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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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Il fantasma del ponte di ferro<br />

di Marco R. Capelli<br />

Al bar, ovviamente, non avevo trovato nessuno così,<br />

pedalando con decisione, mi lasciai alle spalle le ultime case e<br />

mi infilai nel dedalo di strade bianche della bassa. Perché,<br />

appena dietro casa mia, cominciava un mondo diverso, fatto di<br />

campi coltivati a mezzadria, vitigni abbarbicati agli olmi,<br />

pioppeti fruscianti. Ad ogni pedalata mi allontanavo dal paese<br />

e, fra barchesse diroccate e vecchie case coloniche in mattoni<br />

rossi, il tempo scorreva all’indietro fino ad un indefinito e<br />

confortevole passato.<br />

Quel pomeriggio faceva un caldo infernale. Questo lo<br />

ricordo benissimo, quello che non ricordavo era un’estate<br />

altrettanto calda, ma la memoria meteorologica è un<br />

fattore estremamente relativo, specialmente quando si<br />

suda tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti.<br />

Dormire era impossibile e di studiare non se ne parlava<br />

proprio, nell’afa di quel giorno persino gli esami che si<br />

avvicinavano sembravano costituire un’eventualità troppo<br />

remota per essere presa seriamente in considerazione.<br />

Così, incurante del sole che martellava impietoso, mi ero<br />

cacciato in testa un berretto ed, inforcata la bicicletta, mi<br />

ero avviato verso il paese semi addormentato. Al bar,<br />

ovviamente, non avevo trovato nessuno così, pedalando<br />

con decisione, mi lasciai alle spalle le ultime case e mi<br />

infilai nel dedalo di strade bianche della bassa. Perché,<br />

appena dietro casa mia, cominciava un mondo diverso,<br />

fatto di campi coltivati a mezzadria, vitigni abbarbicati agli<br />

olmi, pioppeti fruscianti. Ad ogni pedalata mi allontanavo<br />

dal paese e, fra barchesse diroccate e vecchie case<br />

coloniche in mattoni rossi, il tempo scorreva all’indietro fino<br />

ad un indefinito e confortevole passato.<br />

La bicicletta si infilava cigolando nelle buche scavate dalle<br />

ruote dei trattori, lasciandosi dietro una scia di polvere che<br />

restava sospesa nell’aria immobile. Alla curva della siltèda,<br />

svoltai giù per lo stradone che portava al Gavello. Una<br />

lunghissima striscia di terra battuta in mezzo al niente<br />

dove, a dar retta ai vecchi, in tempo di guerra era atterrato<br />

un bombardiere americano in avaria. Qui, la siepe di rovi e<br />

biancospino che cresceva ai due lati offriva un po’ di<br />

ristoro così scesi di sella per spingere la bicicletta a mano<br />

e godermi il silenzio assoluto delle prime ore del<br />

pomeriggio. Il cielo era una cappa lattiginosa dove non si<br />

vedeva volare un passero né uno storno, ed all’orizzonte il<br />

calore levava una nebbia fine dai campi che si alternavano<br />

come macchie brune e rosse nella pianura senza fine. La<br />

terra argillosa spaccata dalla siccità si apriva in zolle divise<br />

da crepe profonde in cui si nascondevano, lo sapevo<br />

anche se era difficile vederli, gli insetti, i rospi ed anche<br />

grossi lombrichi spaventati da tutta quella calura. Dall’altro<br />

lato della strada, serpeggiava sinuoso e verde l’argine<br />

della Secchia, il vecchio fiume fangoso che taglia tutta la<br />

provincia di Modena, dalle profondità dell’Appennino giù<br />

fino al Bondanello, dove, non senza qualche protesta, si<br />

mescola al Po. La Secchia non è un fiume di buon<br />

carattere, e nei secoli ha causato tanti di quei guai che i<br />

modenesi si son visti costretti a rinchiuderla fra due argini<br />

massicci, che pure non bastano a trattenerne i malumori<br />

quando la Primavera arriva improvvisa e l’acqua si riversa<br />

giù dalle montagne come se la gettassero a secchiate. E<br />

poi ci sono i fontanazzi, che sbucano nei luoghi più<br />

impensati, allagando le cantine e le strade e le piene che<br />

fanno traballare i vecchi ponti ad arco. Ma non è che sia<br />

un fiume cattivo, è che ha un certo temperamento e non<br />

sai mai cosa farà quando gli vengono quei due minuti. Non<br />

era comunque il caso di quel giorno, parlo del giorno i cui<br />

si svolsero i fatti che sto per raccontarvi. Faceva talmente<br />

Progetto Babele Dodici<br />

- 48 -<br />

caldo, quel giorno, che anche il fiume sembrava<br />

immobilizzato, pigro, lento e verdastro, giù in fondo al suo<br />

greto, circondato dai pioppi.<br />

Arrivato ponte della Ca’Rossa mi fermai per riprendere<br />

fiato. Un sentiero che risaliva l’argine attrasse la mia<br />

attenzione ed io lo seguii fino in cima. Poi gettata la<br />

bicicletta tra l’erba alta mi sedetti all’ombra di un rovere,<br />

masticando un filo di paglia. Il grano era già stato raccolto,<br />

l’uva sui tralci aveva acini piccoli e verdi ed il granoturco<br />

era ancora di là da venire. La campagna sembrava<br />

dormire un sonno senza sogni, mentre le vacche si<br />

coricavano sulla terra umida dei recinti agitando la coda in<br />

segno di protesta per tutto quel calore, a loro dire<br />

immotivato. Fu solo dopo essermi coricato sull’erba che mi<br />

accorsi di come, poco oltre l’ansa del fiume, si vedesse<br />

chiaramente, attraverso l’aria incandescente, la sagoma<br />

scura del ponte di ferro.<br />

Il ponte ferroviario, cioè il ponte di ferro, era una piccola<br />

curiosità locale. La linea Mirandola – Concordia – Novi -<br />

Rolo era stata costruita negli anni trenta per collegare fra<br />

loro quelle che, all’epoca, erano fiorenti borgate agricole e<br />

per unire trasversalmente le tratte Bologna-Verona e<br />

Modena-Mantova. C’erano piccole stazioni di campagna<br />

con il loro bravo porticato e la loggetta per i viaggiatori,<br />

viadotti di mattoni rossi solidi e panciuti ed un paio di ponti<br />

di ferro dall’aria austera. C’era tutto tranne le rotaie, ed<br />

ovviamente, il treno. Che non era mai passato, perché la<br />

compagnia era fallita poco prima dell’inaugurazione. Per<br />

molti anni la massicciata era stata usata come un sentiero<br />

attraverso i campi, buono per chi andava a piedi o in<br />

bicicletta, poi, con l’arrivo delle automobili, aveva perso<br />

anche quella funzione, l’erba era cresciuta tra i sassi e<br />

qualche ponte era crollato. Anche il ponte di ferro, a dire il<br />

vero, si era fatto un po’ pericoloso, l’assito era marcito ed

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