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Avevamo superato la radura ed eravamo entrati in un<br />
boschetto dove le luci vincevano le ombre. Qua e là spuntava<br />
timidamente qualche ciclamino che lei non guardava<br />
neppure. Le sughere, distanziate una dall’altra, parevano distribuite<br />
a caso, ma osservando attentamente si capiva la sapiente<br />
selezione che avevano compiuto i venti e gli umori<br />
della terra. Usciti dal boschetto mi guardai attorno; cercavo<br />
l’orizzonte interrotto da altre radure e dai lecci che si alternavano<br />
alle sughere. Paschedda intuì ciò che cercavo.<br />
– <strong>Erthole</strong> si può vederlo a tratti. Chi lo guarda tutto insieme<br />
gli sale il sangue alla testa.<br />
– Maddalena… dove? –. Dicevano fosse quella la causa<br />
della disgrazia. Paschedda m’indicò una parte non visibile di<br />
<strong>Erthole</strong>, raccomandandomi ancora una volta di avere cura<br />
di me stesso.<br />
Eravamo arrivati alla strada e volevo farle compagnia fino<br />
al passaggio del camioncino. Mi disse che voleva restare sola,<br />
e io mi sentii incapace di comprendere gli strappi d’umore di<br />
una ragazza irrequieta. La salutai e tornai alla casa.<br />
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VII<br />
Percepivo difficoltà e rischi; intuivo che bisognava pensare<br />
tutto in modo completamente diverso, perfino le elementari<br />
funzioni della vita; capivo che stavo vivendo una<br />
grande avventura, eppure ero calmo, distaccato, divertito<br />
quasi, come se tutto dovesse accadere per necessità naturale.<br />
Non avevo le angosce che mi dava il mondo remoto dal<br />
quale volevo uscire, dove niente è lasciato al caso, tutto è<br />
programmato e il sapere, il fare e il decidere sono senza fondamento,<br />
o hanno l’effimero fondamento che possono dare<br />
i rigidi schemi dei «processi logici», degli «obiettivi primari»,<br />
delle «risorse limitate»… La vita è un gioco di compatibilità,<br />
di alternative non raffrontabili, di priorità e di benefici.<br />
L’approdo a <strong>Erthole</strong> poteva apparire un disimpegno, una fuga<br />
dalle responsabilità, una resa. Ma non pensavo niente di<br />
tutto ciò. Anzi mi sentivo pieno di attese, come se davanti a<br />
me ci fossero nuove possibilità di conoscenza, di comunicazione,<br />
di vita. A <strong>Erthole</strong> ci si smemorava. Ritornai alla casa,<br />
senza ricordo della strada percorsa.<br />
Sullo spiazzo sostava qualcuno. L’avevo intravisto da<br />
lontano, senza poterlo distinguere dal sasso sul quale sedeva.<br />
Con la testa china, pareva concentrasse la sua attenzione sul<br />
lungo bastone che lisciava pazientemente con un coltello a<br />
serramanico. Si sollevò la visiera del berretto, e guardando<br />
dal basso in alto con un mezzo sorriso mi disse ch’era lì per<br />
il benvenuto. Senza scomporsi, si calò di nuovo il berretto<br />
sugli occhi e riprese a levigare il suo bastone, come se volesse<br />
scoprire le infinite fibre di quel legno dal candore immacolato.<br />
Pareva molto giovane, un ragazzo forse. Gli chiesi da<br />
dove veniva e come si chiamava.<br />
– Tra vicini si usa.<br />
Lo invitai a entrare. Non si mosse, e per farmi capire<br />
che non accettava l’invito mi parlò d’altro.<br />
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