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Train the brain: studio clinico e sperimentale dell'efficacia di un ...

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<strong>Train</strong> <strong>the</strong> Brain<br />

f<strong>un</strong>zioni cognitive in situazioni d’invecchiamento patologico del cervello quali AD e DV. L’uso <strong>di</strong> soli programmi<br />

computerizzati per l’esercizio mentale, tuttavia, sembra spesso ottenere effetti che non si traducono in <strong>un</strong> miglioramento<br />

della qualità dei processi cognitivi utilizzati nella vita quoti<strong>di</strong>ana (ve<strong>di</strong> anche e<strong>di</strong>toriale su Nature Neuroscience, 2007 e<br />

Fuy<strong>un</strong>o, Nature 2007). Molto più promettente sembra lo svolgere <strong>un</strong>a varietà <strong>di</strong> attività cognitivamente stimolanti e il<br />

praticare esercizio fisico.<br />

Numerosi stu<strong>di</strong> hanno infatti <strong>di</strong>mostrato che l’esposizione ad <strong>un</strong> ambiente cognitivamente e socialmente<br />

stimolante e l’esercizio fisico esercitano effetti benefici sulle f<strong>un</strong>zionalità cerebrali, particolarmente nell’anziano, e<br />

riducono il rischio <strong>di</strong> sviluppare patologie dementigene (ve<strong>di</strong> Laurin et. al, 2001; Fratiglioni et al., 2004; Podewils et al.,<br />

2005; Marx, 2005; Kramer ed Erickson, 2007). La riduzione del rischio <strong>di</strong> demenza stimata varia da <strong>stu<strong>di</strong>o</strong> a <strong>stu<strong>di</strong>o</strong> ma la<br />

maggior parte stima questa riduzione tra il 20 e il 50%.<br />

Per le potenzialità della stimolazione cognitiva, e’ stato <strong>di</strong>mostrato che soggetti con elevata scolarità hanno <strong>un</strong><br />

ritardo <strong>di</strong> 5 anni nell’esor<strong>di</strong>o della demenza, che potrebbe comportare il <strong>di</strong>mezzamento del numero <strong>di</strong> casi e risultati in<br />

questa linea sono stati ottenuti anche da Evans, Bennet e Wilson (ve<strong>di</strong> Marx, 2005). Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> meta-analisi <strong>di</strong><br />

Valenzuela e Sachdev (2006) mostrano inoltre che il mantenimento <strong>di</strong> <strong>un</strong>’attività mentale articolata nelle fasi me<strong>di</strong>e e<br />

tar<strong>di</strong>ve <strong>di</strong> vita si associa ad <strong>un</strong>a riduzione significativa dell’incidenza <strong>di</strong> demenza.<br />

Negli ultimi 20 anni, numerosi lavori nell’uomo hanno <strong>di</strong>mostrato che anche l’esercizio fisico può esercitare<br />

effetti benefici sulle f<strong>un</strong>zionalità cerebrali, particolarmente nell’anziano (Cotman e Berchtold, 2002; Marx, 2005; Kramer<br />

et al., 2006). Tali stu<strong>di</strong> hanno seguito due tipi <strong>di</strong> approccio:<br />

1. <strong>un</strong> approccio in cui <strong>un</strong>a coorte <strong>di</strong> soggetti viene seguita longitu<strong>di</strong>nalmente ed il declino cognitivo con l’età o<br />

l’eventuale insorgenza <strong>di</strong> demenza viene correlato con la quantità ed il tipo <strong>di</strong> esercizio fisico svolto (Nurse’s<br />

Health Study (Weuve et al., 2004), Car<strong>di</strong>ovascular Health and Cognition study (Podewils et al., 2005), Cana<strong>di</strong>an<br />

Study of Health and Aging (Laurin et al., 2001): i risultati in<strong>di</strong>cano che a <strong>un</strong> maggior livello e varietà <strong>di</strong> attività<br />

fisica è associato <strong>un</strong> minor declino cognitivo e <strong>un</strong> minor rischio <strong>di</strong> demenza<br />

2. <strong>un</strong> approccio in cui <strong>un</strong> gruppo <strong>di</strong> soggetti viene sottoposto a training fisico e le prestazioni cognitive sono<br />

valutate prima e dopo il training. Stu<strong>di</strong> con questo tipo <strong>di</strong> valutazione sono relativamente pochi (Colcombe et al.,<br />

2002, 2004) ed Erickson et al., (2007). I risultati in<strong>di</strong>cano <strong>un</strong> miglioramento delle prestazioni cognitive e del<br />

pattern <strong>di</strong> attivazione cerebrale nei soggetti sottoposti a training aerobico, in buona correlazione con il livello <strong>di</strong><br />

fitness car<strong>di</strong>ovascolare.<br />

Affiancano questi stu<strong>di</strong> sull’uomo numerosi stu<strong>di</strong> sull’animale che hanno mostrato come l’esercizio fisico e<br />

l’esposizione ad <strong>un</strong> ambiente cognitivamente e socialmente stimolante (combinazione nota come “ambiente arricchito”,<br />

