Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
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E allora eccolo di nuovo stagliarsi quell’inconfondibile<br />
“zzzzzzzzzz” sull’ottuso silenzio della camera, e scuotere<br />
ancora Ottone dal languido sudario.<br />
Come già in precedenza egli fu costretto a varcare al contrario<br />
la soglia dell’incoscienza (che tante volte l’avea fatto d’aver<br />
ormai usurato lo zerbino dell’incoscienza). Il rumore veniva<br />
ancora da lungi, da un angolo della stanza: sembrava davvero<br />
una zanzara stavolta, ma non aveva di quella la variabile<br />
intensità del suono causata dal suo incessante peregrinare.<br />
L’uomo s’applicò all’ascolto ed alla decodifica. Più che un<br />
ronzìo sembrava un soffio insistito, che a ben pensarci<br />
diventava un sibilo perfido, come fosse una perdita di<br />
qualcosa, forse di pressione, espressa tra l’altro in una<br />
frequenza vicino al falsetto. Non potendo più accendere la<br />
luce e guardare, s’applicò a quell’esercizio d’investigazione<br />
acustica, e s’incupì a quel nuovo rovello.<br />
“Cristo santo! Ma che ho fatto di male?!”, urlò cacciando un<br />
suono sgraziato direttamente dall’esofago.<br />
L’accesso di collera montante faceva ormai si da accorciare i<br />
tempi di decisione sul da farsi. Scovato il nuovo tarlo Ottone<br />
subito s’adoprava a finirlo, senza ulteriori congetture.<br />
E allora contro quel sibilo non stette molto a ponderare. Aprì il<br />
cassetto del comodino, impugnò la pistola d’ordinanza,<br />
aguzzò l’orecchio radar per individuare con precisione le<br />
coordinate da un invisibile mirino, e finalmente sparò in quella<br />
direzione.<br />
L’esplosione che ne seguì devastò la casa, scoperchiandola<br />
per buona parte.<br />
Ottone aveva colpito la bombola di gas della stufa, dalla cui<br />
valvola proveniva il sibilo.<br />
Dopo il fragore, i crolli, le macerie, e il lento dipanarsi del<br />
polverone, un nuovo silenzio, stavolta assoluto, e in verità<br />
glaciale, per il freddo giunto dallo scoperchiamento, nonché<br />
siderale, ad immagine delle stelle che da lassù guardavano,<br />
piombò nella stanza, o in quello che ne rimaneva.<br />
L’uomo, ormai invasato dalla ricerca del vuoto stagno e del<br />
sonno, s’infagottò per bene nelle coperte, essendo la moglie<br />
ancora in abbondante credito termico col sistema di<br />
riferimento circostante (il cui asse delle ascisse, per inciso,<br />
incrociava le doghe dissestate del letto, rimanendovi<br />
incastrato).<br />
E se grande fu lo strepito di quello scoppio, di pari intensità e<br />
di segno opposto era la natura del silenzio generatosi:<br />
qualcosa di definitivo, irrevocabile, totale.<br />
S’addormentò di nuovo. Ma stavolta, per scaramanzia, preferì<br />
non varcare la soglia dell’incoscienza, bensì entrare da una<br />
finestra laterale.<br />
Vi trovò, come s’usa nei sogni, inediti buffi di colore, e forme<br />
allungate o compresse oltremisura, e gente che s’industriava<br />
in faccende usate eppur novissime, e parlava senza cacciar<br />
voce di argomenti perspicui all’intendimento, eppure arcani. E<br />
lui si moveva consapevole, lucido, irreprensibile, scivolando<br />
leggero sul parquet lustro di quel concilio, lieto della vaghezza<br />
e dell’essere sconosciuto.<br />
S’assise persino su una poltrona libera, e bevve da un calice<br />
trovato su un tavolino.<br />
Sul tavolino s’era materializzato un mucchio di riviste, di<br />
quelle che trovi dai dentisti (campionario dei nuovi strumenti<br />
ortodontici), dagli oculisti (campionario dei nuovi strumenti<br />
ortodontici), dai veterinari (campionario dei nuovi strumenti<br />
ortodontici), dai barbieri (campionario dei nuovi strumenti<br />
ortodontici), dagli sciamani (campionario dei nuovi strumenti<br />
ortodontici).<br />
Ottone si sorprese di quella univocità di scelta, e sulle prime<br />
pensò trattarsi di uno studio associato.<br />
Ma, mentre contemplava un’arcata dentaria patinata e<br />
