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Pagine di storia brindisina

Non è questo un testo di storia, ma è solo una raccolta di alcunii episodi della storia di Brindisi, non tra di essi necessariamente collegati e qui rieditadi e riordinati in sequenza cronologica. Si tratta, infatti, di vari articoli già in precedenza da me pubblicati online, alcuni sulla pagina Brindisiweb.it e altri sul blog “Via da Brindisi” del quotidiano online Senza Colonne News, altri ancora su "il7 Magazine". Il distintivo, scelto per la copertina di questa raccolta, vuole essere un omaggio alla figura e alla memoria di un grande brindisino doc, Don Pasquale Camassa, generoso amante, nonché prolifico divulgatore, della storia della sua città.

Non è questo un testo di storia, ma è solo una raccolta di alcunii episodi della storia di Brindisi, non tra di essi necessariamente collegati e qui rieditadi e riordinati in sequenza cronologica. Si tratta, infatti, di vari articoli già in precedenza da me pubblicati online, alcuni sulla pagina Brindisiweb.it e altri sul blog “Via da Brindisi” del quotidiano online Senza Colonne News, altri ancora su "il7 Magazine".
Il distintivo, scelto per la copertina di questa raccolta, vuole essere un omaggio alla figura e alla memoria di un grande brindisino doc, Don Pasquale Camassa, generoso amante, nonché prolifico divulgatore, della storia della sua città.

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«Attendevano i Veneziani con ogni possibile <strong>di</strong>mostrazione d’affetto a cattivarsi gli<br />

animi dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si, et a beneficiare la città tanto da loro stimata. Provvidero a<br />

quanto era <strong>di</strong> bisogno per il bene pubblico e per l’utile dei particolari; erano comuni<br />

commercij, et li trafichi tra l’una e l’altra gente, si trattavano come fratelli tra <strong>di</strong> loro i<br />

Brin<strong>di</strong>sini con i Veneziani, e l’una e l’altra città da sorelle uterine. Riposava in pace e<br />

sicura d’ogni turbolenza la città <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si, e pareva non solo che respirasse, ma ancora<br />

che fosse risorta da morte in vita sotto il nuovo dominio veneto havendo tanto patito<br />

per li tempi passati dalli eserciti composti per lo più da gente tumltuaria <strong>di</strong> varie nationi<br />

e <strong>di</strong> fede <strong>di</strong>versa, e sopr’a tutto era sicuro il suo porto <strong>di</strong> non essere più occupato da<br />

barbari legni e da gente quasi inhumana priva <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> lege; essendo allo stesso<br />

visitato da galere e da navi venete, che tanto con l’occasione del passaggio quanto che<br />

per <strong>di</strong>ritto sentiero nel Porto approdavano non senza molto lucro dei citta<strong>di</strong>ni che per la<br />

comunicazione delle merci, che vicendevolmente si vendevano, e si compravano.» [A.<br />

DELLA MONACA 8 ].<br />

L’11 novembre del 1500 si stipulò in Granada un accordo tra il re <strong>di</strong> Spagna,<br />

Fer<strong>di</strong>nando il Cattolico marito <strong>di</strong> Isabella <strong>di</strong> Castiglia e il re <strong>di</strong> Francia Luigi XII, per<br />

spartirsi il regno aragonese <strong>di</strong> Napoli del re Federico I, succeduto a Fer<strong>di</strong>nando II<br />

morto prematuramente nel 1496. Quel patto prevedeva la Campania e gli Abruzzi per<br />

la Francia, e la Calabria e la Puglia per la Spagna. Ma l’accordo, nel 1504, sfociò in<br />

guerra aperta tra i due paesi proprio sulla <strong>di</strong>sputa per il Tavoliere delle Puglie, alla<br />

fine della quale, gli Spagnoli ebbero la meglio e Fer<strong>di</strong>nando il Cattolico <strong>di</strong>venne il<br />

nuovo sovrano del Regno <strong>di</strong> Napoli, sottraendolo al cugino Federico I, incorporandolo<br />

alla corona spagnola e nominando un viceré, il tutto con l’investitura del papa Giulio II.<br />

Venezia rimase neutrale in quella guerra, anche perché occupata a lottare contro i<br />

Turchi, e dei benefici <strong>di</strong> quella neutralità poté usufruire anche Brin<strong>di</strong>si. La prosperità<br />

goduta dalla città sotto il dominio veneziano doveva però durare ancora poco. Venezia<br />

fu, nel 1508, attaccata da una Lega <strong>di</strong> innumerevoli nemici coor<strong>di</strong>nati dal papa Giulio II<br />

e guidati dall’imperatore Massimiliano d’Austria ed alla fine dovette soccombere e per<br />

salvare il salvabile sacrificò una buona parte dei propri posse<strong>di</strong>menti, specificamente<br />

quelli che erano reclamati dal papa e dagli Spagnoli, Brin<strong>di</strong>si tra essi. Nel 1509 i<br />

Veneziani, dopo soli tre<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> formale possesso, consegnarono Brin<strong>di</strong>si agli<br />

Spagnoli e il marchese Della Palude prese in consegna la città con le sue due fortezze,<br />

il castello <strong>di</strong> terra e quello <strong>di</strong> mare, in nome <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando il Cattolico, re <strong>di</strong> Spagna.<br />

Dopo le <strong>di</strong>spute per la successione al trono dell’impero sacro romano, tra il<br />

vincitore Carlo d’Asburgo – Carlo V, Carlo I <strong>di</strong> Spagna, Carlo II d’Ungheria e Carlo IV <strong>di</strong><br />

Napoli – e il perdente Francesco <strong>di</strong> Francia, questi <strong>di</strong>ede vita alla Lega <strong>di</strong> Cognac anti-<br />

Carlo V, che fu costituita il 22 maggio1526 da Francia, Firenze, Milano, Inghilterra e<br />

Venezia, e ad essa aderì anche lo Stato Pontificio del papa Clemente VI. Quella mossa<br />

del pontefice causò la reazione dell’imperatore, che radunò un esercito <strong>di</strong> mercenari<br />

lanzichenecchi tedeschi per farli <strong>di</strong>scendere in Italia dove, assieme alle truppe<br />

spagnole e napoletane sovrastarono le forze della Lega, <strong>di</strong> scarsa coesione e me<strong>di</strong>ocre<br />

efficienza militare, e dopo qualche mese giunsero alle porte <strong>di</strong> Roma, dove entrarono il<br />

5 maggio 1527 mentre il papa si rifugiava in Castel Sant’Angelo. E i lanzichenecchi,<br />

esasperati per le pessime con<strong>di</strong>zioni sopportate durante la campagna e per i mancati<br />

pagamenti pattuiti, si <strong>di</strong>edero per otto giorni al saccheggio della città e alla violenza<br />

sui suoi abitanti.<br />

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