Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
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estetica, ma nasconde<br />
invece una sovrana<br />
verità che tutti noi<br />
aspiranti scrittori<br />
dentro di noi<br />
conosciamo assai<br />
bene.<br />
E’ solo uno dei tanti<br />
inganni di quest’anima<br />
suadente ed intrigante,<br />
che ancora si fa beffe<br />
di noi a distanza di un<br />
secolo e mezzo, e<br />
basta guardare una<br />
sua foto per vedere lo<br />
sguardo irridente di<br />
uno che sa di averci<br />
sempre imbrogliato.<br />
Prediamo ad esempio<br />
quella che è forse la<br />
sua opera più<br />
incompresa, Il<br />
Fantasma di<br />
Canterville. Questo lungo raconto viene a tutt’oggi inserito nelle<br />
raccolte per ragazzi, assieme alle altre favole che Oscar Wilde<br />
pare avesse scritto per i suoi due figli,. Ma non è una favola, o se<br />
mai lo è, è una favola nera, un piccolo intrigo, un bluff sapiente e<br />
misurato tramato ai danni di noi lettori dal più grande ingannatore<br />
della storia. Un racconto brillantemente costruito sull'incontro tra<br />
due culture agli antipodi, la vecchia solida inamovibile realtà<br />
britannica contrapposta con la nuova rampante ed emergente<br />
società americana. Il fantasma di per sè è solo un elemento nel<br />
contesto, anzi tecnicamente parlando è uno degli oggetti compresi<br />
nella compravendita della casa avita, presso la quale dimora.<br />
Esilarante e burlesco, scritto con una prosa sciolta e disincantata,<br />
questo testo, ingiustamente trascurato, racchiude dentro di sè<br />
tutto un universo, fatto oggetto di studi approfonditi esso rivela<br />
tutta una serie di piani narrativi elegantamente sovrapposti e<br />
sapientemente dosati. Da una parte il solido pragmatismo degli<br />
americani, convinti di conoscere la soluzione a tutti i problemi,<br />
sicuri di poter dominare il mondo, certi di ottenere la conquista di<br />
ogni obiettivo e di conseguire il superamento di tutti gli ostacoli, la<br />
nuova aristocrazia, il potere del denaro, la classe emergente, il<br />
futuro, dall'altro lato il passato, la vecchia solidità britannica,<br />
l'amore per le tradizioni, il mito, la leggenda, la classica<br />
imperturbabilità e quel vecchio ancestrale modo di essere sempre<br />
uguali a sè stessi in ogni circostanza che hanno fatto degli inglesi<br />
il popolo conquistatore e colonizzatore che ha dominato il mondo.<br />
La lacerante divisione sempre più sentita tra umanesimo e<br />
positivismo, tra tradizioni e progresso viene evidenziata con la<br />
scrittura frizzante e umoristica, tipica di tutta la produzione di<br />
Wilde. (…) Dunque racconto fantastico, favola nera, testo di<br />
potente atmosfera gotica, o satira mondana-sociale che sia,<br />
questo racconto incanta e strega, fa sorridere e riflettere, mentre<br />
ascoltiamo il saccente signor Otis, ricco, americano nonché nuovo<br />
proprietario della tenuta dei Canterville, dichiarare che se mai un<br />
fantasma fosse esistito realmente in Europa i migliori impresari del<br />
continente nuovo lo avrebbero sicuramente ingaggiato per farlo<br />
lavorare nei loro teatri, come già fatto con i migliori attori e<br />
cantanti. O quando vediamo la distinta ed imperturbabile Mrs.Otis<br />
offrire al fantasma sferragliante che percorre i corridoi trascinando<br />
le sue catene, un famoso e potentissimo prodotto per oliare gli<br />
ingranaggi, oppure il giovane rampollo della casata intento a<br />
pulire la macchia di sangue che da secoli riaffiora nel salotto<br />
buono, a memoria di un turpe delitto, con uno smacchiatore di<br />
provata efficacia. La burla tocca l’apice quando i due gemelli, i più<br />
piccoli della famiglia, tendono al povero e ormai terrificato spettro<br />
ogni sorta di trappole e di trabocchetti tutte le volte che questi<br />
tenta di esibirsi in una delle sue famosissime apparizioni. Ma<br />
Wilde strizza l'occhio ancora una volta al lettore inserendo nel<br />
racconto un ennesimo imprevedibile dualismo, perchè, attenzione<br />
sarà proprio Virginia, l'unica figlia femmina della casata<br />
