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complimenti a.... - Siae

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li palingenetico-politici. E difficile sarebbe stato,<br />

per esempio, conciliare l’odio futurista per<br />

la tradizione e il passato con il mito fascista di<br />

Roma, l’anticattolicesimo dei primi con i Patti<br />

Lateranensi firmati nel 1929 dai secondi.<br />

Da anni, ormai, si parla di un ‘modernismo fascista’,<br />

come di una forma di modernismo alternativa<br />

a quelle dominanti, e inscritta in<br />

quell’‘estetizzazione della politica’ diagnosticata<br />

con allarme da Walter Benjamin nel famoso<br />

saggio del ’36 sull’Opera d’arte nell’epoca<br />

della sua riproducibilità tecnica. Ma non bisogna<br />

dimenticare, d’altra parte, che il fascismo<br />

non fu esattamente un fenomeno prevalentemente<br />

estetico, e che, se da un lato si espresse<br />

senz’altro come ‘estetizzazione della politica’,<br />

per altro verso cavalcò pesantemente anche<br />

l’altra opzione evidenziata da Benjamin – con<br />

speranze mal riposte -, cioè quella della ‘politicizzazione<br />

dell’estetica’.<br />

Sui nostri quotidiani e riviste si è chiesto a storici<br />

filosofi artisti e critici di dare una valutazione<br />

del futurismo, della sua eredità, del suo<br />

valore per il nostro tempo. Colpisce la diversità<br />

delle risposte, talvolta a partire da considerazioni<br />

analoghe: il futurismo sarebbe stato un<br />

movimento oscurantista e irrazionale, figlio del<br />

romanticismo, che ha idolatrato il nuovo ad ogni<br />

costo, senza la capacità di vedere che anche le<br />

più grandi rivoluzioni – a cominciare da quella<br />

americana e da quella francese – si sono compiute<br />

attingendo al passato e a modelli classici;<br />

o, al contrario, il futurismo sarebbe un erede<br />

della fede illuministica nel progresso – come<br />

tutte le avanguardie, che credono di anticipare,<br />

assecondare e dirigere l’onda della storia,<br />

di quella fede nella capacità educativa e trasformatrice<br />

dell’arte, della politica e della cultura,<br />

di quel progetto del moderno che, secondo una<br />

“dialettica” perversa, invece di “migliorare” il<br />

mondo, lo avrebbe violentato, e, incarnando<br />

una razionalità strumentale, avrebbe messo capo<br />

ai totalitarismi; o, ancora, il futurismo avrebbe<br />

visto prima di altri il nostro mondo attuale,<br />

l’annullamento delle distanze, la velocità, la simultaneità,<br />

il ruolo delle masse, quello della<br />

pubblicità e dei media, lo strapotere del design<br />

e la conquista dello spazio, perfino internet e<br />

le arringhe di Bossi... insomma quasi tutto, per<br />

non parlare poi dell’arte contemporanea, che<br />

da Fontana e Burri, dalla Pop Art alla Video Art,<br />

dalla nouvelle cuisine ai graffiti metropolitani<br />

(per non considerare la poesia, la musica,<br />

l’architettura, il design ecc. ecc.) senza il futurismo<br />

sarebbe impensabile.<br />

Se si eccettua l’assurda pretesa di derivazione<br />

dall’illuminismo (ripetuta facendo eco superficialmente<br />

alla discutibile diagnosi avanzata<br />

da Horkheimer e Adorno a proposito dei regi-

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