Quaderno CEI n 24-08 - Chiesa Cattolica Italiana
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questa ragione strumentale è, per definizione, incapace di porre il<br />
problema delle finalità o del senso. Basti verificare in quale direzione<br />
problematica è andato lo sviluppo. Significative le annotazioni<br />
della Sollicitudo rei socialis: “Debbo ripetere che non può ridursi a<br />
problema ‘tecnico’ ciò che, come lo sviluppo autentico tocca la dignità<br />
dell’uomo e dei popoli” (n. 41).<br />
Per una ragione, per una intelligenza strumentale che ritiene<br />
non vi sia altro che cose sottoponibili a misurazione, quantificazione,<br />
sperimentazione, per una cultura così fatta, è difficile porre argine<br />
a questa manipolazione sempre più estesa della realtà e dell’uomo.<br />
Se una cultura non riconosce i propri limiti, se in particolare<br />
non riconosciamo che oltre ad una intelligenza strumentale, ridotta<br />
a pura funzione di calcolo, possa esserci una intelligenza che<br />
si interroga sui fini e sul senso della quantità medesima, noi cospiriamo<br />
contro la realtà diffondendo un atteggiamento di manipolazione<br />
nei confronti della realtà e dell’uomo stesso.<br />
Pur riconoscendo il positivo di tale criterio di conoscenza,<br />
non possiamo sottrarci ad un rilievo critico: ritrovare quanto in noi<br />
non può essere esaurito in termini esclusivamente quantitativi.<br />
Questo avviene prendendo coscienza di ciò che in noi è soggetto, ciò<br />
che ci fa essere soggetti e non solo oggetti di investigazione scientifica.<br />
L’uomo, nella sua struttura, è precisamente questo essere di<br />
frontiera dell’oggettivo e del soggettivo, del vissuto, dell’individuale.<br />
Questo uomo è, al tempo stesso, colui che può essere oggetto della<br />
scienza, ma anche colui che fa scienza, colui che è soggetto di<br />
dialogo, che è sempre ‘altrove’ rispetto alla investigazione puramente<br />
scientifica.<br />
Una corretta indagine antropologica ha il compito di mantenere<br />
desto questo scarto rispetto alla pretesa delle scienze umane di<br />
cancellare questo dato che è la soggettività, la singolarità individuale,<br />
la qualità. Quando si dimentica che l’uomo, proprio per il suo<br />
essere alla frontiera del soggettivo e dell’oggettivo non può essere<br />
soltanto oggetto di scienza, ma ne è anche il soggetto responsabile,<br />
si smarrisce la possibilità di una adeguata comprensione dell’uomo<br />
stesso. Con il progressivo dilatarsi del criterio di verità proprio delle<br />
scienze si realizza quanto scriveva Herbert Marcuse: “La riduzione<br />
della natura in termini di quantità ha portato a fornire di essa una<br />
spiegazione puramente quantitativa, ha separato la realtà da ogni<br />
scopo e di conseguenza, la verità dal bene, la scienza dall’etica”. Il<br />
progetto che soggiace a questo grande sviluppo della società tecnologica<br />
sarebbe quello che si basa sulla separazione tra realtà da un<br />
lato e finalità dall’altro, scienza da un lato e valori etici dall’altro.<br />
Eppure senza sapienza dei fini o dei valori etici non c’è scienza dei<br />
mezzi. Dobbiamo allora mirare ad una eccellenza formativa che coniughi<br />
scienza dei mezzi – logica della quantità – e sapienza dei fini<br />
– logica della qualità.<br />
4° CONVEGNO DEI COLLEGI UNIVERSITARI DI ISPIRAZIONE CRISTIANA