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complimenti a.... - Siae

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l’ultimo applauso<br />

per necessità di sopravvivenza, le difficoltà<br />

che la vita inesorabilmente ti prepara lungo<br />

la strada. Della sua vita artistica si è detto<br />

tutto e non sto ad aggiungere altro. E poi<br />

non c’è come morire per fare resuscitare<br />

tutto il grande che sei. Per questo preferisco<br />

soffermarmi sull’uomo. Una volta lo<br />

chiamai per uno spettacolo di beneficenza,<br />

di quelli che per l’ospite non è previsto alcun<br />

gettone di presenza e, subito, mi disse<br />

sì. Erano anni che non ci vedevamo; temevo<br />

addirittura che non si ricordasse di me<br />

e invece venne puntuale alle prove e mi<br />

propose di cantare insieme a lui Una ragione<br />

di più. Gli risposi che per me era un<br />

grande onore, purché mi lasciasse interpretare<br />

le strofe, che meglio si adattavano<br />

alla mia estensione vocale. Quando finimmo<br />

di provare mi disse:- Tu hai raccolto<br />

molto meno di quello che hai seminato; sei<br />

un bravo artista e se mai dovessero darmi<br />

un programma in Rai, sarai uno dei primi<br />

ospiti che chiamerò.- Mi parlò dei suoi<br />

progetti, delle nuove canzoni che aveva<br />

scritto e m’invitò anche a scriverne una<br />

per lui. La sera della manifestazione concordammo<br />

che avrebbe cantato tre o al<br />

massimo quattro brani, altrimenti avremmo<br />

sforato con l’orario, considerati i numerosi<br />

ospiti intervenuti. Feci tantissima<br />

fatica a convincerlo ad esibirsi per ultimo,<br />

perché sosteneva che il pubblico sarebbe<br />

stato ormai stanco ad una cert’ora. Gli dissi<br />

più volte che molti avevano comperato il<br />

biglietto proprio per lui e alla fine mi accontentò.<br />

Quando lo annunciai alla platea<br />

sentii un fragore d’applausi indescrivibile<br />

e Mino cantò per 45 minuti con il pubblico<br />

in piedi che urlava il suo nome. Quella sera<br />

mi accorsi di quanto la gente lo amasse e di<br />

quanto certi addetti ai lavori fossero lontani<br />

dalla realtà di tutti i giorni. Mino firmò<br />

autografi, abbracciò i colleghi intervenuti<br />

e mi ringraziò per averlo chiamato. Di lui<br />

ho questo bellissimo ricordo. Era un uomo<br />

davvero speciale che, con passione, cantava<br />

la vita.<br />

ENNIO DE CONCINI,<br />

ADDIO AL BALZAC DI VIA CATONE<br />

Si è spento, in novembre, lo sceneggiatore<br />

Ennio De Concini che ha firmato gli script di<br />

oltre cento film, vincendo pure il premio<br />

Oscar nel 1963 con Divorzio all’italiana, di<br />

Pietro Germi (interpretato da Marcello Mastroianni<br />

e Stefania Sandrelli). Nato a Roma<br />

nel 1923, De Concini esordì come autore di<br />

commedie ma lasciò presto il teatro e nel<br />

1946 partecipò alla sceneggiatura di Sciuscià<br />

di Vittorio De Sica lavorando anche come<br />

aiuto regista e poi firmando la sceneggiatura<br />

de L’ebreo errante (1948) un film di Goffredo<br />

Alessandrini interpretato da Vittorio<br />

Gassman. Nel 1950 il suo primo lavoro autonomo,<br />

Il Brigante Musolino di Mario Camerini.<br />

De Concini dette inizio fra l’altro al filone<br />

storico-mitologico, genere che fece la<br />

fortuna del cinema italiano tra gli anni ‘50 e<br />

