31.05.2013 Views

Erthole - Sardegna Cultura

Erthole - Sardegna Cultura

Erthole - Sardegna Cultura

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

XIX<br />

Andai io a prenderle, al levarsi del sole; una sollecitudine<br />

inspiegabile che capii soltanto quando entrai nel paese.<br />

Fermo al crocevia, volevo sorprendere il risveglio delle cose,<br />

come facevo un tempo, quando fingevo corse inarrestabili<br />

su cavalli di ferula. Nel paese, allora, ognuno cercava la sua<br />

alba. Le campane della prima messa chiamavano, e le donne<br />

si avviavano silenziose avvolte negli scialli neri. A quell’ora<br />

dalle case uscivano anche le capre mannalithe e i carrolanti,<br />

che andavano a portare le nuove del mondo.<br />

Mio padre usciva ch’era ancora notte, con i ferri temprati<br />

a nuovo sulle spalle e una pena che gli leggevo sul viso,<br />

mentre mi porgeva la mano. Sentivo la sua tristezza, ma<br />

ero fiero di seguirlo e di portare anch’io sulle spalle il mio<br />

peso minimo, un po’ di pane dentro una bisaccia di pelle,<br />

leggera come l’aria di quel crepuscolo. Baroledda, la cagnetta<br />

discreta, sembrava volesse condividere la nostra pena. Mi<br />

guardava dimenando la coda e io che non potevo condurla<br />

a manu tenta, mi limitavo ad aprire e chiudere il pugno, un<br />

segno di saluto che lei capiva.<br />

La cava pareva più lontana in quell’ultima ora di buio,<br />

e noi andavamo svelti anche sulle salite, che sembravano<br />

condurci ai confini della notte.<br />

Mio padre al mattino appariva più stanco, come se il<br />

sonno non gli desse alcun riposo. La sera, invece, la fatica del<br />

giorno ormai trascorso non sembrava pesargli. Parlava, e se<br />

ricordava un masso che aveva ceduto sorrideva. A casa temprava<br />

i ferri, nello stambugio che accoglieva anche le galline<br />

e il maiale. A me toccava girare la manovella della forgia.<br />

Dosavo la ventola per non arroventare troppo i ferri, che lui<br />

batteva col martello su una piccola incudine, il cui tintinnio<br />

udivano come un richiamo nelle case vicine. I ferri da temprare<br />

erano molti, ma quella non era fatica per mio padre.<br />

Spesso accompagnava i battiti del martello con un canto, di<br />

cui inventava parole e ritmo.<br />

102<br />

Cincicorredda est issida a bazzana<br />

chin d’una tita manna e una minore.<br />

Cincicorredda si crede già donna / con un seno grande e uno<br />

piccolo.<br />

Ogni sera attendevo che completasse il racconto della<br />

sua strana canzone, ma lui non andava avanti, ripeteva sempre<br />

gli stessi versi e lasciava Cincicorredda così, con quei seni<br />

disuguali che mi procuravano sofferenza. Cercavo d’immaginare<br />

le infinite possibilità di vita di quella ragazza, la<br />

cui disarmonia credevo di sentire dentro di me. Tentavo di<br />

darle anche un volto, ma lei, con quell’esistenza sospesa,<br />

non poteva rassomigliare a nessuno. Al mattino, nell’espressione<br />

preoccupata di mio padre scompariva anche il ricordo<br />

di Cincicorredda. Non riusciva a distrarre la mente dalla cava<br />

che si chiudeva spesso e non cedeva neanche una scaglia.<br />

Nei suoi silenzi forse pensava al modo di riconciliarsi con la<br />

pietra ostile.<br />

– Dobbiamo prendere l’acqua, – diceva, e mi porgeva<br />

ancora una volta la mano. Capivo che quel gesto valeva una<br />

carezza. Mandava un segno anche alla cagnetta, che attendeva,<br />

senza allontanarsi da me.<br />

Sentivamo già la stanchezza della salita. Per fare prima<br />

prendevamo la scorciatoia, ma la cava sembrava irraggiungibile…<br />

Era mutato tutto, ora, anche il crocevia, ridotto a una<br />

chiazza d’asfalto fra case che avevano smarrito perfino il ricordo<br />

della terra che le sosteneva. E non c’erano più risvegli.<br />

La vita scorreva insonne in un andare senza approdi. Non<br />

m’avventurai oltre. Più giù c’era la mia casa di allora, quella<br />

che vagava nella cavità di sa Currentina: non volevo vedere<br />

lo scempio che ne avevano fatto.<br />

Le ragazze, già alzate, mi attendevano nell’andito della<br />

loro casa. Paschedda andava, irrequieta, avanti e indietro,<br />

aggiustando ogni tanto la tovaglia che ricopriva la corbula<br />

colma di provviste. Maddalena sembrava spaventata. La fissità<br />

dello sguardo stravolgeva l’espressione del suo viso.<br />

– Credevo di essere arrivato troppo presto –. Guardai<br />

l’orologio e non dissi altro. Il pallore di Maddalena faceva<br />

intuire ciò che poteva essere accaduto.<br />

103

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!