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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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In questa nuova condizione decido di andare un po’ in giro<br />

e come se fossi una pallina da ping pong mi avvio tutto<br />

allegro.<br />

Riesco a procedere saltellando e non avverto dolore, come<br />

se fossi di gomma. La gente si scosta, mi guarda<br />

incredula, magari pensa d’essere ubriaca, ma io non me<br />

ne curo, sono totalmente assorbito dal piacere di<br />

salterellare. Mi ritrovo davanti al negozio del barbiere,<br />

entro e mi faccio sbarbare. Intanto una folla si riunisce per<br />

osservarmi dalla vetrata, li guardo e sorrido.<br />

Come mai sono allegro? Come mai tutta questa gente<br />

curiosa non mi infastidisce? Di solito sono un solitario,<br />

riservato, forse un asociale. Probabilmente questa nuova<br />

condizione fisica mi è congeniale. Intanto mi distinguo<br />

dagli altri essendo diverso e poi, devo ammetterlo, questa<br />

situazione mi consente di andare dovunque senza fatica.<br />

Praticamente mi limito a dare un breve colpetto in avanti,<br />

col busto, quel tanto che basta da darmi la spinta.<br />

Essendo elastico comincio a rimbalzare e di salto in salto<br />

vado in ogni direzione. Se trovo percorsi più difficili mi<br />

avvolgo in me stesso, a riccio, assumendo la forma di una<br />

palla e con la stessa rotazione riesco ad evitare ogni<br />

ulteriore fatica.<br />

Sto apprendendo nuove cose, che prima ignoravo, di cui<br />

non facevo caso. Rifletto su come per la maggior parte di<br />

noi le cose ci passano davanti senza che le notiamo.<br />

Eppure basterebbe fermarci un secondo e osservarci<br />

intorno. Ad una attenta analisi, se ognuno di noi lo<br />

facesse, si accorgerebbe di cose che prima ignorava. Io mi<br />

sono ritrovato particolari che prima, pur essendoci, non<br />

vedevo. Ma questo è l’uomo, il grande uomo che vanta la<br />

supremazia su ogni cosa, anche sul proprio simile. E poi si<br />

lascia sfuggire particolari, cose, momenti, situazioni che<br />

avrebbero potuto, allora, cambiare la sua vita. Stolto di un<br />

uomo, osservatore soltanto dell’unopercento di ciò che ti<br />

circonda, stolto che non sei altro, sai costruire soltanto<br />

vapore…<br />

Dal barbiere sono uscito, sbarbato e aromatizzato. Mi<br />

sento fresco, pulito e contento. Agile come non lo sono<br />

mai stato più che camminare il mio è un rotolare. Procedo<br />

piano, poi più veloce, mi arresto, curvo, mi innalzo e quasi<br />

sempre senza toccare l’asfalto. La velocità mi fa stare ad<br />

un paio di centimetri dal suolo, costantemente, per cui con<br />

la irregolarità della superficie stradale ad occhi attenti do<br />

l’idea di un tracciato cardiografico. Quando vado più<br />

veloce sento l’aria passarmi sotto leggera e mi provoca un<br />

leggero solletico che mi piace molto.<br />

Ho iniziato ad andare più velocemente, mi sembra quasi di<br />

andare con la velocità della luce. Mi piace fare arresti<br />

immediati, comparire all’improvviso davanti alle facce<br />

terrorizzate della gente, fermarmi ad un millimetro dal loro<br />

naso, uscire loro la lingua e poi scappare. Gli ignari, dopo<br />

un primo momento di sbigottimento vorrebbero pure<br />

acchiapparmi, schiacciarmi, ma io sono più veloce di loro.<br />

Qualcuno, di quelli che prima mi stavano antipatici, ho<br />

iniziato a terrorizzarlo. Praticamente gli turbino davanti<br />

distraendolo dalla guida, dalla lettura, dal lavoro. Ma il<br />

divertimento maggiore ce l’ho quando vado sotto le gonne<br />

delle belle donne. Che delizia, che meraviglia, ritrovarmi<br />

tra quelle cosce che con un dolce tepore mi accolgono con<br />

benevolenza. Sono le uniche, queste donne dalle cosce<br />

calde, che non rifuggono la mia presenza. Per la verità non<br />

sanno nemmeno di cosa si tratti entrando io all’improvviso<br />

sotto le gonne, ma ne sono contente.<br />

In una stradina di periferia, un po’ isolata, in un vecchio<br />

muro di pietre con calcina che cade a pezzi, noto una<br />

crepa, attraente e senza pensarci tanto faccio un piccolo<br />

balzo e mi ci poggio davanti. Con destrezza insospettabile<br />

sfrutto un piccolo rilievo a mo’ di virgola e così posso<br />

