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Erthole - Sardegna Cultura

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– Si bombo, bombo lettos d’erru… 10<br />

Voleva dire ch’era amara l’esistenza che stava vivendo.<br />

Parlava una lingua che nessuno capiva. L’aveva inventata dal<br />

nulla, un rifugio quasi, per starsene solo con i suoi pensieri.<br />

Col binocolo avevo guardato anch’io i vapori che salivano<br />

dalla terra sfibrata dal sole d’agosto. Il suo occhio spento<br />

pareva volesse raccontare i terrori degli abissi senza luce.<br />

– Se vedi un fuoco, cosa fai?<br />

M’aveva mostrato un apparecchio collegato col pronto<br />

intervento, ma sapeva ch’era inutile chiamare. Importante<br />

era vederlo sul nascere, il fuoco, e lui era attento, con quel viso<br />

scavato dalla veglia.<br />

– Non b’hat rimediu, 11 – m’aveva detto quand’ero andato<br />

via, e avrebbe voluto sorridere.<br />

La sughera grande di <strong>Erthole</strong> custodiva il mistero della<br />

morte. Ne cercavo i segni nei rami possenti, che davano la<br />

sicurezza d’un approdo. Il sole già alto mi abbagliava e non<br />

potevo guardare la chioma rilucente, che il vento scuoteva<br />

appena. Ma doveva pur esserci un punto dove si era infranta<br />

una vita.<br />

Ricordavo altre sughere, nel paese, che mostravano quelle<br />

tracce pietose. Quando a sera si spargeva la voce che qualcuno<br />

si era immolato, la gente accorreva sul luogo e indicava<br />

l’albero muto. Dicevano ci volesse cuore a sfidare la morte<br />

così, e la folla attendeva fino a notte che il carro passasse. Attendevo<br />

anch’io, e guardavo atterrito ciò che poteva vedersi<br />

di un morto coperto di frasche.<br />

La sughera di <strong>Erthole</strong> non mostrava alcun segno. Sembrava<br />

una madre benigna che avesse appena placato i dolori<br />

del figlio infelice. Nel silenzio che gravava la terra, ritornava<br />

il racconto di Saverio. Ora tutto appariva chiaro.<br />

– Sono morto, – gridava una voce, – lo sapevi, non c’era<br />

rimedio…<br />

Non riuscivo a vedere niente. Il sole mandava bagliori<br />

accecanti, come i fuochi che cercava Battalla.<br />

10. Se parlo, vomito letti di ferro.<br />

11. Non c’è rimedio.<br />

42<br />

VIII<br />

Tre volte girai intorno ai ruderi di su Dominariu, la cui<br />

tragica imponenza faceva apparire ancora più angusti i vicoli<br />

e le straducole che percorrevo. Niente di ciò che affannosamente<br />

cercavo, come se avessi sbagliato luogo e tempo. Avrei<br />

voluto chiedere a qualcuno che sapesse o ricordasse, ma non<br />

si scorgeva un’anima. Gli uomini pareva si fossero dissolti<br />

nella nebbia che insolitamente gravava su quel luogo di venti<br />

e di bufere; e le porte e le finestre delle case vicine, forse mai<br />

apertesi per il disagio che dava lo stare al cospetto del grande<br />

isolato, restavano chiuse. Quando oramai avevo deciso di rinunziare<br />

alla mia insensata ricerca, vidi qualcuno uscire faticosamente<br />

dalle nebbie che ristagnavano sull’altura di sa<br />

Punta. Lo fermai con un gesto che voleva essere anche un<br />

saluto, e lui, un uomo senza età, con una bisaccia sulle spalle<br />

curve e il berretto a visiera calato sulla fronte, mi guardò<br />

sorpreso.<br />

– La cucina di zia Anzeledda e il mulino, ricordate?<br />

Indicavo le antiche mura, in parte rifatte, in parte scalzate<br />

alle fondamenta per uno sterro che prendeva tutta la strada.<br />

L’uomo stentava a trovare una risposta, pareva non capisse ciò<br />

che dicevo. Con la schiena ancora più curva, guardandomi in<br />

viso, fece un gesto per chiedermi di ripetere.<br />

– Il cancello del grande cortile e il mulino… non riesco<br />

a orientarmi –. Avrei voluto spiegare, dare una ragione, ma<br />

il senso di quella richiesta sfuggiva anche a me. Cercare ciò<br />

ch’è stato per capire ciò che è. Mi sentii ridicolo, e stavo per<br />

allontanarmi quando l’uomo, con un’espressione di contentezza<br />

inaspettata, mi mostrò una porticina chiusa, dicendo:<br />

– La chiesa è là –. Si riferiva alla cappella votiva di cui<br />

avevo sentito parlare. Spiegai che cercavo altro, e allora lui,<br />

toccandosi col dito l’orecchio destro, mi fece capire ch’era<br />

sordo. Abbassò la testa e riprese rassegnato la sua strada.<br />

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