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Scarica l'allegato - Database Comuni Italiani - EdiPol

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tore eventualmente “deceptus” e se la falsificazione<br />

del bene sia “grossolana” o<br />

meno (cfr. Guida al diritto - Sole 24 Ore<br />

n. 27 del 10.7.2004, p. 58 ss. “ Punita la<br />

vendita di prodotti contraffatti anche se il<br />

falso non inganna l’acquirente”, con nota<br />

di Marco Galdieri “La normativa ha la<br />

funzione di tutelare l’affidamento della<br />

collettività dei marchi”).<br />

La Cassazione penale aggiunge inoltre<br />

l’affermazione che si tratta di reato di pericolo,<br />

che non esige l’inganno ai danni<br />

dell’acquirente, né al contrario che la<br />

contraffazione sia “grossolana” e le condizioni<br />

di vendita tali da rendere edotto<br />

l’acquirente della reale natura e provenienza<br />

della merce. In particolare, secondo<br />

il giudice di legittimità l’ipotesi di<br />

reato dell’art. 474 c.p. è volta a tutelare<br />

in via principale e diretta non la libera determinazione<br />

dell’acquirente, ma la pubblica<br />

fede, intesa come affidamento della<br />

collettività nei marchi e segni distintivi<br />

che individuano le opere dell’ingegno<br />

od i prodotti industriali e ne garantiscono<br />

la circolazione.<br />

Si tratta in effetti di una tutela penale anticipata<br />

della pubblica fede, “anticipata”<br />

rispetto alla soglia di lesione dell’affidamento<br />

collettivo, a nostro avviso, tale da<br />

prescindere dall’accertamento della volontà<br />

dell’acquirente e della sua rappresentazione<br />

della realtà dei fatti.<br />

Infatti, rappresentazione e volontà del singolo<br />

acquirente attengono alla formazione<br />

e manifestazione del consenso negoziale,<br />

ciò che nell’art. 474 codice penale<br />

esula dalla struttura del reato e dal bene<br />

giuridico che si vuole tutelare (la pubblica<br />

fede).<br />

La ricostruzione proposta dalla Cassazione<br />

induce quindi a considerare irrilevante<br />

l’errore negoziale del contraente,<br />

da un lato, così come l’eventuale dolo del<br />

venditore, dall’altro, in ordine alla veridicità<br />

del marchio, almeno ai fini dell’art.<br />

474 c. p..<br />

Deve peraltro essere segnalato che tali<br />

elementi di vizio della volontà negoziale<br />

hanno invece rilievo in ordine alla<br />

eventuale truffa perpetrata ai danni del<br />

consumatore- acquirente, nel caso in cui<br />

concorrano artifizi o raggiri posti in essere<br />

dal venditore (art. 640 codice penale),<br />

ovvero ai sensi dell’art. 517 codice penale<br />

in ordine al marchio non registrato.<br />

In definitiva, nella sentenza in commento<br />

si evidenzia che l’art. 474 codice penale<br />

tutela l’affidamento collettivo in or-<br />

dine ai marchi registrati, onde evitare confusione<br />

nelle transazioni commerciali,<br />

non l’affidamento del singolo che si determina<br />

all’acquisto.<br />

Ciò in quanto è rilevante penalmente anche<br />

la sola detenzione della merce contraffatta,<br />

quando ad esempio la merce è<br />

addosso al venditore, in cassaforte, nelle<br />

borse, e non vi sono in atto trattative o<br />

apparenti contatti con potenziali clienti,<br />

finalizzati alla vendita.<br />

4.2. L’orientamento precedente ( paragr.<br />

3) quindi viene rovesciato e confutato dalla<br />

Cassazione penale che respinge, con<br />

una inversione di tendenza, detta impostazione<br />

con la citata sentenza n.<br />

2926/2004.<br />

Si ricostruisce l’art. 474 c.p. in modo innovativo<br />

per una serie di ragioni:<br />

- anzitutto per la lettera della norma, che<br />

non esige l’avvenuta compravendita;<br />

- la collocazione sistematica dell’art. 474<br />

codice penale nel libro II, titolo dei reati<br />

contro la fede pubblica;<br />

- la evidente rilevanza collettiva ( e non<br />

individuale) del bene tutelato dalla<br />

