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complimenti a.... - Siae

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In basso a sinistra Nino Ferrer e a<br />

destra Nino Taranto in “Io, Agata e tu”<br />

di Dino Verde e Bruno Broccoli (1969).<br />

Foto RaiTeche<br />

VIVAVERDI<br />

64<br />

musica<br />

NINO FERRER<br />

DA “DONNA ROSA”<br />

A “POVERO CRISTO”<br />

di Ernesto de Pascale<br />

Sono passati quasi dieci anni dal giorno in cui Nino Ferrer, nome d’arte di Agostino Ferrari, si<br />

toglieva la vita con un colpo di fucile da caccia. Nato il 15 agosto del 1934 a Genova da padre<br />

italiano e madre francese, con una carriera interamente divisa tra un versante e l’altro delle Alpi,<br />

tra l’Italia e la Francia, Ferrer è stato uno di quegli esempi di creatività esplosiva e difficilmente<br />

catalogabile, un artista intenso ed eclettico di cui l’Italia, ancora oggi, probabilmente non si ricorda<br />

Ferrer trascorre l’infanzia in Nuova Caledonia,<br />

dove suo padre, ingegnere, è impiegato<br />

in una miniera di nichel. Un’infanzia felice,<br />

in una famiglia dotata di una certa sensibilità<br />

artistica, ma interrotta brutalmente<br />

dall’irrompere della guerra. Nel 1939 Ferrer<br />

viene costretto a<br />

trasferirsi nuovamente<br />

in Italia<br />

con la<br />

madre, dove<br />

rimane<br />

fino alla<br />

conclusione<br />

del conflitto.<br />

Nel<br />

1947 Nino è di<br />

nuovo a Parigi,<br />

con la famiglia ri-<br />

mai abbastanza ma è stato recentemente celebrato al Premio Ciampi di Livorno.<br />

unita,e nella capitale francese compie gli<br />

studi superiori per poi laurearsi in lettere e<br />

filosofia, indirizzo archeologico, all’Università<br />

della Sorbonne. La<br />

passione per la musica presto lo<br />

travolge, gettando parzialmente<br />

nell’ombra quelle per la storia e<br />

le arti figurative.<br />

Al termine degli studi compie<br />

un viaggio a cui partecipa anche<br />

in veste di archeologo, ma al suo ritorno<br />

a Parigi, resosi conto che molti<br />

dei lavori erano mal pagati o poco interessanti,<br />

sceglie di diventare un<br />

musicista jazz, forte della<br />

passione che coltivava<br />

per questo genere di<br />

musica e del fatto di<br />

saper suonare numerosi<br />

strumenti. Suona<br />

prima con Richard<br />

Bennet and<br />

the Dixiecats, poi<br />

con Bill Coleman.<br />

Nasce così la carriera<br />

di un vero outsider, che sarà capace,<br />

destreggiandosi tra alti e bassi, di regalare alla<br />

storia della musica autentici successi.<br />

Alla fine degli anni Cinquanta si esibisce<br />

anche con Nancy Halloway, girando<br />

tutti i locali notturni della<br />

capitale francese e incidendo una<br />

decina di 45 giri per una piccola etichetta.<br />

Scrive brani dalle atmosfere<br />

gospel, che vanno incontro a vari rifiuti<br />

da parte delle etichette, fino al<br />

momento in cui, dopo aver ascoltato<br />

Sam Cooke e Sam and Dave, il suo stile<br />

giunge ad una svolta. Scoperto e affinato<br />

un suo timbro di voce del<br />

tutto particolare, dalle<br />

tonalità roche, fonda<br />

presto un suo gruppo<br />

di rhythm‘n’blues incidendo<br />

con esso un<br />

primo 33 giri che<br />

contiene già due<br />

brani destinati a diventare<br />

dei classici:<br />

Le port de salut e

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