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Foto Sicilia Marilia/Olycom<br />
“L’unico filo conduttore<br />
nella mia vita è la passione per i libri<br />
e ovviamente per la lettura,<br />
prima ancora che la scrittura”,<br />
dice Mario Desiati<br />
è costretto a lavoretti di ogni genere. Conosce<br />
così la realtà del precariato, la parcellizzazione<br />
del mondo del lavoro.<br />
Da questa esperienza nasce Vita precaria e<br />
amore eterno, scritto nel 2004 e pubblicato<br />
da Mondadori nel 2006. Un romanzo che<br />
parla proprio delle dinamiche del mondo<br />
del lavoro di oggi, le difficoltà del vivere da<br />
precario, senza diritti né sicurezze. Intanto<br />
il mio arrivo a Nuovi argomenti crea una sorta<br />
di piccola rivoluzione interna. La rivista,<br />
infatti, aveva un suo gruppo storico di riferimento,<br />
col mio arrivo avviene una trasformazione.<br />
Si crea un gruppo giovane di<br />
cui fa parte una serie di giovani scrittori:<br />
Alessandro Piperno, Roberto Saviano, Leonardo<br />
Colombati, Chiara Valerio, Carlo Carabba,<br />
Paolo Giordano. Un gruppo eterogeneo,<br />
senza una sua appartenenza geografica<br />
precisa, come di solito accade in<br />
tutti i gruppi letterari.<br />
Si crea quindi un gruppo?<br />
Questo no. È una nuova generazione che si<br />
propone e che deve evitare di porsi come aggregazione<br />
parodistica, cercando di mantenere<br />
la stessa curiosità per tutto ciò che è la<br />
letteratura e questo anche nel momento in<br />
cui si dovesse diventare, per dirla alla Arbasino,<br />
i “soliti stronzi”.<br />
Una cricca di potere letterario?<br />
È il rischio da evitare in assoluto. Bisogna<br />
mantenere la stessa attenzione per gli altri,<br />
per i più giovani senza chiudersi nell’autoreferenzialità.<br />
Sarebbe un suicidio. Il mio<br />
lavoro editoriale, per fortuna, mi permette<br />
di guardare oltre al mio universo.<br />
Qual è il suo rapporto con gli scrittori più<br />
“grandi”?<br />
Con i “grandi” il rapporto è ottimo. Ho imparato<br />
molto da loro ed ho con loro un eccellente<br />
rapporto. Lo è stato con Siciliano,<br />
ma lo è anche con Dacia Maraini, Ferruccio<br />
Parazzoli, Goffredo Fofi, Franco Cordelli.<br />
Tutte persone dalle quali si ha sempre qualcosa<br />
da imparare.<br />
E con i Marco Lodoli, Isabella Santacroce,<br />
Niccolò Ammaniti, Silvia Ballestra?<br />
Non esiste un vero rapporto personale. Ho<br />
letto e apprezzato i loro libri, ma niente di<br />
più. Conosco personalmente Ammanniti,<br />
ma non ci frequentiamo molto.<br />
E Antonio Moresco?<br />
L’ho amato molto e lo ritengo fondamentale<br />
per capire gli anni ’70 e il perché in Italia<br />
oggi c’è un certo modo di pensare ed esiste<br />
un certo tipo di classe dirigente. Mi piace<br />
molto la letteratura di “rottura”, quella che<br />
divide e in questa mia predilezione Moresco<br />
è un punto di riferimento. Ho adorato i<br />
suoi Lettera a nessuno e I primi canti del<br />
caos.<br />
Poi Desiati torna a parlare della sua attività<br />
di editor, del suo ruolo nell’editoria.<br />
È un lavoro duro, intenso, che se da un lato<br />
può arricchirti dall’altro può toglierti energie<br />
ed entusiasmo. È una questione di autodisciplina.<br />
Se riesci a tenere distinti i ruoli<br />
allora va bene, altrimenti soccombi. Come<br />
mi disse una volta un grande della letteratura,<br />
Luigi Malerba: riuscirai a fare questo<br />
mestiere se manterrai la testa pulita, senza<br />
farti condizionare troppo, nella tua scrittura,<br />
da logiche puramente editoriali.<br />
L’intervista si chiude con un accenno al nuovo<br />
romanzo. Parlerà di amianto, dell’Eternit.<br />
Letteratura di denuncia, quindi.<br />
Non si può fingere di non vedere, di non sapere.<br />
Accenna, ancora, alla sua passione per la<br />
Slow-life.<br />
È quella che manca oggi. Si vive da dannati<br />
sempre all’inseguimento di qualcosa, affannati,<br />
sempre di corsa e sempre in ritardo.<br />
Senza più avere il tempo di riflettere. ■