‘60. Suo è infatti il copione de Le Fatiche di<br />

Ercole (1958 di Pietro Francisci) con Steve<br />

Reeves e Silva Koscina. Suoi anche Ulisse,<br />

1954, di Mario Camerini e il Colosso di<br />

Rodi di Sergio Leone, 1961. Ma nell’epoca<br />

d’oro del cinema italiano, gli anni ‘60, De<br />

Concini tocca con la sua scrittura tutti i generi,<br />

dall’horror al melodramma (Madame<br />

Sans Gêne con Sophia Loren, 1962) alle riduzioni<br />

letterarie (Guerra e Pace di King Vidor,<br />

1956) fino alle commedia all’italiana.<br />

Eclettico ed instancabile, ottenne il premio<br />

Oscar per il soggetto e la sceneggiatura di<br />

Divorzio all’italiana (1963) di Pietro Germi,<br />

regista per il quale, cinque anni prima, adattò<br />

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana<br />

di Carlo Emilio Gadda (sullo schermo Un<br />

maledetto imbroglio). Il suo nome è legato<br />

anche a capolavori del nostro cinema come<br />

Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni,<br />

La maschera del demonio di Mario Bava<br />

(con il quale lavorò anche per La ragazza che<br />

sapeva troppo, nel ‘63). Tra i suoi lavori più<br />

apprezzati anche Operazione San Gennaro<br />

(1966) di Dino Risi, Via Margutta, Italiani<br />

brava gente, Salon Kitty (1975). Nel corso<br />

della sua carriera inoltre, De Concini ha anche<br />

diretto alcune pellicole tra cui Daniele e<br />

Maria (1973) e Gli ultimi dieci giorni di<br />

Hitler (1973). Dai primi anni ‘80 inoltre, De<br />

Concini ha anche lavorato per la televisione<br />

firmando le sceneggiature di tre stagioni de<br />

La Piovra - il serial poliziesco interpretato<br />

da Michele Placido - ma anche fiction come<br />

Il ricatto e Pronto Soccorso. Poi ha lavorato<br />

con alcuni autori del nuovo cinema italiano,<br />

come Peter Del Monte (Invito al viaggio,<br />

1982) o Roberto Faenza (Copkiller, 1983) sia<br />

con maestri già affermati come Franco Brusati<br />

(Il buon soldato, 1982) o Marco Bellocchio,<br />

per il quale firma la riduzione di Il<br />

Diavolo in Corpo nel 1986.<br />

GIUSEPPE GRAMITTO RICCI,<br />

UNA VITA NELLA MUSICA<br />

di Mario Pasi<br />

Giuseppe Gramitto Ricci ci ha lasciato lunedì<br />

5 gennaio. Ha avuto una lunga, bella<br />

vita, nel corso della quale ha saputo donare<br />

simpatia, amicizia e generosità. Vogliamo<br />

ricordarlo prima di tutto come uomo, lasciando<br />

per un momento in disparte la sua<br />

attività professionale; ma vogliamo anche<br />

rendergli il merito di aver saputo, con il figlio<br />

Alfredo, tenere in vita con onore la casa<br />

editrice Curci, in un momento in cui<br />

poteva essere comodo, come si usa dire,<br />

cedere l’attività magari a una Multinazionale.<br />

Qualcun altro l’ha fatto.<br />

Era nato a Palermo il 22 marzo 1921, Giuseppe<br />

(Pippo) Gramitto Ricci. Era diventato<br />

milanese, come tanti di noi, per le vie<br />

di una carriera nell’industria; dopo la<br />

guerra, laureato in legge, iniziò una collaborazione<br />

con la società Nestlé, mostrando<br />

capacità manageriali evidenti, e tali da<br />

portarlo alla direzione della sede di Palermo<br />

della industria svizzera. Ma nel 1950,<br />

ecco l’evento che più tardi cambierà la sua<br />

vita, il matrimonio con Clotilde, figlia unica<br />

di Alfredo Curci.

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