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Erthole - Sardegna Cultura

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mi guardava disinvolta, come fossi una sua vecchia conoscenza.<br />

Voleva offrirmi qualcosa, ma io le feci capire che stavo<br />

bene così. Ci sedemmo davanti al fuoco. L’aveva acceso<br />

lei pensando di farmi piacere. La sua ritrovata sicurezza la<br />

spinse anche a farmi delle domande. Mi chiese il perché del<br />

mio ritorno in paese e io le raccontai di Saverio, della casa di<br />

Zuacchinu e di su Riccu. Non si sorprese, come se tutto le<br />

fosse già noto.<br />

– Sei mai entrata nella casa di Zuacchinu?<br />

Fece di no con la testa. L’aveva conosciuta sempre chiusa.<br />

Ogni volta che ci passava davanti le sembrava di udire le<br />

urla di Natalia. Mi chiese cosa avevo scoperto e io le parlai<br />

del mio turbamento. Neanche questa volta si mostrò sorpresa.<br />

– È come cadere dentro le cose…<br />

Eravamo diversi e simili io e Maddalena; mi trovavo a<br />

parlare la sua lingua, ad avere le sue paure, a sentire e a pensare<br />

come lei. Le chiesi se voleva tornare a <strong>Erthole</strong>, ora. Abbassò<br />

lo sguardo e tacque. Quel silenzio mi parve interminabile.<br />

– Sì, voglio tornare –. Ero contento di quel tormentato<br />

sì. Le dissi che saremmo saliti, insieme alla sorella, per Pasquetta,<br />

ormai prossima. Tacemmo. Lei non sapeva come<br />

esprimere la sua felicità.<br />

– E il ricamo? – le chiesi. Arrossendo mi disse che non<br />

l’aveva più toccato.<br />

– Vorrei vederlo.<br />

Esitava e io stentavo a capirne il motivo. Si alzò e da un<br />

cestino tirò fuori il telo che già conoscevo. Il mio sguardo<br />

cadde sui vuoti fra disegno e disegno. Senza dire niente,<br />

puntai il dito su quegli spazi bianchi. Lei diventò rossa. Mi<br />

sembrava provasse una sofferenza.<br />

– Non riesco a riempirli, tutto si confonde nella mia<br />

mente –. Era ricaduta in quella muta disperazione che tanto<br />

m’aveva colpito la prima volta che l’avevo incontrata. Voleva<br />

ricamare un cervo ferito.<br />

– Cosa ti sfugge?<br />

– Le ferite. Si espandono. Il telo non le contiene, sembra<br />

che vogliano riempire la casa.<br />

Le presi la mano per richiamarla dalla sua angoscia.<br />

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– Ricama quello che ti piace, il mondo è guarito, non<br />

ha più ferite –. Mi guardava con le lacrime agli occhi ed era<br />

come se chiedesse un aiuto. Nella cucina irruppe Paschedda,<br />

trattenendo a stento il dispetto che l’aveva spinta a uscire<br />

«per delle compere». Salutandomi mi chiese se mi ero<br />

messo in testa di fare le stazioni della Via Crucis. Doveva<br />

aver saputo della mia visita alla casa di Zuacchinu. Saverio<br />

m’aveva avvisato quando gli avevo chiesto qualcosa sui distratti<br />

viandanti che a malapena ci avevano salutato per la<br />

strada. Il paese aveva le sue curiosità.<br />

A Maddalena chiese perché non avesse pensato a preparare<br />

qualcosa per il pranzo.<br />

– Cosa fai ammadricada 35 lì, alzati, – le ordinò con la<br />

durezza che già conoscevo. Non avevo voglia di cibo.<br />

– Se potessi distendermi un po’, sento una strana stanchezza…<br />

–. Paschedda, preoccupata, mi condusse nella camera<br />

di sopra dove c’era un letto pronto. Insisteva perché<br />

prendessi qualcosa. Mentre salivo le scale mi accorsi che<br />

Maddalena, rimasta seduta davanti al caminetto, era ricaduta<br />

nella sua desolata assenza. Mi fermai e ripetei a voce alta<br />

la proposta per il pranzetto a <strong>Erthole</strong>.<br />

– Ci dobbiamo pensare, – rispose Pachedda, scuotendo<br />

la testa di fronte all’immobilità della sorella.<br />

Disteso sul letto cercavo di assopirmi, ma il sonno pareva<br />

dovesse ricondurmi alla casa di Zuacchinu.<br />

35. Pesante e gonfia, come la pasta lievitata.<br />

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