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Scarica - Associazione Nazionale Magistrati

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gettata modifica della disciplina dei<br />

limiti del sindacato di legittimità<br />

sulla motivazione: si propone infatti<br />

di sostituire l’indicazione del caso di<br />

ricorso descritto nell’art. 606, lett. e),<br />

c.p.p., “mancanza o manifesta illogicità<br />

della motivazione, quando ..<br />

risulti dal testo del provvedimento<br />

impugnato”, con l’espressione “se<br />

manca o è contraddittoria o è manifestamente<br />

illogica la motivazione”,<br />

senza più alcun riferimento specifico,<br />

cioè, alla necessità della rilevanza<br />

testuale del vizio che ha rappresentato<br />

un efficace strumento di salvaguardia<br />

dei confini del giudizio di<br />

legittimità; ed invero la scelta codicistica<br />

di circoscrivere l’ambito di questo<br />

al controllo della struttura interna<br />

della motivazione è volta dichiaratamente<br />

(Relazione al progetto preliminare,<br />

pgg. 132, 133) ad evitare che<br />

esso si eserciti sul contenuto stesso<br />

della decisione.<br />

L’intento di superare i limiti odierni<br />

al sindacato di legittimità, i quali<br />

appaiono certamente conformi al<br />

ruolo di una corte suprema che controlli<br />

coerenza strutturale e congruenza<br />

logica del ragionamento giudiziale,<br />

si palesa poi con l’introduzione<br />

nel testo normativo della “contraddittorietà”<br />

quale vizio rilevante<br />

ed autonomo rispetto all’illogicità<br />

manifesta; evidente dunque l’obbiettivo<br />

realmente perseguito dal disegno<br />

di legge, perché solo così acquista<br />

senso un’interpolazione normativa<br />

altrimenti inutile.<br />

Coerente con tali premesse è la proposta<br />

di modifica del caso di ricorso<br />

individuato dalla lettera d) dell’art.<br />

606 c.p.p., che consente attualmente<br />

di denunciare la “mancata assunzione<br />

di una prova decisiva, quando la<br />

parte ne ha fatto richiesta a norma<br />

dell’art. 495, comma 2”: si tratta di<br />

una disposizione posta a tutela del<br />

diritto alla “controprova”, strettamente<br />

funzionale alla realizzazione<br />

della natura accusatoria del processo<br />

penale; con la riforma si intende eliminare<br />

il riferimento all’art. 495,<br />

comma 2, c.p.p., e dunque il collegamento<br />

del vizio alla richiesta di prova<br />

a discarico, per estendere la deducibilità<br />

con il ricorso per cassazione<br />

della mancata assunzione di una<br />

prova decisiva a tutti i casi in cui “la<br />

parte ne ha fatto richiesta, sempre<br />

che la stessa fosse ammissibile”.<br />

Anche tale impostazione esplicita il<br />

cedimento verso un terzo grado di<br />

merito: non può negarsi infatti che la<br />

generalizzata deducibilità della mancata<br />

assunzione di una prova, trasferendo<br />

il vizio dal novero degli errores<br />

in procedendo in quello degli<br />

errores in iudicando, possa fatalmente<br />

indurre all’esame degli atti.<br />

Ed in quest’ottica trovano la loro precisa<br />

collocazione anche quelle norme<br />

che, apparentemente ispirate all’esigenza<br />

di ridurre i tempi della giustizia,<br />

da un lato circoscrivono la<br />

facoltà di appello del pubblico ministero<br />

alle sole sentenze di condanna e<br />

da un altro escludono l’appellabilità<br />

delle sentenze di non luogo a procedere:<br />

con esse si trasferisce infatti nel<br />

“nuovo” giudizio di cassazione, vera<br />

terza istanza, anche il controllo sul<br />

55<br />

La<br />

Magistratura<br />

Organo<br />

della<br />

<strong>Associazione</strong><br />

<strong>Nazionale</strong><br />

<strong>Magistrati</strong><br />

Ordinamento Giudiziario

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