargentu<br />

Clarkson ha esordito con il<br />

romanzo Le stagioni di Flora<br />

(Mediterranea, 2001), che ha vinto la III edizione del concorso “Le Collane di Med”.<br />

Col suo secondo lavoro, La città d’acqua (Il Maestrale, 2003), fa l’en plein e trionfa<br />

nella sezione giovani del premio Grazia Deledda 2002.<br />

Vincitore di numerosi premi e menzioni in ambito regionale, tra cui il premio<br />

Romangia per un romanzo scritto nel suo dialetto locale, è Gian Carlo Tusceri. Abile<br />

nel romanzare storie reali, e porto come esempio Le porte chiuse (Paolo Sorba,<br />

2003) e Pascal, mon amie (Taphros, 2004), lentamente Tusceri si sta facendo strada<br />

nell’ambiente editoriale sardo, procurandosi sempre più lettori.<br />

Alla luce di tutte queste prove lampanti della qualità delle opere che vengono fuori<br />

dai premi letterari, crescono i concorsi in una regione che forse, negli anni passati,<br />

ha sottovalutato troppo, e troppo spesso, le proprie potenzialità culturali. E così, da<br />

qualche anno a questa parte, vediamo nascere concorsi di poesia, di racconti, di<br />

romanzi editi e inediti, e le case editrici più scaltre sono pronte ad accalappiarsi gli<br />

autori più meritevoli. È ciò che è successo a Rossana Carcassi, che un paio di<br />

settimane fa ha partecipato e vinto, col romanzo inedito L’orafo, il premio Junturas di<br />

Orani (NU), e si è aggiudicata la pubblicazione del testo per conto del Maestrale. Da<br />

segnalare, nello stesso concorso, l’arrivo tra i finalisti anche di Mario Mereu, che già<br />

nel 2000 uscì con un suo racconto nell’antologia di giovani scrittori Parole di carta,<br />

edita da Marsilio.<br />

Notevole il successo di vendita per altri tre scrittori che meritano di essere ricordati in<br />

questa sede. Gli esordienti Maria Grazia Dessanti, con Il mistero della Vulcan<br />

(Editorial Project, 2004) e Augusto Secchi, con I colori dell’assenza (Frilli, 2004), e<br />

l’ennesima conferma della scrittrice, poetessa e storica Grazia Maria Poddighe, con il<br />

romanzo storico L’ultimo inverno di Adelasia (Carlo Delfino, 2003).<br />

Come ho anticipato nelle prime righe, la poesia sarda è spesso legata<br />

inscindibilmente alla narrativa. Abbiamo visto quanto autori come Salvatore<br />

Mannuzzu o Grazia Maria Poddighe, che hanno saputo ancorare il loro nome a<br />

quello della narrativa, abbiano tuttavia dato ottime prove anche in versi. Lo stesso<br />

accade, seppur ci viene da ricordarli prima come poeti che come scrittori, per autori<br />

come Alberto Masala (forse il più importante poeta sardo, in questo momento),<br />

Giuseppe Tirotto, Franco Fresi. Ma per affrontare in maniera più completa e critica la<br />

poesia sarda contemporanea, rimando a un’antologia curata da Raimondo Manelli,<br />

che si offre come vetrina per i poeti sardi del Novecento in lingua italiana: Frontespizi<br />

(Aipsa, 2001).<br />

Per concludere, intendo salutare, da buon sardo, con un accenno al reparto storico<br />

della saggistica isolana. Maestro indiscutibile di tutti gli studiosi delle origini e della<br />

civiltà sarde, è senza dubbio Giovanni Lilliu. Classe 1914, fondatore e direttore della<br />

Scuola di specializzazione di <strong>Studi</strong> Sardi dell’Università di Cagliari, ordinario di<br />

Antichità Sarde e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia presso il medesimo<br />

ateneo, nonché accademico dei Lincei e archeologo di fama internazionale, Lilliu ha<br />

dato alla luce un volume unico, una bibbia per gli studiosi della civiltà nuragica, che<br />

nell’anno in corso Il Maestrale ha ristampato in una nuova edizione di 960 pagine: La<br />

civiltà dei sardi.<br />

Si pone in un’angolatura differente, ma sempre legata alla cultura nuragica, l’opera di<br />

Mauro Aresu, studioso, archeologo e “sensitivo”. Con Uomoterra (Ago e Filo, 1995),<br />

giunto oggi alla terza edizione, con una rilegata a tiratura limitata, Mauro Aresu<br />

riesce a produrre quasi un caso letterario. Egli analizza la presenza, le costruzioni, le<br />

abitudini, gli stimoli dei sardi d’età nuragica, attraverso il loro rapporto con la terra,<br />

affermando che “la vita sociale dei nuragici contemplava il rispetto delle emanazioni<br />

magnetiche del sottosuolo”. E con i due volumi successivi, Itinerando nella Gallura<br />