cercava di ricordare se gli avessero dato il numero<br />
all’ingresso, lo sfiorò un’altra interpretazione: vuoi vedere che<br />
questa rivista così popolare da queste parti altro non è che il<br />
frutto della coazione a ripetere e delle teorie infinite, che<br />
guarda caso sono tipiche dei sogni?<br />
Era già sul punto di recedere suo malgrado dalla professione<br />
di agnosticismo dell’onironauta, quando qualcuno lo avvicinò<br />
Progetto Babele Dodici<br />
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ed attaccò bottone. Aveva anch’egli un calice e, nel sedersi,<br />
gli chiese se aspettava da molto.<br />
“No. Sono appena arrivato.”<br />
“Beh, spero non ci sia molto d’attendere. Lei dove va?”<br />
“Eh? Vado dal… dal barbiere!”<br />
“Ah, guardi che è chiuso. Oggi è lunedì.”<br />
“Ah, già! Allora dallo sciamano…”<br />
“Per la verità non esercita più. L’hanno arrestato per<br />
circoncisione d’incapace.”<br />
“Circoncisione?”<br />
“Si. Era uno sciamano ebreo.”<br />
“Beh, io per la verità… andrei dal dentista.”<br />
“Per carità! Un cane! Non distingue una protesi ortodontica da<br />
una ortopedica, e più in generale un ortodosso da un<br />
ortolano.”<br />
“Acc…ma mi scusi, lei dove va?”<br />
“Dall’otorinolaringoiatra. Ho un disturbo all’orecchio.”<br />
“Di che si tratta?”<br />
“Un sibilo.”<br />
“Che?”<br />
“Un ronzìo. Una specie di…”<br />
“No! No! La prego!”<br />
“Zzzzzzzzzz…”<br />
Ottone si turò le orecchie, ma non servì a nulla. La frittata<br />
ormai era fatta, e lui fu risucchiato da un vento, che potremmo<br />
chiamare tornado, che gli fece varcare all’indietro la finestra<br />
dell’incoscienza.<br />
Si ripresentò così a sé stesso col cuore in ambasce e un<br />
cerchio alla testa immersa nel cuscino impolverato. I<br />
padiglioni e i lobi auricolari s’irrigidirono alla percezione del<br />
nuovo ronzìo.<br />
“Embè, quando una nottata nasce storta!…”, si direbbe.<br />
Diede un’occhiata alle lancette fosforescenti dell’orologio.<br />
“Cristo! Vedi un po’ se è cosa! Che domani c’ho pure una<br />
scorta armata…”, sbuffò ormai provato.<br />
Si levò ancora fino al busto. Nel muovere le gambe sotto le<br />
coltri alcuni detriti e un paio di mattoni ruzzolarono a terra<br />
levando una nuvoletta di polvere.<br />
Il ronzìo stavolta veniva da sinistra, ed era molto prossimo.<br />
Ottone lo individuò nella valvola della flebo.<br />
Sicché al buio, muovendosi a tentoni, si sporse oltre il corpo<br />
della moglie e ne scandagliò l’avambraccio fino a trovare il<br />
tubicino di plastica. Lo risalì piano piano, come fosse l’albero<br />
della cuccagna, e raggiunse alfine la cuspide che regolava la<br />
frequenza dello stillicidio. Con un grugnito bilioso strinse tra<br />
pollice e indice la valvola e la rotò di un tanto.<br />
Il ronzìo cessò.<br />
L’uomo tirò un sospiro, si sdraiò nuovamente, si rimboccò le<br />
coperte, e borbottò “Che nottata! Che nottata!”<br />
Non ci credereste, ma questa volta il peggio era davvero<br />
passato!<br />
Le promesse di quiete, di ristoro, di conciliazione, più volte<br />
rimandate, furono finalmente mantenute. Ottone s’immerse in<br />
un sonno profondo, i suoi occhi cominciarono a guizzare<br />
inconsapevoli sotto le palpebre e campirono le sagome di<br />
nuovi personaggi e dei loro più svariati concili, che non<br />
fossero però sale d’attesa di studi associati.<br />
Dormì placido, e russò financo. Quel che restava della notte<br />
lenì in parte i suoi affanni, e in parte lo ritemprò dalle fatiche.<br />
Quando la sveglia trillò di mattina il sole aveva già inondato la<br />
casa diroccata.<br />
Ottone s’alzò, infilò le ciabatte e circumnavigò il letto,<br />
scartando i calcinacci, i frammenti di vetro, i relitti di mobili e di<br />
suppellettili.<br />
All’altro lato del letto osservò la moglie, spirata da qualche ora<br />
al cessare della fleboclisi, rigida ed algida come uno<br />
stoccafisso.<br />
L’uomo ristette pensoso. “Non capisco se era il condotto o la<br />
valvola a fare tutto quel casino…”