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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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segga! - Disse Rodger, cercando di mettere<br />

da parte il terrore che ancora lo attanagliava.<br />

-Sa una cosa, signor Rodger, credo di avere<br />

avuto la conferma che cercavo, questa<br />

sera…- Gli risposi, mentre mi sedevo<br />

tenendomi il braccio.<br />

-Lei ospita tra le mura della sua dimora, un<br />

puro e semplice famiglio…sì, un famiglio,<br />

ossia quella che molti occultisti definiscono<br />

come entità parassita, perché perseguita solo<br />

gli individui che appartengono ad una<br />

specifica famiglia, fino a quando non riuscirà a<br />

provocarne l’estinzione! -<br />

Il signor Bettiscombe impallidì, e dovette<br />

sedersi per calmare l’imbarazzante tremore<br />

delle gambe.<br />

-Certo, il suo è un caso particolare…perché ci<br />

troviamo di fronte ad un famiglio evocato ad<br />

arte dal suo avo James Edward e che sembra<br />

in grado di possedere sia esseri viventi che<br />

semplici oggetti inanimati. E’ possibile che le<br />

sue azioni rispondano a dei precisi comandi<br />

impartitigli dal suo avo prima della sua morte,<br />

ma quest’episodio del gatto, francamente, mi<br />

orienta sull’ipotesi che esso agisca in maniera<br />

indipendente.<br />

-Dobbiamo, dunque, attenderci altre<br />

pericolose rappresaglie, signor Price?<br />

-Certamente, adesso più che mai. L’idea che<br />

possiamo trovare la soluzione per distruggerlo<br />

lo ossessiona…<br />

-Dio del cielo! Tutta questa faccenda è un<br />

incubo! - Sbottò Rodger, afflosciandosi sulla<br />

sedia.<br />

-A chi lo dice, amico mio. Ma non occorre<br />

disperarsi…credo di avere bisogno di un paio<br />

di punti di sutura…ma quando il dottor<br />

Crowford mi avrà sistemato questo<br />

avambraccio, sarà il nostro turno muovere, e<br />

potremmo essere vicini alla combinazione da<br />

matto, più di quanto non si creda!-<br />

Rodger apparve più risollevato, anche se le<br />

ripercussioni delle forti emozioni che dovette<br />

sopportare durante l’intero mese trascorso<br />

appresso alle mie indagini, avrebbero minato<br />

irreparabilmente il suo stato di salute mentale.<br />

-Demoni, spettri, maledizioni…ci mancava un<br />

famiglio, adesso…ed ora che conosco cosa<br />

esso sia, ti confido che non mi sento proprio<br />

tranquillo…- Bisbigliò Arnold, mentre con la<br />

mano rallentava il nodo del suo cravattino.<br />

-Avresti dovuto dedicarti ad un lavoro più<br />

sano, caro Robert, così rischi di invecchiare<br />

precocemente…ed in quanto a me…non<br />

riesco proprio a capire perché mi ostini tanto a<br />

seguirti…prima o poi prenderò un “tocco” e<br />

sarai costretto a cambiare assistente!-<br />

Continuò, nel suo tono semi serio.<br />

-Coraggio, sii fiducioso, come ho detto, la<br />

soluzione è ormai vicina…dobbiamo solo<br />

limitare i danni…- Gli risposi.<br />

Jeeves, entrò nella sala con un sacco di juta<br />

in cui depose quello che restava di Devon, il<br />

gatto che la signora Elisa non aveva voluto<br />

portare con sé, mentre due figure a cavallo<br />

emersero dall’oscurità del viale. Erano Mason<br />

ed il dottor Crowford, la faccia del quale non<br />

ho voglia di descrivervi, allorquando ebbe<br />

modo di essere ragguagliato su quanto<br />

accaduto durante la cena. Fu l’ultima volta<br />

che si decise a mettere piede in casa<br />

Bettiscombe!<br />

© Pasquale Francia<br />

pfrancia@oneonline.it<br />

(Continua su PB13)<br />

Progetto Babele Dodici<br />

- 78 -<br />

P B p o e s i a p r e s e n t a<br />

Commento a “Lazzaro Lazzarone” di Fausto Cerulli<br />

di Pietro Pancamo<br />

Quando alla Tv sento parlare qualche sommelier famoso, impegnato aulicamente<br />

a declamare (con voce piena d’anima, e degustando sorsi): «Questo Brunello<br />

trasuda aromi variegati, che vanno dalla rucola al ribes nero, dalla grafite al cuoio,<br />

dal tabacco dolce al legno grigliato, dal petrolio alla gomma arabica, per arrivare<br />

infine agli pneumatici Michelin», mi ritrovo subito a scherzare: «Beh, quello più che<br />