AA) migliorino le prestazioni cognitive, rallentino il declino nell’anziano, esercitino azioni neuroprotettive e aumentino la<br />

plasticità sinaptica corticale (Cotman e Berchtold, 2002; Marx, 2005; Nithianantharajah e Hannan, 2006). AA esercita<br />

anche <strong>un</strong>’azione positiva sui deficit cognitivi in modelli animali <strong>di</strong> AD familiare (Adlard et al., 2005; Jankowsky et al.,<br />

2005) e in alc<strong>un</strong>i casi riduce la deposizione <strong>di</strong> A (Lazarov et al., 2005).<br />

Recentemente è stato <strong>di</strong>mostrato (Berar<strong>di</strong> et al., 2006, 2007) che l’esposizione ad AA prima che si manifestino<br />

deficit <strong>di</strong> memoria, ne previene l’insorgenza, determina <strong>un</strong>a remissione del deficit colinergico e riduce la deposizione <strong>di</strong><br />

Aβ in <strong>un</strong> modello comprensivo <strong>di</strong> AD, il topo AD11 (Fig. 2 e 3). L’esposizione ad AA a deficit cognitivi già evidenti ne<br />

determina la remissione (Fig. 4). A conferma delle sue potenzialità, l’esposizione ad AA permette la risoluzione <strong>di</strong> deficit<br />

cognitivi in <strong>un</strong> modello transgenico <strong>di</strong> neurodegenerazione, il topo p25, anche in presenza <strong>di</strong> estesa neurodegenerazione<br />

(Fischer et al., 2007). Tra i fattori che possono me<strong>di</strong>are gli effetti <strong>di</strong> AA, è stata da noi verificata l’efficacia <strong>di</strong> due<br />

neurotrofine, NGF (De Rosa et al., 2005) e BDNF (lavoro in corso) che, somministrate per via intranasale, determinano<br />

<strong>un</strong> completo recupero dei deficit <strong>di</strong> memoria nei topi AD11.<br />

Cumulativamente, questi risultati iniziano a svelare i meccanismi ed i fattori alla base delle azione benefiche <strong>di</strong><br />

AA e ne mostrano la potenzialità come strategia terapeutica non farmacologica non solo per prevenire l’insorgenza <strong>di</strong><br />

deficit cognitivi ma anche per determinarne la remissione.<br />

Gli stu<strong>di</strong> che valutino in pazienti con demenza l’efficacia <strong>di</strong> <strong>un</strong> intervento combinato <strong>di</strong> stimolazione<br />

psico-sensoriale, cognitiva e esercizio fisico sono pochi e presentano limiti metodologici.<br />

2: Perché <strong>un</strong> intervento in soggetti a rischio <strong>di</strong>, o nelle fasi iniziali <strong>di</strong> AD e DV.<br />

Dati dalla letteratura <strong>sperimentale</strong> e clinica in<strong>di</strong>cano che la presenza <strong>di</strong> alterazioni cognitive modeste e <strong>di</strong><br />

alterazioni cerebrali rilevabili con tecniche strumentali quali quelle <strong>di</strong> neuroimmagini strutturali e f<strong>un</strong>zionali, precedono <strong>di</strong><br />

anni l’esor<strong>di</strong>o <strong>clinico</strong> della malattia sia per AD che per DV (Jones et al., 2004; Garrett et al., 2004 a e b; Bowler e<br />

Hachinsky, 2003, Bowler, 2005; DeCarli et al., 2007; Pike et al., 2007). A questa fase <strong>di</strong> “quasi malattia” si fa riferimento<br />

con il termine <strong>di</strong> Mild Cognitive Impairment (MCI).<br />

Nella maggioranza dei casi, l’MCI è <strong>un</strong>o sta<strong>di</strong>o che preann<strong>un</strong>cia <strong>un</strong>a demenza vera e propria (p.es. <strong>un</strong>a malattia<br />

<strong>di</strong> Alzheimer) con <strong>un</strong>a percentuale <strong>di</strong> progressione annuale molto più elevata (sino a 20 volte più frequente) rispetto alla<br />

popolazione anziana non-MCI, al p<strong>un</strong>to che circa il 70% <strong>di</strong> MCI dopo 5 anni dall'esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong>ventano dementi; tuttavia, la<br />

quota rimanente non solo non si ammalerà mai <strong>di</strong> demenza, ma talvolta recupera anche il minimo deficit che la<br />

caratterizza come MCI.<br />

Come per altre f<strong>un</strong>zioni cerebrali, le f<strong>un</strong>zioni cognitive <strong>di</strong>pendono dalla attivazione coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> specifici circuiti<br />

nervosi, ovvero <strong>di</strong> insiemi <strong>di</strong> neuroni connessi fra <strong>di</strong> loro attraverso sinapsi. Le f<strong>un</strong>zioni mnestiche <strong>di</strong>pendono non solo<br />

dall’integrità dei circuiti nervosi in specifiche aree cerebrali, ad esempio quelle del lobo temporale me<strong>di</strong>ale per la<br />

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