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Erthole - Sardegna Cultura

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Paschedda volle seguirlo, doveva fare degli acquisti, non<br />

poteva affrontare a mani vuote il viaggio in continente. Andai<br />

a trovare Gremos con Maddalena, che aveva taciuto per<br />

tutto il viaggio, come me. Le chiesi se stava bene e lei disse<br />

il suo «sì» senza sollevare gli occhi dalla strada dei cumuli.<br />

Pensava a Paschedda.<br />

Le case di sa’e Sulis erano tutte palas a deus. 72 Porte e finestre<br />

sfidavano la tramontana, per poter guardare il paese<br />

che così appariva più vicino: qualcuno diceva che nelle giornate<br />

chiare si potevano contare i sassi, e che a volte si udivano<br />

anche le campane e il canto dei galli.<br />

– Quella è, – disse Maddalena indicandomi la casa di<br />

Gremos, una babele incompiuta di forme e colori, sulla quale<br />

pareva avesse messo mano un gigante distratto. I muri<br />

gibbosi, le terrazze pesanti e le striature sbiadite sembravano<br />

la materializzazione di un’immane fatica, la fatica del pensare<br />

e del concepire, non del fare.<br />

– Tutta opera sua, ha fatto e disfatto di nascosto, spesso<br />

di notte. Così si sono arrangiati…<br />

Ripeteva che tutto doveva trovare ancora un compimento<br />

e che anche la casa di Gremos, una volta finita… Io pensavo<br />

che niente potesse avere fine, e che uomini e case fossero<br />

dannati a vagare in eterno nel caos delle lingue confuse.<br />

– Sembra il suo ritratto, – dissi, sforzandomi di trovare<br />

una coerenza di linee in quell’ammasso di pietre e di mattoni;<br />

vivevo ancora in complicità con Zommaria.<br />

Cercavamo l’entrata della casa e Maddalena continuava<br />

a parlare, aggrappata alla piccola logica delle necessità.<br />

– Spazio se n’è fatto. Le stanze, il negozio… – voleva<br />

convincersi che la confusione delle rovine di sa’e Sulis non<br />

era un riflesso della sua mente malata. Anche il negozio, uno<br />

stanzone smisurato con un massiccio pilastro al centro, che<br />

non si capiva cosa dovesse reggere, guardava verso il paese: a<br />

car’a bidda. 73<br />

Gremos, dietro il bancone, compitava su un vecchio registro<br />

del quale voltava lentamente le pagine. Percepì in ritardo<br />

72. Spalle a Dio.<br />

73. Con la faccia rivolta al paese.<br />

146<br />

la nostra presenza, immerso in quella faticosa lettura; ma forse<br />

era l’assenza di cui aveva parlato Zommaria che lo rendeva<br />

remoto a tutto, perfino ai rumori dei nostri passi e al fruscio<br />

della tenda che proteggeva la porta. Maddalena lo chiamò, e<br />

lui, estraneo anche alle povere cose che credeva di poter mercanteggiare,<br />

stentò a sollevare la testa; la fatica dei suoi gesti<br />

si trasmetteva anche a chi l’osservava. Aveva il viso sudato.<br />

Anche per secernere gli umori che gli colavano sulla fronte<br />

doveva vincere la stanchezza del suo corpo inerte. L’afa dava<br />

un senso di oppressione anche a me, come se mi venisse<br />

meno il respiro. Sentivo vampate di caldo e brividi di freddo,<br />

e pensavo al mio sangue intossicato dagli eterni tepori<br />

di <strong>Erthole</strong>: tramontana e scirocco vagavano nei meandri di<br />

quella casa, presi dalla stessa stanchezza di Gremos.<br />

– Sono Maddalena, non mi riconoscete?<br />

Lui rispose con un’ombra di sorriso.<br />

– Già, come si chiama… Maddalena, – disse con voce<br />

che non aveva memoria di altri suoni. Con un dito puntato<br />

sul registro ci guardava. Maddalena gli spiegò chi ero e cercò<br />

di aiutare la sua memoria, dando risposta a ciò che lui tardava<br />

a pensare.<br />

– Avete conosciuto suo padre…<br />

– Già… come si chiama…<br />

Ci avvicinammo al bancone e la curiosità mi spinse a<br />

scrutare il registro che pareva uscito dai fondali del tempo,<br />

con le pagine chiazzate di aloni gialli e il «dare» e l’«avere»<br />

stampati in alto. Anche la mano di Gremos era segnata da<br />

macchie biancastre. Nella scrittura incerta del registro sembrava<br />

si riflettesse la pena di una fatica. Il «dare» e l’«avere»<br />

si erano confusi, come i venti e come le lingue che Gremos<br />

non ricordava più.<br />

– Sos buffos? – chiese Maddalena alludendo alle vane<br />

promesse dei paesani che popolavano sa’e Sulis.<br />

Gremos sollevò la mano, e fra gli aloni gialli risaltarono<br />

i nomi di quella gente senza storia, che prometteva aspettando<br />

compare mai benit.<br />

– Già, – rispose Gremos, – anche i miei.<br />

– E pagano? – gli chiesi, tanto per dire qualcosa. Mi<br />

guardò con i suoi occhi di bue e scosse la testa; non voleva<br />

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