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quotidiano locale. Solo casi eclatanti,
come la catena di suicidi avvenuti
nel carcere di Sulmona, interessano
i giornali nazionali e la televisione,
per un periodo di tempo limitato
al dato di cronaca. Sull’argomento
il Ministro della Giustizia manifestò
la sua meraviglia perché gli episodi
si erano verificati in una struttura
“modello”. Bisogna allora comprendere
cosa s’intende per “carcere
modello”. Se la classe politica
pensa che il carcere ideale è solo
quello non colpito dal sovraffollamento,
pur in mancanza di personale
qualificato ad accogliere e rieducare,
di strutture a misura d’uomo,
di un impegno che sconfigga l’ozio
forzato che giorno dopo giorno consuma,
allora il cammino verso una
detenzione diversa dall’attuale e
conforme ai principi costituzionali
è, per sempre, sbarrato.
La solitudine del detenuto è
enorme e non vi è una figura istituzionale
a cui egli può fare riferi-
mento per il rispetto dei suoi diritti.
Il Giudice di Sorveglianza è, ormai,
nella prassi occupato a smaltire le
innumerevoli pratiche che arrivano
al suo Ufficio e non esercita “la
vigilanza diretta ad assicurare che
l’esecuzione della custodia degli
imputati sia attuata in conformità
delle leggi e dei regolamenti”, così
come previsto dall’art. 69 dell’Ord.
Pen. L.26/7/1975, N.354.
In alcuni Comuni e Regioni è
stata istituita la figura del Garante
dei diritti dei detenuti. Gli Enti
Locali hanno compreso che era
necessario dare una forma di tutela
a coloro che sono ristretti nel loro
territorio. Il Garante, però, non ha
poteri riconosciuti e può svolgere
solo compiti di mediazione e persuasione
nei confronti dell’Amministrazione
Penitenziaria per i casi
di cui è venuto a conoscenza. Il progetto
di legge per l’istituzione di un
Garante a livello nazionale è fermo,
ma comunque la sua istituzione, da
sola, non risolverebbe i problemi
del carcere.
Le leggi, infatti, già ci sono, non
ne occorrono altre, ma s’impone,
invece, una volontà politica di spendere
in risorse umane e finanziarie a
favore dei detenuti, facendo comprendere
all’opinione pubblica che
la rieducazione ed il recupero dei
reclusi, sono propedeutici alla sicurezza
e libertà di ogni cittadino.
Un nuovo carcere è, dunque,
possibile, occorre un cambiamento
culturale.
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