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Erthole - Sardegna Cultura

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aveva scoperto dopo. – Era solo. Gli battevano le mani per<br />

lusingare le sue vanità, ma non aveva affetti.<br />

Gli chiesi se dopo la rottura gli aveva più parlato.<br />

– Andai a trovarlo nel momento più triste della sua esistenza…<br />

Ai funerali io c’ero.<br />

La moglie di Saverio piangeva.<br />

– È la prima volta che ne parla, – disse, e rivolse un<br />

garbato rimprovero al marito, che cercava di nascondere la<br />

sua commozione attizzando il fuoco.<br />

– Non puoi sottrarti, ormai, devi proprio accompagnarmi.<br />

– Vai, – lo esortò la moglie asciugandosi le lacrime che<br />

rendevano ancora più tenera la sua supplica.<br />

– Sei cocciuto come allora… Ricordi a scuola con le palline<br />

di piombo? –. Era il segno che aveva accettato.<br />

Ogni tanto incontravamo qualcuno: un cenno di saluto<br />

a Saverio e un rapido sguardo a me. Nessuno si fermava; la<br />

mia presenza lasciava tutti indifferenti.<br />

– Hai imparato molto da lui?<br />

– Mi dava fastidio che non sbagliasse mai, che capisse<br />

tutto da un cenno…<br />

– Cos’aveva che tu non hai? –. Mi rispose che i miei erano<br />

accostamenti assurdi; lui e Zuacchinu erano due nature<br />

diverse.<br />

– Il commercio è il mio mestiere, forse lo faccio anche<br />

bene, l’esperienza conta… Lui non aveva un mestiere… voleva<br />

dominare, per una scommessa con se stesso…<br />

Ci fermammo su una cudina, una roccia di sabbione<br />

scalzata tutt’intorno dalle strade e straducole che vi confluivano;<br />

pareva una terra di nessuno lasciata per porre un argine<br />

a quella cascata di case ch’era diventato il paese.<br />

– Da qui, forse… –. Un’immensa ragnatela di tetti, di<br />

balconi e di cortili si estendeva davanti a noi.<br />

– Se questa è una casa… – commentò Saverio.<br />

– Possiamo entrare? – chiesi. Volevo trovare i segni dell’ascesa<br />

e della caduta di Zuacchinu.<br />

– Attendi, vado a chiamare su Riccu –. Alludeva al custode.<br />

Lo chiamavano così da quando, molti anni prima, un<br />

giudice gli aveva affidato le chiavi dicendogli ch’era tutto<br />

nelle sue mani, ormai.<br />

82<br />

– Allora, sono ricco, – aveva scherzato lui, che conosceva<br />

ogni angolo di sa galera, come chiamava quel luogo che<br />

l’aveva visto mugnaio prima, casaro poi e, quando era già<br />

curvo, omine de cumannos. 29<br />

Seduto sulla cudina pensavo che forse il segno che cercavo<br />

era proprio l’effimero dominio di su Riccu.<br />

– Non si tocca niente, – mi ammonì. I suoi occhi piccoli<br />

lacrimavano in continuazione. – Responsabile sono io, di<br />

tutto –. Aveva una voce stridula che si strozzava dopo il primo<br />

acuto.<br />

– Che cosa vuoi che tocchiamo, la polvere? – gli rispose<br />

Saverio, infastidito per quel ripetuto avvertimento.<br />

Quando fummo davanti al portone di sa galera, su Riccu<br />

si fermò, e mostrandoci la chiave che stringeva nel pugno<br />

disse qualcosa che né io né Saverio capimmo. Sorpreso per<br />

quella nostra sordità, strozzando ancora di più la voce, ripeté:<br />

– Dicevo che non comprendo cosa volete vedere… totu<br />

prudicadu est… 30<br />

Era la rappresentazione di una catastrofe che non riusciva<br />

a compiersi, come se il destino, rallentandone il corso, ne<br />

volesse perpetuare la memoria. Non avevo più voglia di aggirarmi<br />

tra le rovine e stavo per chiedere di lasciare tutto e<br />

andarcene, quando Saverio mi incoraggiò, dicendo, scherzosamente,<br />

che andavamo a contare sos mermes. 31<br />

– Anche questo può essere un’istentu, – brontolò su Riccu,<br />

aprendo il portone. Saverio gli chiese di condurci a sa<br />

corte manna, il centro di sa galera dove cadevano gli ordini<br />

che impartiva Zuacchinu dall’alto del suo balcone. Sembrava<br />

una grande arena col fondo in nuda terra indurito dal<br />

tempo. Su Riccu era già al centro, piccolo e ingobbito; diceva<br />

qualcosa asciugandosi gli occhi col dorso della mano. Noi<br />

eravamo fermi al limite dell’androne attraverso il quale ci<br />

aveva condotto. Esitavamo ad avanzare, come se qualcosa ci<br />

respingesse. Con lo sguardo cercavo di seguire i casamenti<br />

che chiudevano l’arena: muri, tetti e archi parevano la pietrificazione<br />

di un’ascesa mai compiuta.<br />

29. Uomo delle commissioni.<br />

30. Tutto marcio è…<br />

31. I vermi.<br />

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