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Scarica l'allegato - Database Comuni Italiani - EdiPol

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za, peraltro, creare alcun intralcio alla<br />

circolazione.<br />

Il giudice di pace, riscontrando nella<br />

fattispecie la esimente dello stato di necessità,<br />

di cui all’art. 4 della legge n.<br />

689 del 1981, con sentenza depositata<br />

il 19 luglio 2001, accoglieva il ricorso<br />

e annullava il verbale di contestazione.<br />

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso<br />

per cassazione il Comune di<br />

Terni deducendo due motivi. L’intimata<br />

non si è costituita.<br />

Motivi della decisione<br />

Con il primo motivo del ricorso, si deduce<br />

violazione e/o falsa applicazione<br />

dell’art. 4 della legge 24 novembre<br />

1981, n. 689, dell’art. 54 cod. pen.,<br />

degli artt. 2697 e 2907 cod. civ., dell’art.<br />

99 cod. proc. civ., nonché omessa,<br />

insufficiente e/o contraddittoria motivazione<br />

su di un punto decisivo della<br />

controversia. Si lamenta che il giudice<br />

di pace abbia ritenuto la sussistenza,<br />

nella specie, della esimente<br />

dello stato di necessità alla stregua di<br />

prove non offerte e di circostanze inidonee<br />

a configurarla, avendone riconosciuta<br />

la sussistenza sulla base della<br />

sola dichiarazione della opponente<br />

di aver dovuto accompagnare il proprio<br />

figliuolo disabile a casa e di aver<br />

trovato occupato il parcheggio a lui riservato<br />

in quanto invalido.<br />

Con il secondo motivo, si lamenta violazione<br />

e/o falsa applicazione degli<br />

artt. 2697 cod. civ., 196, commi 1 e 4,<br />

del codice della strada, art. 6, primo<br />

comma, della legge n. 689 del 1981,<br />

dell’art. 158, comma 1, lett. 9), e 159,<br />

lett. b), ancora del codice della strada,<br />

nonché omessa pronuncia su punti decisivi<br />

della controversia. L’intimato,<br />

quale intestatario del veicolo, non ha<br />

neppure fornito la prova liberatoria<br />

consentitagli dall’art. 196, comma 1,<br />

del codice della strada, che la circolazione<br />

del mezzo sia avvenuta contro<br />

la sua volontà. Peraltro, la violazione<br />

del divieto di sosta in doppia fila presenterebbe<br />

in sé la caratteristica di intralcio<br />

e pericolo per la circolazione,<br />

con la conseguenza che esso dovrebbe<br />

essere rispettato anche da coloro<br />

che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto<br />

degli invalidi.<br />

Il primo motivo è fondato. L’esclusione<br />

della responsabilità per violazioni<br />

amministrative derivante da "stato di<br />

necessita", secondo la previsione dell’art.<br />

4 della legge n. 689 del 1981, postula,<br />

in applicazione degli artt. 54 e<br />

59 cod. pen., che fissano i principi generali<br />

della materia, una effettiva situazione<br />

di pericolo imminente di<br />

danno grave alla persona, non altrimenti<br />

evitabile, ovvero l’erronea persuasione<br />

di trovarsi in tale situazione,<br />

persuasione provocata da circostanze<br />

oggettive (v., tra le altre, Cass., n. 4710<br />

del 1999, n. 287 del 2005).<br />

La decisione impugnata non risulta rispettosa<br />

del citato dato normativo,<br />

avendo il giudicante erroneamente riconosciuto<br />

la configurabilità della esimente<br />

di cui si tratta senza che ne sussistessero<br />

i descritti presupposti. In particolare,<br />

dalla sola dichiarazione della<br />

V. di aver dovuto, nel giorno e nella<br />

fascia oraria cui si riferisce la contestazione,<br />

accompagnare il proprio<br />

