Scarica l'allegato - Database Comuni Italiani - EdiPol
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di merito, anche autorevoli, si trova<br />
veramente di tutto, anche la singolare<br />
interpretazione che la qualifica di<br />
Polizia giudiziaria sarebbe legata non<br />
già all’orario di servizio, ma al contenuto<br />
del “foglio di servizio”, cioè del<br />
mansionario del giorno dell’operatore<br />
di Polizia municipale; tesi fatta propria<br />
dalla Corte di Appello di Roma e<br />
poi…fatta a pezzi (anche se con argomentazioni<br />
non proprio stratosferiche,<br />
dalla Corte di Cassazione).<br />
Mi permetto, dunque, di invitarvi a<br />
leggere integralmente il testo della motivazione.<br />
Potrete convenire con me che, per trovare<br />
indirizzi interpretativi, è un dovere<br />
culturale ed operativo quello di<br />
non affidarsi alle pronunce di Giudici<br />
che non siano quelli ai quali la Legge<br />
di Ordinamento Giudiziario affida i<br />
compiti che ho più sopra virgolettato.<br />
IN FATTO E DIRITTO<br />
Con sentenza del 21 febbraio 2001. il<br />
Tribunale di Rieti/Poggio Mirteto dichiarava<br />
F, B. colpevole del reato<br />
ascrittogli - perché in più occasioni<br />
aveva minacciato il vigile urbano terze<br />
persone, al fine di fargli omettere<br />
atti del suo ufficio nella propria azienda<br />
- e lo condannava, con le attenuanti<br />
generiche, alla pena di quattro<br />
mesi e dieci giorni di reclusione.<br />
Contro tale decisione proponeva appello<br />
l’imputato, chiedendo di essere<br />
assolto per insussistenza del fatto o<br />
dell’elemento psicologico, quanto meno<br />
ai sensi dell’art. 530 c.2 c.p.p., e,<br />
in via subordinata, che la pena irrogatagli<br />
in primo grado fosse diminuita.<br />
A seguito del giudizio di appello la<br />
Corte d’appello di Roma con sentenza<br />
30 gennaio 2002 n.839 riformava<br />
la decisione di primo grado, riqualificando<br />
giuridicamente il fatto come minaccia<br />
grave e determinando la pena,<br />
con le attenuanti generiche già concesse,<br />
in venti giorni di reclusione.<br />
Avverso la suddetta sentenza ha proposto<br />
ricorso per cassazione, chiedendone<br />
l’annullamento per il seguente<br />
motivo:<br />
•inosservanza o erronea applicazione<br />
degli artt.57 c.2 lett. b)330,347 c.p.p.<br />
e 4 u.c. L.1985 n.47 perché la sen-<br />
tenza impugnata ha ritenuto che, essendosi<br />
il Vigile Urbano recato presso<br />
l’azienda dell’Imputato per il controllo<br />
degli scarichi di acque reflue, fosse<br />
fuori del compito da lui assunto rivolgere<br />
domande all’interessato in ordine<br />
alla presenza di alcuni scavi e alla<br />
mancanza del prescritto cartello -, in<br />
contrasto con la regola posta con le<br />
norme sopra indicate, per cui i vigili<br />
comunali e provinciali sono agenti di<br />
Polizia giudiziaria non solo nei limiti<br />
del servizio cui sono destinati e secondo<br />
le rispettive attribuzioni, (art.57<br />
u.c. c.p.p.), ma quando sono in servizio,<br />
cioè durante l’orario di servizio.<br />
L’impugnazione è fondata.<br />
L’art. 57 c.2 lett. b) c. p. p., attribuisce<br />
alle guardie delle province e dei comuni<br />
quando sono in servizio, nell’ambito<br />
territoriale dell’ente di appartenenza,<br />
la qualifica di agenti di<br />
Polizia giudiziaria, la quale, per correlazione<br />
degli artt.55, 330 e 347<br />
c.p.p., comporta che gli stessi devono<br />
prendere notizia dei reati anche di<br />
propria iniziativa, impedire che vengano<br />
portati a conseguenze ulteriori,<br />
ricercarne gli autori, compiere gli atti<br />
necessari a raccogliere le fonti di prova<br />
e raccogliere quant’altro possa servire<br />
per l’applicazione della legge penale<br />