americana, a sanare questa ferita apparentemente inguaribile,<br />
questo enorme divario tra la visione del mondo europea e quella<br />
americana, riuscendo inaspettatamente a comprendere il<br />
fantasma e a soffrire per il suo dramma, venendo così a spezzare<br />
una maledizione antica di secoli, che nessuna delle generazioni<br />
Progetto Babele Dodici<br />
- 65 -<br />
precedenti, tutte solidamente inglesi, aveva potuto combattere,<br />
dando così al fantasma pace e riposo eterno. Sembrerebbe finire<br />
qui, ma il nostro arguto e imprevedibile ingannatore ancora ha<br />
una riserva di sarcasmo, nel mostrarci Virginia, ormai non più<br />
ragazza ma donna sposata, tornare nostalgicamente al castello<br />
per rivisitare la sua personale leggenda, portando fiori sulla sua<br />
tomba, con indosso i vecchi gioielli di famiglia dei Canterville, che,<br />
già di proprietà dello spettro, appartengono ora di pieno diritto agli<br />
Otis. Chi vuol leggere qualcosa in questo epilogo ne tragga pure<br />
la sua personalissima morale, non mancando però di considerare<br />
che nel momento quel che lo stesso Wilde affermava: "Chi<br />
intende il simbolo, lo fa a suo rischio e pericolo".<br />
© Sabina Marchesi - sabina@caltanet.it<br />
Istruzioni per rendersi infelici<br />
di Paul Watzlawick<br />
ISBN 88-07-81452-8<br />
Pagine: 108 - € 6,50<br />
Feltrinelli 2003<br />
Collana Saggi U. E. F.<br />
B o o k R e v i e w s<br />
Controcorrente ed<br />
anticonformista, Paul Watzlawick<br />
affronta il tema, non nuovo<br />
(Greenburg, Dan, How To Make<br />
Yourself Miserabile; Viverefelicifelici<br />
si nasce o si diventa? di<br />
Cristophe Andrè, etc…),<br />
dell’infelicità, fornendo chiare<br />
indicazioni su cosa fare per<br />
essere infelici e dimostrandoci,<br />
con esempi concreti e<br />
convincenti, che l’uomo fa di tutto per esserlo, per es.<br />
seguendo “auree massime”, come il “Sii fedele a te stesso”,<br />
fissate nella mente dal sano buon senso. Nell’incessante<br />
corsa verso un’utopica felicità, l’uomo si rende forse conto di<br />
raggiungere, al contrario e più facilmente, l’infelicità?<br />
Ciò che in un primo momento può sembrare un discorso<br />
irrazionale, infondato ed astruso sulla vita si rivela, poi, in tutto<br />
il suo realismo, un’analisi psicologica e antropologica<br />
sapientemente intrisa di fine umorismo. L’esposizione ironica e<br />
graffiante delle teorie, dei consigli induce un pizzico di<br />
tensione nel lettore, che, trasportato un po’ dalla loro<br />
ambiguità, ripercorre a ritroso, senza che se ne accorga, il<br />
ragionamento, per poter cogliere il vero nesso logico di esempi<br />
intelligenti, curiosi, spiritosi e di esercizi che, pur nella loro<br />
banalità, ci fanno capire, con pungente simpatia, come il<br />
nostro pensiero sia fonte di qualsiasi convincimento, causa di<br />
ipocondria e di una continua percezione alterata della realtà,<br />
come l’infelicità sia, anche, pretendere la spontaneità e la<br />
felicità da se stessi e dagli altri, non apprezzare ciò che la vita<br />
ci offre, credere di non essere degni d’amore, innamorarsi di<br />
una persona che non potrà mai ricambiare, essere diffidenti,<br />
ecc. A supporto delle teorie, l’autorità di citazioni letterarie<br />
scelte magistralmente, di luoghi biblici significativi, di<br />
riferimenti culturali efficienti, alleggeriti da aneddoti divertenti e<br />
aforismi eloquenti.<br />
Una indagine sull’esistenza umana, che, dominata da un<br />
surrealistico pessimismo e da “rapporti di collusione”, diviene<br />
un gioco “a somma zero” se la vittoria di un giocatore avviene<br />
solo con la sconfitta dell’avversario e senza alcun danno per il<br />
primo. Ma, non sarebbe meglio se fosse “a somma diversa da<br />
zero”, in cui tutti vincono o perdono allo stesso modo?<br />
Una brillante e pacata filosofia di vita portata avanti attraverso<br />
un cammino buffo e tortuoso, che si conclude con la sentenza<br />
“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice”.<br />
Una recensione di Simonetta De Bartolo