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Erthole - Sardegna Cultura

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Dissi che ne avremmo parlato un altro giorno, in un altro<br />

luogo, e lei fu contenta di quel rinvio.<br />

– La gente crede che il male ce l’abbia ancora… io non<br />

dico niente, ho paura. Paschedda deve partire. Va con Zommaria,<br />

uno del paese che a me non piace. Verrò io a portarvi<br />

la biancheria e le provviste… Vi fa piacere?<br />

Risposi di sì. Sollevò in aria un’altra manciata d’asfodeli.<br />

– Io sono issid’e tinu, chi può sorprendersi di ciò che<br />

faccio? Temete i giudizi della gente, voi?<br />

Dissi che usciti di senno lo eravamo un po’ tutti.<br />

Paschedda e Luca venivano verso di noi. Lei parlava a se<br />

stessa, concitata più che allegra; lui taceva, alto e curvo nel<br />

crepuscolo inoltrato.<br />

– Non riesco a cavargli una parola, cosa gli avete fatto?<br />

– mi chiese Paschedda, che pareva non potesse più uscire<br />

dall’ombra che l’avvolgeva.<br />

Non risposi, osservavo Luca che se ne stava silenzioso,<br />

come se meditasse dolorosamente l’approssimarsi dell’ora dei<br />

fuochi. Anche Paschedda girò attorno a su punteddu, sola ed<br />

estranea. Parlava ancora di Luca mudulone e di s’inghiriu, sestadu<br />

con criterio e faceva calcoli di tempo e di spazio che io<br />

non riuscivo a seguire. Pareva contenta. Presagi e rimedi<br />

avrebbero trovato ascolto con quel punteddu.<br />

– Ho portato sos granos, 53 – disse ancora, mostrando le<br />

cocche di un fazzoletto rigonfio. Chiese chi aveva messo<br />

mano a su punteddu, ma non ascoltò Maddalena che indicava<br />

Luca e me. Placava la sua irrequietezza girando freneticamente<br />

attorno alla montagnola.<br />

– Accendiamolo, è l’ora, – propose poi rivolta a me. Io<br />

volevo attendere su Mudu, che prese corpo dal nulla. Ci avvicinammo<br />

a lui, anche Paschedda, che ammutolì per un<br />

momento. Porsi i fiammiferi a su Mudu, ma lui disse che<br />

dovevamo pensarci noi. I focolai dovevano distribuirsi simmetricamente<br />

e attendevamo curvi, frugando fra gli asfodeli.<br />

– Santu Jubanne m’azustet… 54<br />

53. Chicchi di frumento.<br />

54. San Giovanni mi assista.<br />

128<br />

I fuochi partirono, deboli e incerti all’inizio, impetuosi<br />

poi, come cavalli in fuga. Gli asfodeli bruciavano crepitando<br />

e le ceneri salivano sospinte dal turbinio delle fiamme; dall’interno<br />

di su punteddu provenivano scoppi, ma non di festa.<br />

– S’inghiriu, – gridò qualcuno strappandoci da quella<br />

contemplazione. Ci disponemmo in cerchio e iniziammo il<br />

girotondo, arretrando per evitare le fiamme che si staccavano<br />

dalla montagnola. Luca era davanti a me; lo vedevo tra i<br />

riverberi. Su Mudu si teneva in disparte.<br />

– Vostro è, – rispondeva a chi lo chiamava. Continuammo<br />

a girare in silenzio, restringendo il cerchio man mano<br />

che diminuiva l’impeto delle fiamme. Ero entrato anch’io<br />

nella meditazione di Santu Jubanne e dicevo mentalmente<br />

sos berbos di s’inghiriu. Nelle cadenze di quella lingua arcana<br />

i fatti della mia esistenza e il mio rapporto col mondo uscivano<br />

stravolti, come se tutto fosse stato ripensato e risentito.<br />

Il fuoco era quasi spento, restavano le braci dell’arbusto<br />

riarso e le ceneri degli asfodeli sotto le quali covavano ancora<br />

deboli fiamme. Ci fermammo. Su Mudu portò due grosse<br />

pietre su una delle quali fece sedere Maddalena. Cercai le<br />

pietre anch’io, per Paschedda e per me; Luca si accovacciò<br />

sugli asfodeli non bruciati. Tacevamo, curvi su quei deboli<br />

riverberi, ultimi d’un fuoco ch’era parso grande nella notte<br />

di <strong>Erthole</strong>. Cercavo lo sguardo di Luca, isolato all’altra<br />

estremità del focolare. Era lontano come non mai. Non la<br />

sua distanza fisica m’appariva irraggiungibile, ma ciò ch’egli<br />

pensava e sentiva: la sua mutata esistenza nella quale non<br />

riuscivo più a entrare. Maddalena mi cercava disperatamente<br />

con lo sguardo.<br />

– Be’, custos granos… – disse Paschedda per rompere il<br />

silenzio, presa dalle ansie che la portavano lontano da noi e<br />

da <strong>Erthole</strong>. Con un rametto rivoltò le ceneri per aprire lo<br />

spazio al suo gioco.<br />

– Luch’e mortos, – disse ancora, indicando i fuochi fatui<br />

che si sollevavano insieme alle ceneri con un ultimo guizzo.<br />

Slegò il fazzoletto che custodiva il grano e chiese quale destino<br />

doveva leggere per primo.<br />

– Il tuo, – le risposi, convinto che volesse così anche lei.<br />

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