e, quindi, riferire senza ritardo al<br />
pubblico ministero per iscritto gli<br />
estremi essenziali del fatto e gli altri<br />
elementi raccolti, indicando le fonti di<br />
prova e le attività compiute, delle quali<br />
trasmettono la documentazione. Nel<br />
quadro generale dei poteri-doveri inerenti<br />
alla funzione della Polizia giudiziaria<br />
si inseriscono quelli conferiti<br />
dalla L. 28 febbraio 1985 n.47, recante<br />
norme in materia di controllo<br />
dell’attività urbanistico-edilizia, che<br />
all’art.4, concernente la vigilanza sulla<br />
predetta attività, assegna agli ufficiali<br />
e agenti di Polizia giudiziaria la<br />
funzione di assicurare nei luoghi in cui<br />
si realizzano le opere l’esibizione della<br />
concessione e l’esposizione del prescritto<br />
cartello e di dare alle autorità<br />
giudiziaria e amministrativa (sindaco<br />
e presidente della giunta regionale)<br />
immediata comunicazione dei casi di<br />
presunta violazione urbanistico-edilizia.<br />
In base a queste disposizioni il vigile<br />
urbano in servizio svolge nel territorio<br />
comunale la funzione di agente<br />
di Polizia giudiziaria (Cass., Sez. 1^,<br />
97<br />
9 maggio 1995 n.8281, ric. Macrì)<br />
esercitando nella loro pienezza i compiti<br />
inerenti a tale funzione, indipendentemente<br />
dai limiti del servizio che<br />
gli sia stato specificamente assegnato.<br />
Legittimamente, pertanto, il vigile urbano<br />
che, trovandosi ad espletare un<br />
controllo sulla regolarità degli scarichi<br />
delle acque reflue, rileva nel recinto<br />
dell’azienda l’esistenza di scavi in corso,<br />
svolge indagini sulla natura edilizia<br />
di detti scavi prendendo atto dell’inesistenza<br />
dei prescritti cartelli, in<br />
quanto la sua qualifica di agente di<br />
p.g. ed i compiti assegnatigli dall’art.4<br />
L. n.4/85 gli impongono di registrare<br />
l’attività urbanisticamente rilevante in<br />
corso di esecuzione e di denunciare<br />
le presunte violazioni, anche se questo<br />
non rientra nei limiti del servizio<br />
che ne ha determinato l’intervento (cfr.<br />
Cass., Sez. 6^, 6 maggio 1983 n.7974,<br />
ric. Notarangelo). Gli atti di controllo<br />
della legittimità dell’attività urbanistico<br />
edilizia e degli adempimenti di natura<br />
amministrativa ad essa pertinenti<br />
costituiscono atti dell’ufficio del vigile<br />
urbano nel senso indicato dall’art.336<br />
c.p., per cui si rende colpevole<br />
del reato previsto da questa norma<br />
chiunque gli usa violenza o minaccia<br />
per costringerlo a omettere tale<br />
attività. Nella fattispecie concreta il<br />
riferimento della minaccia di morte<br />
proferita dal ricorrente all’intervento<br />
di controllo del vigile urbano è contenuto<br />
nell’espressione se non ti fai i fatti<br />
tuoi, da lui rivolta al pubblico ufficiale<br />
allorché questi aveva iniziato a<br />
porgli domande in ordine agli scavi in<br />
corso all’interno dell’azienda e al rilievo<br />
dell’inesistenza dei cartelli prescritti,<br />
per cui non v’è dubbio che la<br />
minaccia non possa considerarsi nella<br />
vicenda reato autonomo, ma sia elemento<br />
costitutivo del reato di resistenza<br />
a pubblico ufficiale, secondo la<br />
qualificazione giuridica esattamente<br />
data al fatto dal Giudice di primo grado.<br />
La concessione delle attenuanti generiche<br />
determina la riduzione del<br />
massimo edittale ai fini del calcolo del<br />
periodo prescrittivo, che si riduce, pertanto,<br />
con le interruzioni, a un massimo<br />
di sette anni e sei mesi, decorsi il<br />
15 giugno 2002, per cui la sentenza<br />
impugnata dev’essere annullata per<br />
l’estinzione del reato in dipendenza<br />
della causa suddetta.