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STORIA DELLA MUSICA

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Sabbatini nel 1638). La scenografia operistica barocca tocco i suoi vertici grazie a i Galli da Bibiena. Il cantante doveva<br />

anche essere attore. Anche le donne iniziano a cantare. Si sviluppa lo stile di canto legato all’opera barocca, il belcanto,<br />

con gorgheggi, fioriture e timbri caricaturali, piuttosto che vicini al reale. Qualche nome: Adriana Basile, Caterina<br />

Gabrielli, Luisa Todi, Marianna Bulgarelli; Farinelli, Caffarello, Senesino.<br />

L’opera a Roma<br />

I drammi per musica attecchirono subito a Roma, anche grazie alla presenza del de’ Bardi e del de’ Cavalieri, che vi si<br />

erano trasferiti verso il finire del XVII sec., ma il momento culminante dell’opera romana coincise col lungo pontificato<br />

di Urbano VIII. I suoi nipoti trasformarono in teatro una sala capace di oltre 3000 persone, adiacente al loro palazzo alle<br />

4 Fontane. Il teatro fu inaugurato nel 1632 con Sant’Alessio di Landi, opera che presenta una varietà di sentimenti, dal<br />

patetico al comico, nella cui musica prevalgono i recitativi, ma vi sono anche brevi arie con cori in stile madrigalistico.<br />

Il maggior compositore dell’opera romana fu Luigi Rossi (1597-1653), ricordato soprattutto per l’Orfeo. Con la morte di<br />

Urbano VIII si chiuse la breve stagione dell’opera romana. Le vicende dell’opera a Roma furono in seguito<br />

condizionate dai gusti dei pontefici. Nell’opera romana è superato il recitar cantando, a favore della differenziazione<br />

stilistica tra recitativo e aria: melodie brevi, arie strofiche, alcune in forma bipartita, altre su un basso ostinato. I<br />

recitativi sono strumentali e sostenuti dal basso continuo. La tradizione polifonica è conservata per le parti corali. I<br />

libretti non sono più di argomento mitologico-pastorale, bensì di carattere allegorico-morale oppure trattasi di vicende<br />

edificanti, spesso ispirate a episodi cavallereschi.<br />

L’opera veneziana<br />

Nel carnevale del 1637 viene rappresentata a Venezia Andromeda di Manelli, su libretto di Ferrari, la prima opera<br />

impresariale. Inizia la storia dell’opera come spettacolo pubblico. Negli anni successivi si definì il tipo di opera<br />

veneziana e le opere nate nei teatri di Venezia si diffusero in altre città d’Italia e d’Europa. L’industria del teatro<br />

operistico. Con la scoperta dell’America il potere mercantile di Venezia inizia il suo declino, diviene il primo centro<br />

turistico internazionale. Le maggiori famiglie patrizie veneziane che possedevano luoghi adatti ebbero modo di affittare<br />

agli impresari i loro beni immobiliari. Tra il 1637 e il 1681 furono così attivi a Venezia ben 12 teatri. Il proprietario di<br />

un teatro lo affittava ad un impresario, il quale allestiva le stagioni, che si svolgevano sempre a carnevale e durante ogni<br />

stagione si presentavano 2 opere. L’impresario stipulava contratti pluriennali con compositori e librettisti, stagionali coi<br />

cantanti. Terminato il carnevale, i cantanti si organizzavano in compagnie che portavano le opere presentate a Venezia<br />

nei teatri delle maggiori città. L’opera impresariale doveva seguire i gusti del suo pubblico: virtuosi del canto solistico e<br />

drammi intricati anche se poco verosimili, svolti con vario numero di scene e sfarzo di costumi. I maggiori costi erano<br />

assorbiti dal cast vocale e dalla scenografia, a scapito dell’orchestra, costituita solo da archi e basso continuo; il coro era<br />

poco usato. La materia trattata dai librettisti inizialmente fu mitologico pastorale (Tetide e Peleo, Apollo e Dafne), come<br />

per i drammi di corte, poi si passò ad argomenti della mitologia classica più drammatici (Giasone, Medea), infine si<br />

toccarono eventi della storia romana (Pompeo, Annibale, Cesare), ma la necessità di stupire il pubblico spingeva i<br />

librettisti a discostarsi anche di parecchio dalla realtà storica. La parte più estesa del libretto era occupata dai recitativi,<br />

in endecasillabi o settenari sciolti; le arie, brevi e numerose, erano aggregazioni strofiche di versi misurati e ritmati, a<br />

volte mescolati insieme senza uno schema regolare.<br />

I più noti operisti veneziani furono:<br />

- Francesco Cavalli (1602-1676), mentre Monteverdi era maestro di cappella, entrò nel 1617 nella cantoria di<br />

S.Marco. Vi trascorse tutta la carriera: secondo e primo organista, infine maestro di cappella. Autore di messe,<br />

salmi e inni in stile concertato, scrisse 42 opere che costituiscono l’ossatura del primo repertorio veneziano e<br />

rispecchiano l’evoluzione operistica veneziana. Si ricordano le opere Le nozze di Peleo e Teti, La Didone, Egisto,<br />

Ormindo, Giasone, Muzio Scevola. Inoltre Luigi XIV gli commissionò L’Ercole Amante, che andò in scena per le<br />

sue regali nozze nel 1662, con l’interpolazione di balli di Lulli. La naturale inclinazione teatrale e la lezione di<br />

Monteverdi fanno di Cavalli l’operista più naturalmente drammatico del suo tempo. Le opere si attengono quasi del<br />

tutto allo stile recitativo, stile che fu uno dei modelli della vocalità operistica di Lulli. Poco numerose le arie: brevi,<br />

su bassi ostinati o ritmi di danza (soprattutto sarabande). Le scene sono talvolta divise da brevi interludi orchestrali.<br />

- Antonio Cesti (1623-1669) è considerato tra i maggiori esponenti dell’opera veneziana per ragioni di stile, perché<br />

spesso le sue opere (L’Orontea, La Dori, Il pomo d’oro) erano spesso rappresentate a Venezia, ma la sua vita e la<br />

sua attività si svolsero in altre città. In particolare Il pomo d’oro, composta per le nozze dell’imperatore asburgico,<br />

rinnovò i fasti dell’opera di corte. L’espressione vocale di Cesti è molto varia: recitativi drammatici, declamazioni,<br />

arie molto numerose ed estese, pezzi d’insieme… In confronto alle melodie di Cavalli, le sue sono più regolari<br />

nella struttura e più dolci nell’espressione.<br />

- Antonio Stradella (1644-1682), non operò a Venezia ma fu uno dei musicisti più ispirati della seconda metà del<br />

XVII sec. Risentì dell’influenza di Carissimi e Monteverdi, si rivelò anticipatore dell’impiego dell’armonia e fu tra<br />

i primi a ripartire l’orchestra d’archi in 2 gruppi (Concerto grosso e concertino). Lasciò 13 opere teatrali, 5 oratori,<br />

mottetti, cantate sacre e profane, serenate e madrigali. Tra le composizioni strumentali sinfonie e sonate.<br />

Claudio Monteverdi (Cremona, 1567-Venezia, 1643) Vissuto tra Rinascimento e primo barocco, si riconosce nelle sue<br />

opere il passaggio tra polifonia e monodia. Nel 1589 si trasferì a Mantova come suonatore di viola nella cappella<br />

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