norma incriminatrice, la pubblica fede,<br />

che è, come noto, un bene di rango collettivo;<br />

- la fattispecie in esame non tutela quindi<br />

un bene giuridico individuale, cioè la<br />

libera determinazione del compratore);<br />

- il reato è di pericolo; quindi non occorre<br />

che si verifichi un inganno ai danni del<br />

singolo acquirente;<br />

- è quindi irrilevante che la contraffazione<br />

sia o meno “grossolana”, ovvero agevolmente<br />

riconoscibile da persone di ordinaria<br />

diligenza ed esperienza;<br />

- sono altresì irrilevanti le concrete modalità<br />

di vendita, poiché il successivo uso<br />

e la diffusione dei beni contraffatti possono<br />

comunque generare confusione nel<br />

pubblico (Cassazione penale sezione II,<br />

sentenza 8.11.2001/39863).<br />

5) La tesi del c.d.<br />

falso grossolano inoffensivo<br />

Sono discutibili pertanto le argomentazioni<br />

talora poste a sostegno della tesi del<br />

c.d. falso “inoffensivo”, sub specie di contraffazione<br />

grossolana, nel commercio<br />

abusivo, fondate sulla regola che non è<br />

punibile ciò che non reca offesa ad alcuno,<br />

né al bene giuridico tutelato (“falsitas<br />

quae nemimi nocet non punitur”).<br />

Come noto, il falso in genere è classifi-<br />

83<br />

cabile come grossolano quando sia così<br />

immediatamente riconoscibile da non poter<br />

fare cadere in errore alcuno (cfr.<br />

Fiandaca- Musco , Diritto penale p. speciale,<br />

vol. I, ed. 3°, 2002, 534 ss.).<br />

La stessa giurisprudenza tuttavia esclude<br />

rigorosamente la punibilità del falso solo<br />

quando sia di evidente grossolanità, tale<br />

da risultare “assolutamente” inidoneo a<br />

trarre in inganno la generalità dei cittadini.<br />

Il reato di falso invece permane quando<br />

il falso presenti imperfezioni che pure<br />

riconoscibili da persone esperte, non<br />

rendono impossibile l’inganno rispetto alla<br />

media delle persone (Cass. 27.5.1992<br />

, in Riv. Pen. 1992 , 733).<br />

Nei casi all’attenzione di alcuni tribunali<br />

penali è stata sostenuta dai difensori anche<br />

la tesi del reato impossibile per inidoneità<br />

dell’azione (art. 49 codice penale).<br />

Il ragionamento partiva dal carattere<br />

inoffensivo della falsificazione delle merci<br />

in vendita, posta la chiara riconoscibilità<br />

nella circostanza di merce “diversa”<br />

da quella originale “griffata”, sia per il<br />

prezzo, sia per la condizione del venditore,<br />

sia per le altre modalità della vendita.<br />

In tema di falso si rinviene in effetti<br />

giurisprudenza che afferma la inidoneità<br />

dell’azione ad ingannare la fede pubblica,<br />

quando la falsificazione risulti evidente<br />

all’uomo medio (Cassazione penale,<br />

sezione V, 9.10.1981 n. 8659, idem,<br />

9.7.1981 n. 6780; in dottrina per la tesi<br />

del falso innocuo proprio in ordine all’art.<br />

474 c.p. FASCE , Brevi note in ordine all’innocuità<br />

del falso in relazione all’art.<br />

474 c.p. in Riv. Pen. 2001, 275).<br />

In effetti tali pronunce attengono al settore<br />

del falso documentale, più che del<br />

falso commerciale.<br />

6) Il delitto di vendita<br />

di prodotti industriali<br />

con segni mendaci (art. 517 c.p.).<br />

Differenze rispetto all’art. 474 c.p.<br />

La disamina dell’art. 474 codice penale<br />

non può risultare completa senza un confronto<br />

con altre disposizioni penali ed in<br />

particolare con l’art.517 codice penale,<br />

che punisce la vendita di prodotti industriali<br />

con segni mendaci.<br />

Si tratta di un reato di pericolo, al pari dell’art.<br />

474 c.p., che punisce chi mette in<br />

circolazione prodotti industriali con nomi,<br />

marchi e segni distintivi, nazionali o<br />

esteri, atti ad indurre il compratore in inganno<br />

circa origine, provenienza o qua-

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