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PSR 2003-2005 - Dronet

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20Supplemento ordinario al «Bollettino Ufficiale» - serie generale - n. 36 del 27 agosto <strong>2003</strong>ultima costituisce un’evoluzione della famiglia tradizionale-rurale e si caratterizza peril «modello di convivenza con intimità a distanza», ossia per il flusso continuo diaffetti, per gli scambi di aiuto e di risorse fra nuclei familiari che hanno la medesimaorigine ma non coabitano. Alcuni segnali - per esempio relativi al «disagio dei normali»,alla litigiosità intrafamiliare e alla devianza minorile - costituiscono i primi sintomidi un «inceppamento» dei meccanismi di integrazione sociale familiare.Un’altra importante area di bisogno è rappresentata dalla cosiddetta immigrazioneextra-comunitaria, un fenomeno recente, più consistente in Umbria che altrove,anche se in ogni modo di dimensioni minori rispetto all’allarme sociale che suscita.In base ai dati ISTAT, gli stranieri in Umbria sono il 3,5 per cento di tutta lapopolazione (Italia 2,5 per cento) e sono composti per l’88 per cento dagli «extracomunitari»(Italia 89,5 per cento). Secondo una stima del Ministero dell’Interno, gliirregolari costituiscono il 14,9 per cento degli immigrati nella provincia di Perugiaed il 12 per cento in quella di Terni. Si tratta di una componente a forte rischio diesclusione sociale e di marginalità, ma tutelata almeno nell’ambito della salute,potendo infatti usufruire dei servizi sanitari pubblici. Per quanto se ne possa sapere,sembra però che fra gli irregolari non sia ancora adeguatamente diffusa l’informazionesulle opportunità d’assistenza e che alcuni potenziali utenti evitino di recarsi aiservizi sanitari nel timore di «essere scoperti».In tema d’esclusione sociale è inevitabile un breve riferimento al «disagio» deiminori. La situazione discreta delle famiglie, la buona qualità dell’organizzazionepre-scolare e scolare costituiscono motivi di conforto. Altri dati, invece, sono piùinquietanti: a parte la diffusione delle dipendenze, che è già ora consistente, altrifenomeni preoccupano non per la loro estensione, ma per l’incremento subìto: ciriferiamo alla criminalità minorile, alle violenze subite dai minori e all’abbandonoscolastico, forse sottovalutato. Ciò che, per certi versi, dovrebbe più preoccupare è ladifficoltà - crescente in genitori, educatori, operatori - a cogliere i segnali del disagiopsico-fisico nelle nuove generazioni: i processi di differenziazione moltiplicano ediversificano anche le modalità d’espressione, sicché i giovani presentano sintomi e siesprimono in codici che gli adulti decodificano a stento, con conseguenze negativeper la prevenzione e per il recupero.Oltre alle differenze fra generazioni o fra immigrati e autoctoni, occorre considerareanche la pluralità di realtà territoriali che, per ragioni storiche e morfologiche, presentanogradi differenti di sviluppo economico e sociale. L’Osservatorio Regionale sullePovertà ha considerato un ampio paniere d’indicatori, alcuni dei quali concernenti laqualità della vita, al benessere, etc. (Osservatorio sulle povertà in Umbria 1997). I datiraccolti mostrano una duplice contraddizione territoriale. La prima riguarda le cittàpiù grandi, le quali presentano il più alto livello di benessere, ma anche un forte tassodi disoccupazione. Inoltre, per alcuni centri minori si ha l’impressione che laddove visiano maggiori bisogni, siano disponibili minori risorse. Dietro a questa diversa dislocazionedi risorse e d’opportunità, probabilmente si celano diversità di modelli, storiedifferenti, che hanno organizzato in maniera diversa i servizi.Un ultimo aspetto dell’esclusione concerne le povertà, che assumono molti profili,ma fra i quali spicca innanzitutto la dimensione economica. In base ai dati suiconsumi delle famiglie e secondo le stime dell’Osservatorio sulle povertà (2001), inUmbria dal 1987 al 1996 le famiglie povere sono scese dal 16,7 per cento al 5,3 percento; in termini assoluti da 48mila a 15mila. Poiché l’ISTAT ha mutato alcunicriteri metodologici, non è possibile proseguire questa serie storica, comparando glianni successivi. Secondo i nuovi criteri, nel 1997 le famiglie povere sono 20mila, dicui 9mila molto povere, mentre altre 43mila si trovano a rischio di povertà. In tutto,circa 110mila umbri possono essere definiti poveri o immediatamente prossimi allasoglia di povertà.Per gli anni successivi l’Osservatorio non ha ancora pubblicato i dati concernentil’Umbria. Quelli sull’Italia Centrale si presentano in contro-tendenza rispetto allealtre aree geografiche. Infatti mentre altrove la povertà sembra diminuire, aumentainvece nel Centro: infatti le famiglie povere erano il 6 per cento nel 1997 ed il 9,7 percento nel 2000.Quanto alla condizione di chi versa in forme di povertà estrema, i dati sugli utentidella Caritas offrono un utile «spaccato». Chi si trova in una situazione così grave, disolito è maschio, abbastanza giovane, immigrato, con scolarizzazione medio-alta,senza dimora stabile. Rispetto a queste caratteristiche prevalenti, si riscontrano molteeccezioni: è, infatti, assai consistente la quota di italiani; inoltre i tradizionali

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