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STORIA DELLA MUSICA

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La confessione luterana e il corale<br />

Delle chiese riformate , quella che attribuì maggiore importanza alla musica fu quella luterana, probabilmente grazie<br />

alla sensibilità musicale di Lutero, che era cantore, suonatore di liuto e forse anche compositore. Fu determinante<br />

l’importanza che Lutero assegnava al canto corale. La messa luterana si basava sulle sacre scritture tradotte in tedesco,<br />

mentre la partecipazione dei fedeli era affidata al canto dei corali, canti assembleari di semplice melodia, struttura<br />

strofica e procedimento sillabico. Ebbe la stessa funzione del canto gregoriano durante il Medioevo cristiano. Gettò le<br />

basi per le composizioni organistiche tedesche in epoca barocca. I corali assunsero ben presto la funzione di cantus<br />

firmi nelle composizioni polifoniche su corale eseguite da cori professionisti. Compositori rinascimentali di polifonia su<br />

corale furono Michael Praetorius (autore della raccolta Musae Sioniae) e Heinrich Schutz<br />

Gli ugonotti e il canto dei salmi<br />

Secondo Calvino le manifestazioni di culto dovevano essere austere e ciò lasciava poco spazio alla musica. Distrutti o<br />

soppressi gli organi, fu ammesso il solo canto dei salmi. Clement Marot fornì una traduzione in francese di 50 salmi,<br />

che Louis Bourgeois musicò adattando melodie preesistenti<br />

Il canto anglicano e gli “anthems”<br />

Il rinnovamento liturgico anglicano fu meno radicale di quello delle altre chiese riformate. I cambiamenti furono<br />

riportati nel Prayer Book nel 1549 e l’anno seguente il compositore John Marbeck stampò il libro delle preghiere<br />

comuni poste in musica. A forma propria della Chiesa Anglicana fu l’anthem, che deriva etimologicamente da<br />

“antifona”, ma designa una forma vocale polifonica simile al mottetto. Il “full anthem” era cantato solo dal coro, il<br />

“verse anthem” presentava brani corali alternati a brani solistici accompagnati da strumenti<br />

LA CONTRORIFORMA CATTOLICA<br />

Papa Paolo III convocò un consiglio a Trento tra il 1545 e il 1563 per affrontare un’azione riformatrice e definire aspetti<br />

fondamentali della dottrina e condannare abusi e lassismi. Per quanto riguarda la musica fu deciso di:<br />

- abolire tutte le sequenze, escluse le 5 dell’Ordinario<br />

- vietare l’uso del cantus firmus profano nelle messe polifoniche<br />

- rendere più intelleggibili le parole nelle composizioni polifoniche<br />

La lauda polifonica<br />

Nel clima di rinnovata pietà, S.Filippo Neri (1515-1595) fondò l’ordine dell’Oratorio (poi si chiamerà ordine dei<br />

Filippini). Presso gli oratori si tenevano funzioni extraliturgiche in cui sermone, letture e preghiere erano preceduti dal<br />

canto di Laudae polifoniche a 3-4 voci in stile accordale su testo italiano. Oltre alle laudae pubblicate tra la fine del XVI<br />

e l’inizio del XVII sec, erano in voga anche i travestimenti spirituali, in cui il testo profano di una canzonetta veniva<br />

sostituito da uno sacro.<br />

Il culmine della polifonia sacra rinascimentale<br />

La semplificazione del contrappunto vocale diede origine allo stile a cappella per sole voci (il quartetto classico), che<br />

costituisce il punto più alto della polifonia sacra<br />

LA SCUOLA ROMANA<br />

Fin dal XV sec. i papi si curarono attentamente delle cappelle musicali e questo impegno causò il primato della scuola<br />

romana. Vigeva il divieto di introdurre donne nelle cappelle, le voci alte erano affidate a voci bianche e a falsettisti. Tra<br />

gli esponenti della scuola romana figurano Costanzo Festa, Giovanni Animuccia, Giovanni Maria Nanino, ma il più<br />

grande fu<br />

Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) passò la maggior parte della sua vita a Roma, lavorando nelle varie<br />

cappelle con alterne vicende (fu anche licenziato perché sposato) finchè non prese la direzione della Cappella Giulia. La<br />

sua opera è costituita quasi interamente da composizioni polifoniche in latino destinate ai servizi sacri.<br />

Compose 102 messe, in prevalenza a 4 e 5 voci; in numero minore sono quelle a 6 e 8 voci. La maggior parte sono<br />

messe “parodia”, altre sono basate su cantus firmus gregoriano o su tenor di varie origini. Le messe sono ritenute<br />

l’espressione più alta della sua produzione: in esse è presente abilità contrappuntistica, duttilità espressiva e<br />

intelleggibilità delle parole. Kyrie, Agnus Dei e Sanctus sono più contrappuntistici di Gloria e Credo, dall’andamento<br />

omoritmico. Accanto alle messe occupano un posto di rielievo i 307 mottetti a 4-8 voci (Stabat Mater a 8 voci), eseguiti<br />

nelle ricorrenze dell’anno liturgico, sottolineano musicalmente il testo poetico; le voci entrano generalmente in<br />

successione con un processo imitativo, come avverrà per il madrigale e successivamente per la fuga. Altre composizioni<br />

sono 75 inni a 4 voci, 35 Magnificat a 4-8 voci negli 8 modi ecclesiastici, 68 offertori a 5 voci. Su testi italiani scrisse<br />

94 madrigali a 3-6 voci e 30 Madrigali spirituali a 5 voci<br />

La musica di Palestrina incarnò lo spirito della Controriforma e rappresentò uno dei più puri e armoniosi esempi di<br />

canto sacro cattolico. Essa è priva di impeti dolorosi come in quella del Lasso, ma è sobria, composta serena, ma mai<br />

uniforme. I mezzi impiegati sono semplici (successioni di triadi, note di passaggio e ritardi preparati), movimenti<br />

ascendenti-discendenti che solitamente non superano salti di terza, mentre prevalgono gradi congiunti (non cromatici!)<br />

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