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no retti e normali dopo la deformazione (ipo<strong>tesi</strong> di normalità di Kirchhoff).<br />
Tale assunzione implica che tutte le deformazioni a taglio trasversali siano<br />
nulle nella piastra. Tuttavia è ben noto che la deformazione a taglio diventa<br />
sempre più importante all’aumentare del rapporto spessore-campata della<br />
piastra. Inoltre, quest’effetto andrebbe considerato quando una maggiore<br />
accuratezza dei modi o delle risposte è richiesta, anche per piastre sottili.<br />
Rilasciando l’ipo<strong>tesi</strong> di normalità, Mindlin et al. (1956), propose la cosidetta<br />
teoria della deformazione a taglio del primo ordine (first-order shear deformation<br />
theory, FSDT) per piastre moderatamente spesse. Il segmento retto<br />
originariamente normale ora diventa un segmento curvo che è strettamente<br />
approssimato in un senso di media da un segmento retto non normale, e come<br />
risultato, non solo lo spostamento, ma anche le rotazioni sono richieste per<br />
descrivere la deformazione della piastra. Un fattore di correzione a taglio κ<br />
è quindi introdotto per compensare gli errori risultanti dall’approssimazione<br />
fatta sulla distribuzione di deformazione a taglio non uniforme. Molti valori<br />
del fattore di correzione a taglio κ sono stati suggeriti. Per esempio,<br />
Reissner (1945) ha usato un valore di 5/6. Ci si dovrebbe rendere conto<br />
che quando si ha a che fare con piastre composite o altamente ortotrope,<br />
teorie di deformazione a taglio di ordine superiore possono essere necessarie<br />
in luogo di teorie del primo ordine perchè queste ultime potrebbero essere<br />
inadeguate. Le teorie di ordine superiore descrivono non solo le deformazioni<br />
a taglio trasversali, ma anche una variazione parabolica di esse attraverso<br />
lo spessore, e conseguentemente, non c’è bisogno di usare coefficienti di correzione<br />
a taglio per il calcolo delle tensioni a taglio. Questo miglioramento<br />
estende il modello per descrivere piastre relativamente spesse quando lo spessore<br />
può essere tanto grande quanto la metà della più piccola dimensione in<br />
pianta della piastra. Le teorie della piastra 2D offrono una manipolazione<br />
matematica relativamente semplice nelle implementazioni analitiche o computazionali.<br />
Esse riducono le dimensioni del problema della piastra (e quindi<br />
la dimensione del determinante dell’equazione agli autovalori) da tre a due<br />
indirizzando le quantità di interesse, come gli sforzi membranali, i momenti<br />
flettenti, e gli sforzi di taglio, in termini di certe medie sugli spostamenti<br />
attraverso la dimensione più piccola, cioè lo spessore. Queste semplificazioni<br />
sono inerentemente erronee, e perciò possono portare a risultati irrealistici<br />
per piastre relativamente spesse.<br />
In contrasto alle teorie 2D, nessuna assunzione è fatta nella teoria elastica<br />
tridimensionale che, non solo, fornisce soluzioni realistiche, ma inoltre tira<br />
fuori le caratteristiche fisiche delle piastre. Le soluzioni elastiche tridimensionali<br />
perciò forniscono una base reale per stimare le soluzioni delle teorie<br />
2D. Soluzioni discendenti dalla teoria esatta elastica tridimensionale sono diventate<br />
eminenti negli anni recenti. Questo è dovuto al rapido avanzamento<br />
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