Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
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“Scomodi”, agli Oppressi, ai Diseredati!<br />
Perlongo è ben consapevole che i grandi<br />
libri sono stati scritti, i grandi detti sono<br />
stati pronunciati… … lui vuole mostrarvi<br />
un'immagine di quello che succede qui<br />
qualche volta, cercando di cogliere<br />
embrioni che rischiano di dissolversi.<br />
© Pietro Pancamo<br />
B O O K R E V I E W S<br />
Le tredici vite e mezzo<br />
del capitano Orso Blu<br />
Autore: Walter Moers<br />
Salani Editore<br />
Pagine: 703<br />
Prezzo: € 16,50<br />
Un fantastico<br />
romanzo dove<br />
il nostro<br />
capitano Orso<br />
Blu, forse nato<br />
dalla schiuma<br />
di un onda e<br />
trovato a<br />
galleggiare nel<br />
guscio d’una<br />
noce viene<br />
salvato da un<br />
vascello di mini<br />
pirati,<br />
racconterà tutte le avventure vissute<br />
nelle sue prime tredici vite e mezzo, e<br />
descriverà ogni tipologia di essere<br />
incontrato (veramente impossibile fare<br />
un elenco) ed ogni caratteristica del<br />
continente Zamonia.<br />
Dove sembra non manchi proprio<br />
niente e nessuno, dove gli pterodattili<br />
salvano all’ultimo momento chi si trovi<br />
in pericolo, dove il deserto è di<br />
zucchero, e le tempeste di sabbia<br />
sono quadrate, dove “l’intelligenza è<br />
notte” ed è una malattia contagiosa,<br />
come direbbe il professor Abdul<br />
Noctambulotti, insegnante<br />
dell’esclusiva scuola notturna, dotato<br />
di sette cervelli con i quali crea le<br />
invenzioni più impensabili, e con i<br />
quali può anche aprire una scatola di<br />
sardine con il solo pensiero, e dove le<br />
onde parlano ai naufraghi invitandoli a<br />
cedere alla follia e a buttarsi dalla loro<br />
zattera, dove i duelli più incredibili<br />
sono quelli di bugie, dove un tornado<br />
è eterno ed ospita una città di<br />
vecchissimi uomini catturati dallo<br />
stesso e molto, molto altro ancora.<br />
Un romanzo dove la fantasia è<br />
estrema e divertente, talvolta ironica,<br />
corredato dalle illustrazioni dell’autore<br />
stesso, disegnatore e sceneggiatore,<br />
creatore del fumetto Adolf che lo ha<br />
reso famoso a livello mondiale per<br />
aver scosso l’opinione pubblica.<br />
© Una recensione di Ivan Visini<br />
Progetto Babele Dodici<br />
Nel vignòt<br />
di Jacopo Seccatore<br />
- 14 -<br />
R A C C O N T I I N B R E V E<br />
C’era il vento tra i filari. Le nuvole si<br />
trascinavano nel cielo; sulle colline<br />
correvano isole di luce. La langa<br />
giocava a nascondersi dietro se<br />
stessa; le colline ne celavano altre. Su<br />
tutte i colori vivevano intensamente fra<br />
luce e ombra e luce. Il verde dei filari<br />
era maculato di livido, il violaceo dei<br />
grappoli maturi. “Ti prego, fallo ancora”<br />
gli disse la ragazza. E lui le cinse i<br />
fianchi con le mani e la tirò a se. Erano<br />
sdraiati sulla terra fresca fra i filari di<br />
dolcetto. Il vignòt veniva giù dal crinale<br />
dolce di una collina, illuminata dal sole,<br />
e le viti facevano ombra. Lei lo<br />
attanagliò alla schiena con le gambe, e<br />
le loro urla si udirono fin quasi al<br />
paese. Poi si separarono, e rimasero sdraiati sulla schiena con la testa<br />
sulle braccia, a guardare in alto l’azzurro ritagliato nella striscia fra le foglie<br />
