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Erthole - Sardegna Cultura

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Invocava il destino per spiegare il male e assolvere.<br />

Arrivava presto a <strong>Erthole</strong>, a volte all’alba, ed era come<br />

se avesse attraversato il buio di un’intera notte, per venire<br />

da me; io ne avvertivo dolorosamente la presenza, prima di<br />

sentirla e vederla.<br />

– Non vi piace più stare con me? – chiedeva, e mi conduceva<br />

per altre pietraie sconosciute, raccontandomi di sé e<br />

di Portólu, la cui sorte non la faceva piangere più, quasi<br />

avesse voluto recuperarne il ricordo per staccarsi da lui. Tentavo<br />

di sottrarmi a quei racconti; sapevo già ciò che poteva<br />

essere accaduto al povero Portólu, la cui fine era segnata<br />

nell’estrema minaccia che il padre di lei gli aveva lanciato,<br />

nella valle delle pietre colorate. Forse mi piaceva credere che<br />

Maddalena non avesse un passato, che conservasse intatta<br />

l’innocenza che avevo letto nei suoi ricami. Ma lei non aveva<br />

bisogno di parole ora, sapeva concentrare in uno sguardo<br />

o in un gesto tutti i possibili linguaggi. Anche attraverso<br />

gli abiti che indossava riusciva a significare ciò che voleva<br />

dirmi.<br />

– È passato tanto tempo, sono accadute tante cose… io<br />

sono rinsavita… per voi, – e sembrava volesse ripagarmi di<br />

quel bene ricevuto, offrendomi tutta se stessa. L’accompagnavo<br />

alla strada in silenzio. Tacevo per paura.<br />

– Potrei venire a stare con voi, tanto non mi attende<br />

nessuno, – mi diceva, convinta che nei miei silenzi ci fosse<br />

la tristezza della mia solitudine.<br />

– Ora non è possibile.<br />

Ma quando andava via sentivo un vuoto incolmabile, ed<br />

ero tentato di correrle dietro e chiamarla. Tornavo alla casa e<br />

attendevo. Nelle notti insonni pensavo molto a mio padre,<br />

che aveva conosciuto la solitudine quando anche lui, spinto<br />

dalle necessità o dalle inquietudini mai placate, andava a<br />

connoschere munnu. Ripercorrendo la sua travagliata esistenza,<br />

mi scoprivo simile a lui, almeno nei crucci, anche se io<br />

non avevo conosciuto dolori e miserie di guerre perdute. Per<br />

pudore, taceva delle medaglie e delle ferite che lo avevano<br />

segnato per sempre. Il mio, forse, era un disperato tentativo<br />

d’imitarlo nelle virtù e nelle debolezze. Anch’io, come lui,<br />

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rivelavo la mia natura nella immediatezza di una promessa;<br />

dopo, però, cadevo nell’angoscia dell’adempimento.<br />

Maddalena mi richiamava Maria, che mio padre aveva<br />

conosciuto in un lontano inverno, quando sagomava i graniti<br />

di un monastero. Mia madre leggeva commossa a noi<br />

figli le sue lettere, che parlavano della neve alta in quel paese<br />

di montagna, e della casa con un grande camino dove lui alloggiava.<br />

Maria era venuta da noi in una giornata di sole,<br />

accaldata, con lo scialle piegato sul braccio e il fazzoletto che<br />

le scivolava sulle spalle. Era bella e mia madre, colpita, l’aveva<br />

ascoltata parlare per tre giorni di mio padre che, dopo le<br />

fatiche del freddo monastero, trovava nella sua casa il calore<br />

di una famiglia.<br />

– Sa dire le cose, lui, – ripeteva. Di notte dormiva in una<br />

stanza insieme a me, ed io, ragazzo, mi sentivo travolto dal<br />

suo parlare e dalle nudità che intravedevo mentre lei si spogliava.<br />

Il corpo di Maddalena, tra i colori delle camicette e le<br />

pieghe delle gonne, mi ricordava il doloroso turbamento di<br />

quelle notti illuminate dai bianchi seni di Maria. Anche mio<br />

padre, al rientro, aveva parlato di lei: della sua casa ospitale e<br />

delle gentilezze ricevute.<br />

– Cussu o ateru, 79 – aveva detto mia madre, contenendo<br />

a stento ciò che intimamente la feriva. Io soffrivo più di tutti.<br />

Solidale con mia madre, ero geloso di mio padre, che con<br />

i suoi racconti accendeva quella mia assurda passione. Lui<br />

era riuscito a non sciupare niente.<br />

Maddalena tornò a <strong>Erthole</strong> prima di quanto temessi o<br />

sperassi. Bussò più volte alla porta della casa, chiamandomi.<br />

– Sono io, apritemi…<br />

La sua voce pareva salisse dal profondo del mio sonno e<br />

della mia stanchezza. Volevo muovermi, rispondere almeno<br />

con un gesto della mano, ma il buio di quell’ora mi legava<br />

il corpo e la mente. Udivo il suo pianto, ora.<br />

– Non lasciatemi sola, ho paura.<br />

79. Quello o altro.<br />

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