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La lingua sarda standard e la toponomastica 109<br />

ficada, valido per il lessico appellativo. Ed è in riferimento alla trascrizione<br />

dei toponimi che ho parlato di «realizzazioni fonetiche particolari». Queste<br />

riguardano soprattutto i microtoponimi, le cui forme vanno in effetti ripristinate,<br />

visto che una grande parte di esse sono state storpiate dai geometri –<br />

generalmente non originari di quei luoghi – responsabili dei catasti, delle<br />

carte catastali e di quelle dell’Istituto Geografico Militare (questa non è una<br />

specialità sarda). Ma anche i macrotoponimi sono stati colpiti da quella amara<br />

sorte: basti citare esempi come Girasole – [dΩilisúli] o Sanluri – [seddóri]. Il<br />

collega Mensching ne ha menzionati due dozzine nel suo libro Einführung in<br />

die sardische Sprache (cfr. Mensching 1994:16).<br />

La soluzione ideale consisterebbe, quindi, nel trascrivere ogni realizzazione<br />

fonetica locale, tutti i suoni rintracciabili nei dialetti sardi, ma si tratta di<br />

una soluzione non realistica. Basta consultare l’Etude de géographie phonétique<br />

et de phonétique instrumentale du sarde del collega Contini (cfr. Contini<br />

1987:I, 44-47; II, s.p.), il quale, per rendere la realtà fonetica dei dialetti logudoresi<br />

e ogliastrini, ha utilizzato non meno di 59 segni differenti. È ovvio che<br />

nel contesto della Limba Sarda Unificada sarà impossibile riprodurre questo<br />

sistema fonetico che è molto stretto, molto dettagliato.<br />

Per questo sistema naturalmente sarebbe necessaria l’utilizzazione di<br />

caratteri estranei all’alfabeto italiano e di segni diacritici. Ma l’uso di lettere<br />

non italiane e di segni diacritici non sembra possibile nel contesto di una lingua<br />

standard. La Commissione era di questo parere e io penso che anche ciascuno<br />

di noi possa essere d’accordo. La trascrizione dei toponimi deve quindi<br />

seguire, in linea di massima, la grafia adoperata per la Limba Sarda Unificada<br />

che è basata sulla grafia dell’italiano. Questa base è stata scelta per la sua<br />

diffusione anche in <strong>Sardegna</strong>, almeno a partire dell’istruzione obbligatoria.<br />

Così è stata trascurata, a favore della ch italiana, ad es. la k, lettera tradizionale<br />

davanti alle vocali anteriori (e, i ma spesso anche a), usata non solo nel<br />

sardo antico, ma anche oggi, seppur raramente.<br />

La Commissione non ha potuto, per mancanza di tempo, trattare la trascrizione<br />

dei toponimi, ma questo aspetto della grafia dovrebbe essere uno dei<br />

compiti di un’accademia o piuttosto di un «Istituto della lingua sarda», di cui<br />

si è parlato alla fine dei lavori della Commissione, all’inizio del 2001. Non è<br />

mia intenzione anticipare le decisioni di quell’Istituto in materia di toponomastica,<br />

desidero però accennare i problemi inerenti alla questione e sottoporre<br />

all’attenzione del lettore delle proposte.<br />

Partendo dai suoni elencati da Contini (1987), si osserva che molti corrispondono<br />

a suoni italiani, la cui trascrizione va conservata, ad esempio le<br />

nasali m e n, le liquide (o laterali) l e r, le occlusive sorde (p, t, c/k) e sonore

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