Progetto Babele Dodici<br />

- 57 -<br />

restare sospeso. Lentamente inizio a penetrare la testa<br />

dentro la crepa ed essa assume la forma dell’apertura<br />

penetrandovi dentro senza fatica. Mi ritrovo in uno spazio<br />

buio e infilo, quindi, il corpo, almeno quello che ne rimane.<br />

Nella nuova nicchia mi ci ambiento bene e scopro che la<br />

mia testa, il mio busto, oltre ad essere come di gomma,<br />

“palleggianti” e quindi leggeri sono anche deformabili,<br />

malleabili, duttili, senza che avverta il benché minimo<br />

dolore. Le ossa sono semplici cartilagini e come i topi<br />

riesco a penetrare le fessure più piccole. Praticamente è<br />

come se fossi fatto di cera, di silicone fresco, di mollica<br />

appena sfornata, di creta.<br />

Inizio a percorrere i vari anfratti, percorsi tortuosi che<br />

l’interno di quel muro mi offre. Vedo chiaramente tutto<br />

perché le pietre riflettono all’interno la luce attraverso un<br />

gioco di piccole superfici oblique come succede con<br />

pezzetti di specchi che variamente inclinati e disposti<br />

riescono ad illuminare cavità profonde. Come le fibre<br />

ottiche con la differenza che qui è tutto casuale e per<br />

questo più bello. Ed io mi ritrovo all’interno di un prodotto<br />

dell’uomo costruito chissà quanti anni prima, costruito da<br />

uomini che erano stati e che adesso non sono più. Morti e<br />

sepolti, con le loro gioie, dolori, con tutta la loro triste storia<br />

di uomini comuni senza importanza, con il loro anonimato<br />

tanto è che non hanno lasciato traccia, nemmeno con<br />

questo muro che è importante soltanto perché ci sono<br />

dentro io.<br />

Procedo, rotolando lentamente perché gli spazi sono<br />

piccoli rispetto al mio corpo e devo rimodellarmi<br />

continuamente. E’ bello ritrovarmi all’interno di questo<br />

muro antico, sento su di me il peso leggero di centinaia<br />

d’anni, sento ancora il calore delle mani che hanno toccato<br />

le pietre, sento persino le voci, le risate, le bestemmie e…,<br />

adesso percepisco delle voci anche da fuori. Vado a<br />

vedere, fuori delle persone stanno conversando ignari<br />

d’essere spiati. Ma i loro discorsi non mi interessano, sono<br />

più attratto dal perlustrare e quindi riprendo a vagare.<br />

In effetti continuo a svolgere la mia attività di scopritore,<br />

magari non più di cantine ma di qualunque cosa mi offra<br />

degli orifizi, delle aperture da poter penetrare con tutto me<br />

stesso.<br />

Ad un certo punto trovo un formicaio. Le formiche non si<br />

curano di me, hanno il loro lavoro ininterrotto. Vanno,<br />

vengono, portano cibi sulla schiena, in modo<br />

apparentemente caotico, frenetico, ma con un rigore tutto<br />

loro. Se l’uomo fosse laborioso allo stesso modo…, ma se<br />

lo fosse cosa cambierebbe? Si dovrebbe vivere in funzione<br />

soltanto del lavoro? Adesso un centinaio di formiche sta<br />

trascinando uno scarafaggio semimorto. Agita, il gigante,<br />

le zampette, le antenne ma trovandosi a schiena in giù ha<br />

poche difese a sua disposizione. Le formiche a centinaia lo<br />

assalgono, lo mordono, lo ricoprono. Lo scarafaggio è<br />

completamente immobilizzato e lentamente le zampette si<br />

fermano. Le formiche cominciano a staccargli parti del<br />

corpo e ricominciano quel loro caotico andare e venire<br />

lasciandomi come svuotato. Riprendo il mio cammino<br />

all’interno del muro che procedendo comincia ad offrirmi<br />

radici saldamente ancorate alle pietre. Evidentemente il<br />

muro all’esterno è pieno di piante e mi torna la voglia di<br />

uscire all’esterno. Eh sì, un po’ di sole e d’aria fresca non<br />

mi farà male. Intravedo una fessura illuminata ed esco da<br />

lì catapultandomi fuori. Con giravolte veloci vado in<br />

direzione del mercato, a quell’ora troverò qualche amico e<br />

potrò gustarmi un buon bicchiere di birra. Trovo Enrico che<br />

appena mi vede lancia un urlo e sviene. Accorre gente che<br />

gli presta soccorso, riescono a farlo rinvenire, adesso si è<br />

calmato. Ci rechiamo ad una vicina taverna, sempre dalle<br />

parti della Vucciria e ci sediamo ad un tavolino. Ma come ti<br />

sei conciato? Mi chiede. Niente, rispondo, è successo ma

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