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Pagine di storia brindisina

Non è questo un testo di storia, ma è solo una raccolta di alcunii episodi della storia di Brindisi, non tra di essi necessariamente collegati e qui rieditadi e riordinati in sequenza cronologica. Si tratta, infatti, di vari articoli già in precedenza da me pubblicati online, alcuni sulla pagina Brindisiweb.it e altri sul blog “Via da Brindisi” del quotidiano online Senza Colonne News, altri ancora su "il7 Magazine". Il distintivo, scelto per la copertina di questa raccolta, vuole essere un omaggio alla figura e alla memoria di un grande brindisino doc, Don Pasquale Camassa, generoso amante, nonché prolifico divulgatore, della storia della sua città.

Non è questo un testo di storia, ma è solo una raccolta di alcunii episodi della storia di Brindisi, non tra di essi necessariamente collegati e qui rieditadi e riordinati in sequenza cronologica. Si tratta, infatti, di vari articoli già in precedenza da me pubblicati online, alcuni sulla pagina Brindisiweb.it e altri sul blog “Via da Brindisi” del quotidiano online Senza Colonne News, altri ancora su "il7 Magazine".
Il distintivo, scelto per la copertina di questa raccolta, vuole essere un omaggio alla figura e alla memoria di un grande brindisino doc, Don Pasquale Camassa, generoso amante, nonché prolifico divulgatore, della storia della sua città.

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<strong>di</strong>venne un semplice porto <strong>di</strong> frontiera, ormai quasi completamente fuori dagli<br />

itinerari commerciali importanti. Tutto ciò, assieme allo spopolamento delle<br />

campagne per le inumane con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita dei conta<strong>di</strong>ni, accelererò una depressione<br />

che, iniziatasi in quel periodo, perdurò per quasi cinquecento anni: fino all’inizio del<br />

secondo millennio.<br />

Nel 605, dopo aver allargato i confini del proprio territorio e dopo aver tentato<br />

infruttuosamente <strong>di</strong> conseguire uno sbocco stabile sul basso Adriatico a scapito dei<br />

Bizantini, Arechi I, duca <strong>di</strong> Benevento, stipulò con quelli un’instabile tregua, che durò<br />

solo fino a quando l’imperatore bizantino Costante II sbarcò a Taranto nel 663,<br />

liberando temporalmente quasi tutto il meri<strong>di</strong>one dalla presenza longobarda, senza<br />

però poter espugnare Benevento, energicamente <strong>di</strong>fesa dal duca Romualdo e da dove,<br />

ad ogni nuova occasione, i Longobar<strong>di</strong> sarebbero ripetutamente ritornati all’attacco.<br />

Della Brin<strong>di</strong>si del VII secolo, durante gli anni che precedettero la conquista della città<br />

da parte dei Longobar<strong>di</strong> – circa nel 680 – non si hanno molte notizie specifiche, tranne<br />

quelle, comunque approssimate nonchè incerte, riguardanti la sua <strong>storia</strong> arcivescovile,<br />

interrotta dal trasferimento della <strong>di</strong>ocesi a Oria, conseguente, eventualmente, alla<br />

venuta dei Longobar<strong>di</strong>:<br />

«Proculus, che precedette Pelino come vescovo <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si e che fu venerato come<br />

beato, secondo l’Ughelli fu “romano <strong>di</strong> nazione”. Diversamente, Guerrieri lo ritenne<br />

brin<strong>di</strong>sino, “ma <strong>di</strong> famiglia romana qui stabilitasi, e il suo nome Aulo Proculo”.<br />

Pelino, monaco basiliano (*) formatosi in Durazzo, in quanto non aderente al Tipo,<br />

ossia all'e<strong>di</strong>tto dogmatico voluto dall'imperatore bizantino Costante II nel 648, e in<br />

quanto <strong>di</strong>fensore dell’ortodossia, pensando <strong>di</strong> trovare un asilo sicuro coi siri Gorgonio<br />

e Sebastio e col suo <strong>di</strong>scepolo Ciprio, si trasferì a Brin<strong>di</strong>si i cui vescovi venivano<br />

confermati da Roma. (*) In appen<strong>di</strong>ce una nota sul monachesimo basiliano a Brin<strong>di</strong>si.<br />

Seguita la morte <strong>di</strong> Proculus, il non ancora quarantenne Pelino assunse la <strong>di</strong>gnità<br />

episcopale. Si mostrò in questa veste, fermo e intransigente innanzi ai funzionari<br />

imperiali che, infine, lo allontanarono dalla cattedra brin<strong>di</strong>sina. Deportato a Corfinio,<br />

in Abruzzo, venne lì condannato a morte e ucciso, probabilmente nel 662 in uno con<br />

Sebastio e Gorgonio, bibliotecari, ossia archivisti della sede episcopale <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si.<br />

Ciprio, originario <strong>di</strong> Durazzo, figlio del retore Ella<strong>di</strong>o e <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Pelino, si sarebbe<br />

trasferito a Brin<strong>di</strong>si col suo maestro. Sfuggito alla morte in occasione del martirio del<br />

maestro, in virtù della sua giovanissima età, sarebbe tornato a Brin<strong>di</strong>si e sarebbe<br />

succeduto a Pelino sulla cattedra episcopale. Poco lontano da una delle porte della<br />

città, nei pressi della chiesa <strong>di</strong> Santa Maria, avrebbe eretto una basilica in onore <strong>di</strong><br />

Pelino, un tempio che fu demolito nel tardo XVI secolo.» -Giacomo Carito, 2007‐<br />

Dopo l’omici<strong>di</strong>o dell’imperatore Costante II, avvenuto a Siracusa nel 668, i Longobar<strong>di</strong><br />

del duca Romualdo I recuperarono molti dei territori e delle città del meri<strong>di</strong>one<br />

d’Italia, occupando anche gran parte dello strategico ducato <strong>di</strong> Calabria, in particolare<br />

Taranto e, intorno al 680, anche Brin<strong>di</strong>si, che per la prima volta in centoventicinque<br />

anni fu formalmente sottratta al governo dei Greci. Il dominio bizantino nelle due<br />

penisole meri<strong>di</strong>onali d’Italia si ridusse alle sole punte: le città <strong>di</strong> Otranto e Gallipoli con<br />

tutto il loro entroterra nel Salento e la parte sud del Bruzio, territori tutti che, integrati<br />

amministrativamente, continuarono comunque a denominarsi ducato <strong>di</strong> Calabria,<br />

nonostante fossero fisicamente separati <strong>di</strong> fatto in due pezzi completamente <strong>di</strong>stinti.<br />

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