dei filari. “Lo senti?” disse lui, “E’ il profumo dell’uva” Il profumo avvologeva<br />
l’aria e i suoni. Dal fondo del rio latrava un cane; da dietro la crina del brich,<br />
da dove non si poteva vedere, arrivavano i rintocchi d’ottone dal campanile<br />
della chiesa, che vibravano fra il profumo dolce d’uva matura e quello<br />
fragrante dell’erba gialla fra le vigne, e l’odore fangoso e sapido di terra<br />
d’argilla umida all’ombra, e quello polveroso dove il sole l’aveva asciugata.<br />
Ora lui teneva il mento sul suo seno, e lei la testa sotto il filare. Lui allungò<br />
la mano e afferrò un grappolo basso che sporse verso la sua bocca, e lei<br />
ne addentò un acino. “Perché tengono i grappoli così bassi?” chiese lei. “Il<br />
sole scalda il terreno, e la terra scalda di più i grappoli più bassi, e li gonfia<br />
più di zucchero” “E quelli più alti sono meno buoni?” “A volte sì” rispose lui,<br />
e la baciò, e lei staccò un acino e glielo infilò in bocca, e poi lo baciò,<br />
sentendo sulla sua bocca il gusto zuccherino del dolcetto maturo.<br />
Ricordava la crota dopo la vendemmia dell’anno passato, e dopo la<br />
fermentazione dei mosti, quando si faceva il travaso nelle botti di legno, e il<br />
profumo di vino giovane che inebriava era dappertutto, e poi per tutto<br />
l’inverno e la primavera e l’estate anche le pietre dei muri della crota<br />
continuavano a sapere di vino. E ricordava le bottiglie di due anni prima.<br />
Appena stupa’ le natte, saliva deliziosa nel naso la mora vinosa e il<br />
lampone; e il vino scendeva nel bicchiere rubino violaceo, e profumava di<br />
mirtillo e di viola; e a berlo subito era acidulo e sapido, e poi se rimaneva<br />
un po’ nel bicchiere si riempiva di gusto, e dopo lasciava sulla lingua il<br />
prufumo del mosto. “Com’è bello stare qui” disse lei. Si alzarono a sedere e<br />
guardarono la campagna in mezzo ai tralci e alle foglie della vite. Rimasero<br />
a lungo in silenzio, col volto sfiorato dalle foglie e il mento appoggiato sul<br />
tralcio. C’è un po’ di vento, abbaia la campagna, c’è una luna in fondo al<br />
blu. “Com’è bello” ripetè. “Hanno ammazzato mio nonno da partigiano su<br />
quel crinale” disse lui, indicando il brich di fronte a loro, decorato di filari e<br />
alberi. Lei non disse niente, ma l’abbracciò. “Venivano da un’attacco a una<br />
colonna giù sulla strada che va a Dogliani” continuò, “Scappavano su per la<br />
collina. Non c’era vigna allora, ci portavano le mucche, era tutto prato. Mio<br />
nonno e gli altri correvano su verso la cima della collina, e i tedeschi<br />
sparavano da sotto. Mio nonno è stato colpito a una gamba, lì, a mezza<br />
costa, vedi, più o meno dove adesso c’è quel martinetto dell’acqua. I suoi<br />
compagni volevano prenderlo di peso, ma lui li ha mandati via, e ha detto<br />
che avrebbe fermato i tedeschi per un po’, e ha dato via il moschetto e si è<br />
fatto dare il mitra, e poi è strisciato più in su, sui gomiti, e sparava col mitra<br />
ai tedeschi che salivano. Quel castagno, vedi, ce l’ha piantato mia nonna,<br />
qualche giorno dopo. Mio nonno l’hanno ammazzato lì, dove adesso c’è<br />
quell’albero”. La ragazza lo strinse a sé e lo baciò, e disse: “Dobbiamo<br />
andare una volta a farci l’amore”<br />
© Jacopo Seccatore<br />
Racconto vincitore del premio letterario Grinzane Cavour<br />
per il concorso Scrivi il Paesaggio del Vino