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complimenti a.... - Siae

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VIVAVERDI<br />

16<br />

arte<br />

A destra Fortunato Depero:<br />

Rotazione di ballerina e pappagalli 1917.<br />

Olio su tela cm. 140,5X89,5 (MART).<br />

Sotto foto storica dei protagonisti<br />

del movimento Futurista.<br />

Da sinistra Luigi Russolo, Carlo Carrà, Filippo<br />

Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Gino Severini.<br />

Marinetti si era iscritto alla <strong>Siae</strong> il 19 maggio 1920.<br />

Nel 1938 aveva sottoscritto, come richiesto dalle leggi<br />

di allora, un documento ulteriore per la validità<br />

dell’iscrizione alla <strong>Siae</strong>, contenente, oltre alle<br />

dichiarazioni sulla sua religione, su quella paterna e<br />

materna, anche un autoattestato spontaneo<br />

apponendo sotto la firma “sansepolcrista”<br />

FUTURISMO/1<br />

LA RELIGIONE<br />

SECOLARE DEL ‘900<br />

di Stefano Velotti<br />

Non si può far finta di ignorare, quel che tutti<br />

sanno, e cioè che le celebrazioni del futurismo<br />

specie le più affrettate - sono gravate da valutazioni<br />

di carattere politico. Se c’è un carattere<br />

incontestabile, per esempio, dell’avanguardismo<br />

italiano, e specialmente futurista, è senz’altro<br />

quello del nazionalismo, che Emilio Gentile<br />

ha chiamato “il mito dell’Italianismo”, della<br />

nascita del “nuovo Italiano”, di “un nuovo<br />

stile italiano” (e che Marinetti invocava, per<br />

esempio, come “Italianità parossista”). Dato<br />

poi l’attuale clima di crisi, economica e identitaria,<br />

e di conseguenti protezionismi striscianti<br />

e localismi gridati, c’è chi guarda con preoccupazione<br />

ai prossimi grandi anniversari storici<br />

che ci attendono: il 2011 (150° anniversario<br />

dell’Unità d’Italia) - che potrà essere una<br />

grande occasione di studio e riflessione e/o<br />

un’abbuffata di retorica e di strumentalizzazioni,<br />

di “azioni parallele” e bisticci – e poi, più<br />

lontano ma non troppo, il centenario, nel 2022,<br />

della funesta marcia.<br />

Qui vorremmo parlare però ‘dell’estetica del<br />

futurismo’ (o, forse meglio, della sua poetica -<br />

intenzioni, manifesti, tecniche, ambiti e modalità<br />

di intervento - e delle sue effettive realizzazioni,<br />

nella prospettiva di una riflessione<br />

estetica). Ma il fatto è che non basta guardare<br />

alla mitizzazione del movimento, della simultaneità,<br />

della macchina, o alle singole realizzazioni,<br />

per trovare i caratteri di una poetica o di<br />

una pratica futurista, perché nel futurismo non<br />

è possibile scindere l’estetica dalla politica, l’arte<br />

Il centenario del Manifesto futurista, che cominciò a circolare in tutta Europa a partire dalla sua<br />

pubblicazione a Parigi sulla prima pagina del Figaro del 20 febbraio 1909 – dopo essere uscito a<br />

Bologna e in altri luoghi nei quindici giorni precedenti – ha mobilitato in Italia e un po’ anche<br />

all’estero musei e istituzioni, riviste e editori, curatori e storici, critici, politici, filosofi, artisti, letterati,<br />

musicisti e giornalisti. Alle grandi mostre - impegnative, ben pensate e ben curate (innanzitutto a<br />

Rovereto, a Milano, a Venezia) – si affiancano mostre locali più focalizzate su personaggi ed episodi<br />

dell’avanguardia futurista, e altre messe insieme senza pensarci troppo, acquistate come un<br />

pacchetto estero “tutto incluso” per un evento artistico-turistico (di casa nostra). Molta critica<br />

internazionale, Francia in testa – mentre l’America appare divisa su valutazioni contrastanti - tende<br />

a circoscrivere o minimizzare l’importanza artistica del movimento, a favore di altri – ismi; in Italia,<br />

invece, abbiamo ormai a disposizione l’intera gamma di reazioni possibili, che coinvolgono<br />

inevitabilmente, data la natura totale del futurismo, piani diversi.<br />

dall’aspirazione a una palingenesi o rivoluzione<br />

totale. Perfino lo “svaticanamento” auspicato<br />

da Marinetti nei suoi diari e nei suoi scritti<br />

(e tra tutte le profezie futuriste azzeccate, questa<br />

è rimasta senz’altro inadempiuta), perfino<br />

l’ “espulsione del Papato” (insieme a quella del<br />

Parlamento, dell’educazione superiore e dell’analfabetismo,<br />

della questura – “i cittadini si<br />

devono difendere da sé”! – dei musei e di ogni<br />

ancoraggio nel passato), era solo la condizione<br />

per la creazione di una nuova religione secolare<br />

onnipervasiva. L’arte futurista, insomma, è<br />

solo una parte di un progetto rivoluzionariopalingenetico<br />

di carattere antropologico-politico-culturale<br />

totale. E i suoi legami profondi<br />

con il fascismo non devono essere minimizzati,<br />

né circoscritti a una fase ‘rivoluzionaria’ iniziale.<br />

La partecipazione attiva al fascismo di un<br />

Marinetti o di un Sironi, che restarono fedeli a<br />

Mussolini anche negli anni della Repubblica di<br />

Salò, non è dovuta infatti a circostanze individuali<br />

o contingenti, ma ha un legame profondo<br />

con tutta l’impresa futurista.<br />

Tuttavia, così come sarebbe sbagliato limitarsi<br />

a discettare su questioni formali o di “resa artistica”,<br />

senza affrontare il legame essenziale<br />

del futurismo con la politica, l’etica e<br />

l’antropologia, altrettanto sbagliato sarebbe<br />

schiacciare senz’altro il futurismo sul fascismo.<br />

Se Mussolini poteva affermare “formalmente”<br />

nei suoi Taccuini che, “senza futurismo non vi<br />

sarebbe stata rivoluzione fascista”, è anche vero<br />

che i futuristi vedevano nel fascismo solo una<br />

realizzazione parziale, minimale, dei loro idea-

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