Antica vol. I e vol. II (Ago e Filo, del 1998 il primo e del 2000 il secondo), scritti con<br />

Francesco Nardini, riporta una guida dettagliata dei siti archeologici più importanti del<br />

Nord <strong>Sardegna</strong>, creando una sorta di itinerario archeologico-naturalistico.<br />

Ben diversa è la natura, l’impostazione e i temi trattati nel saggio che da due anni a<br />

questa parte, cioè dal giorno della sua uscita, è saldamente tra i primi posti delle<br />

vendite dei libri sardi, e ha suscitato la curiosità veramente di tutti, dai più semplici<br />

lettori ai più grandi storici. Sto parlando de Le colonne d’Ercole (Nur Neon, 2002), il<br />

volume in cui l’autore sembra farci credere ciò che alle orecchie di tutti sembra solo<br />

una divertente e fantasiosa trovata commerciale, quella di identificare la <strong>Sardegna</strong><br />

con Atlantide (o meglio, con l’isola di Atlante, come egli stesso la definisce), ma che<br />

attraverso una serie di accurate ricerche, citazioni e mappe antiche, apre una vera e<br />

propria inchiesta sulla protostoria sarda, e segna probabilmente l’esordio più<br />

importante in assoluto di questi ultimi anni, quello di Sergio Frau.<br />

© Marco Nardini - velthur@hotmail.com<br />

- 16 -<br />

IL PARERE DI PB<br />

Una recensione di Carlo Santulli<br />

Interruzioni<br />

di Ottorino Garau<br />

Di fronte alla<br />

difficoltà<br />

espressiva, che<br />

sembra far parte<br />

integrante del<br />

nostro essere<br />

moderni, sono<br />

possibili varie<br />

scelte, anche<br />

opposte. Per<br />

esempio, c'è la<br />

scelta<br />

volutamente rétro,<br />

di scrivere non il<br />

nuovo, ma<br />

l'inevitabile,<br />

come in certe opere neo-romantiche; o<br />

quella, solo in apparenza opposta alla<br />

prima, di decidere che non c'è più nulla di<br />

nuovo da creare, e non riuscendo a definire<br />

cosa sia "arte" o "poesia", si sceglie da un<br />

cappello a cilindro delle parole a caso, e le<br />

si getta in aria, e si fa attenzione, o<br />

disattenzione, a come cadono sulla pagina.<br />

O ancora meglio oggi, le si fa scegliere da<br />

un potente computer. Da buon tecnico,<br />

essendo io un po' scettico sul caso, ed<br />

ancora un po' di più sul computer, sospetto<br />

sempre che l'autore un pochino del suo ce<br />

lo metta, poetica dadaista e André Breton a<br />

parte. E che tutta questa storia non serva ad<br />

altro che a mettere in burletta le "idee<br />

plastificate", di cui è pieno il mondo, e di cui<br />

si nutre, fino all'indigestione comica (e<br />

cosmica), questo simpatico libretto di<br />

Ottorino Garau, non potendo nutrirsi degli<br />

uomini, per nostra e sua fortuna,<br />

essendogli, come dichiarato esplicitamente,<br />

indigesta la carne umana.<br />

L'autore tuttavia, un uomo lo divora, e cioé<br />

se stesso, innanzitutto maltrattandosi:<br />

claudicante, forse invisibile, timoroso anche<br />

della propria anima, forse misantropo<br />

("passeggio tra la gente/per non<br />

incontrarla"), scettico, coi tappi alle<br />

orecchie. Tanto furore si riflette nella<br />

metrica nervosa, frammentaria, piena di<br />

indentazioni e ritorni di carrello, cose che,<br />

devo dargliene atto, il computer permette<br />

eccome, anzi sono la specialità di queste<br />

macchine infernali.<br />

E poi…provinciale, come si descrive già<br />

nella premessa, cioé in verità sardo…E<br />

ripartendo dalla sua terra, dal suo mondo,<br />

questo se stesso costruisce qualcosa,<br />

quando sembra che le stesse parole<br />

automatiche siano scappate al controllo, di<br />

per sé improponibile, vittime della "scimmia<br />

dattilografa", ricostruisce il mondo intorno<br />

alla sua solitudine incuriosita, convinto che<br />

dell'io si possa fare a meno. Il dato fisico,<br />

persino atmosferico ("rari suoni della<br />

strada/mi tengono legato alle nuvole") è<br />

quello che in realtà conta, è quello che<br />

permette alle parole uscite dal cappello di<br />

riprendere un ordine, un ordine pazzesco<br />

d'accordo, o dadaista se vogliamo, ma<br />

profondamente legato al mondo concreto in<br />

cui si vive, e l'autore deve ammettere la<br />

difficoltà della sua fuga di parole: "Non<br />

riesco a pensare/una bufera liberatoria".<br />

Già, perché i frammenti di parole che il<br />

mago getta in aria ricadono sempre sulla<br />

terraferma del nostro pensiero. (C.S.)

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