un vino, pare ’na discarica: c’è de tutto!».<br />

Ed è la stessa reazione che ho, dinanzi alle poesie troppo “barocche”, troppo<br />

ricche di immagini e pensieri, poco amalgamati. Ma di sicuro, la sovrabbondanza<br />

caotica e disomogenea non è per nulla il difetto principale di Fausto Cerulli, che<br />

basa invece la propria lirica “Lazzaro lazzarone” su di una sola e ben precisa ideaguida:<br />

l’unico dio della vita è la morte.<br />

Quasi imitando – almeno nella forma – i toni dell’ingegnoso Dino Buzzati (il quale<br />

descriveva con fantasia “accorata” gli angeli e i santi per esaltare in essi – e in<br />

prosa – la parte meno intaccata e più sana del genere umano) Cerulli costruisce, al<br />

contrario, una fiaba in versi e nemica del cielo, che – pur dotata di rime talora<br />

impacciate e ingenue – procede sommessa, mormorando bestemmie sottotraccia,<br />

pronte ad illustrarci Gesù Cristo come un teppistello soprannaturale e fastidioso,<br />

sempre intento (per desiderio, probabilmente, di accumulare gloria personale) a<br />

scassinare la pace altrui.<br />

«Donare la vita» - sembra voler dichiarare l’autore - «significa restituire la<br />

sofferenza, a chi finalmente se n’era liberato per intercessione della morte».<br />

Certo, non condivido molto simili convinzioni; tanto che – pur apprezzando<br />

l’esemplare abilità compositiva che attraversa il testo di “Lazzaro lazzarone”,<br />

ispirandolo per intero ad un’atmosfera suggestiva d’incanto meditativo e blasfemo<br />

– non riesco davvero a impedirmi questa domanda:<br />

«Fausto Cerulli - col suo rifiuto pacchiano, anche se mediato e attenuato dall’arte –<br />

dell’operato del Messia, è ormai la spia di una società che può fare a meno di Dio?<br />

Magari perché è cresciuta sino a superarLo, diventando migliore e più forte di Lui?<br />

... O solo perché L’ha dimenticato?».<br />

Pietro Pancamo<br />

Lazzaro lazzarone<br />

Erano quattro giorni ormai e quattro notti,<br />

lunghe per me e brevi a chi mi era restato<br />

sulla terra parente amico amore amato<br />

amante e quasi mi ero davvero abituato<br />

ad essere morto lì nel mio sepolcro sigillato<br />

all’ombra di quattro cedri e di una palma.<br />

Poi mi giunse all’orecchio un parlottio,<br />

quasi un tubare di tortore o lo scorrere<br />

di un fiume lento, ed erano le voci<br />

delle sorelle mie Marta e Maria.<br />

Maria, delle sorelle mie la più sagace<br />

diceva che dissigillar sepolcri<br />

porta male, che non serviva a niente<br />

proprio a niente, ed era giusto il lutto.<br />

Tanto, la sentivo dire con chiarezza,<br />

il corpo di Lazzaro nostro è ormai distrutto<br />

dal bacio di quei vermi che sappiamo.<br />

Poi quella voce di quel vecchio amico,<br />

che si chiamava, sì, lo riconobbi<br />

proprio da quella voce, Gesù di Nazzarette,<br />

prese a dire chi crede non è morto<br />

e se credete voi ve lo riporto<br />

alla vita dell’orto e del bestiame.<br />

Io non potevo farmi udire, non volevo<br />

dare spavento alle sorelle mie<br />

che giustamente mi avevano a morto,<br />

ma avrei voluto dire di lasciarmi<br />

con le mie fasce lì e con la mia pace.<br />

Ma quell’amico, inesorabile nella sua<br />

smania di voler essere il dio di un dio<br />

padrone della morte, fece riaprire<br />

le porte del sepolcro, e la sua voce<br />

con tono non so se di amore o di minaccia<br />

mi disse Lazzaro cammina: e io presi il<br />

passo<br />

di quella vita che non avevo amato,<br />

e lasciai quella pace sconosciuta.<br />

Grande fu la meraviglia della gente,<br />

confuse un po’ di gioia le sorelle<br />

e solo Cristo vinceva quella guerra<br />

con la sua santa stregoneria.<br />

Poi non ricordo più come ho vissuto<br />

la mia vita risorta: l’altro giorno<br />

rileggendo per caso un versetto di Luca,<br />

ho saputo che fui una sera a cena,<br />

ma in disparte, con quel mio amico<br />

ormai famoso, con quel Gesù<br />

che adesso si chiamava Gesù Cristo<br />

e che non mi rivolse la parola, forse<br />

aveva schifo di me che ero risorto<br />

mentre a lui si preparava morte.<br />

© Fausto Cerulli

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