figliuolo disabile e di aver rinvenuto<br />

occupato lo spazio riservato al parcheggio<br />

della sua autovettura, munita<br />

di permesso di parcheggio per invalidi,<br />

non era in alcun modo desumibile<br />

la sussistenza di un pericolo avente le<br />

caratteristiche richieste dall’art. 54<br />

cod. pen., trattandosi di una fattispecie<br />

del tutto carente dell’elemento del<br />

pericolo imminente di danno grave alla<br />

persona, non altrimenti evitabile,<br />

per evitare il quale l’agente sia stato<br />

costretto a tenere il comportamento<br />

sanzionato.<br />

Le suesposte argomentazioni danno ragione<br />

della superfluità dell’esame del<br />

secondo motivo del ricorso, che ne resta,<br />

pertanto, assorbito. Il primo motivo<br />

del ricorso deve, pertanto, essere<br />

accolto, assorbito il secondo. La sentenza<br />

impugnata va, conseguentemente,<br />

cassata, e, non essendo necessari<br />

ulteriori accertamenti in fatto, questa<br />

Corte, può, ai sensi dell’art. 384, primo<br />

comma, cod. proc. civ., decidere<br />

la causa nel merito, rigettando la opposizione.<br />

La decisione nel merito<br />

comporta il necessario regolamento<br />

delle spese del giudizio di primo grado,<br />

in relazione alle quali si ritengono<br />

sussistenti giusti motivi per la compensazione.<br />

Quanto alle spese del giudizio<br />

di legittimità, esse vanno poste a<br />

carico dell’intimato, e liquidate come<br />

da dispositivo.<br />

15<br />

P.Q.M.<br />

La Corte accoglie il primo motivo del<br />

ricorso, assorbito il secondo. Cassa la<br />

sentenza impugnata, e, decidendo nel<br />

merito, rigetta la opposizione. Compensa<br />

le spese del giudizio di primo<br />

grado, e condanna l’intimata al pagamento<br />

delle spese del giudizio di legittimità,<br />

che liquida in complessivi euro<br />

400,00, di cui euro 350,00 per onorari,<br />

oltre alle spese generali ed accessorie<br />

di legge.<br />

FOTOCOPIA<br />

CONTRASSEGNO INVALIDI:<br />

È REATO<br />

Suprema corte di cassazione<br />

Sentenza 11-07-2005 / 30-09-2005,<br />

n. 35165<br />

Svolgimento del processo:<br />

Motivi della decisione<br />

D. Loris è stato condannato dal Tribunale<br />

dell’Aquila alla pena di m. 6<br />

di reclusione per il delitto di cui agli<br />

artt. 477-482 c.p., avendo alterato la<br />

fotocopia di un certificato del servizio<br />

veterinario dell’USL n. 1 di Agnone,<br />

inserendovi un capo bovino e modificando<br />

la data. La corte d’appello<br />

confermava. Ricorre il difensore, deducendo<br />

il vizio di motivazione e la<br />

violazione di legge:<br />

il fatto non sussiste, poiché il falso cade<br />

su una semplice fotocopia; Non<br />

v’è prova della commissione del fatto,<br />

onde può al più configurarsi, nella<br />

specie, il reato di cui allo art. 489<br />

c.p.; erroneamente non è stata applicata<br />

l’attenuante di cui all’art. 482<br />

c.p. e sono state negate le generiche,<br />

nonché la sospensione condizionale<br />

della pena.<br />

Le doglianze sono prive di fondamento.<br />

È versata in fatto quella che<br />

nega la commissione dell’addebito, in<br />

spregio alla ricostruzione storica del<br />

fatto, così come operata dai giudici di<br />

merito. Infondate sono tutte le altre.<br />

Fuorviante e fallace è la tesi secondo<br />

cui il reato di falso si configura se abbia<br />

ad oggetto una copia fotostatica.<br />

Tanto può, infatti, affermarsi solo se<br />

la copia predetta sia presentata come<br />

tale, dal momento che essa produce

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