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L’influsso delle lingue dominanti sul lessico e la fonologia dei dialetti sardi 235<br />

datezza di questi luoghi comuni è stata mostrata inoltre in Bolognesi (2001b).<br />

Basandosi su una rianalisi dei fatti storici e fonologici, Bolognesi mostra che<br />

le differenze attuali tra i dialetti sardi non possono aver avuto luogo nei tempi<br />

e nei modi indicati, fra gli altri da Andre (1997). Per esempio i fenomeni che<br />

vengono attribuiti al contatto con il pisano medievale sono già attestati in documenti<br />

che precedono il primo contatto linguistico con il pisano di un secolo<br />

e mezzo (si veda anche Virdis 1978/1988). Per di più, il dominio pisano sulla<br />

<strong>Sardegna</strong> meridionale è durato soltanto 64 anni, troppo poco per avere le conseguenze<br />

profonde sul sardo meridionale postulate da Andre (si veda Casula<br />

1998). L’apparente arcaicità del sardo è invece il risultato di un’attenzione selettiva<br />

riservata a una parte dei fenomeni presenti in alcuni dialetti.<br />

Malgrado a partire dal medioevo diverse lingue abbiano avuto un ruolo<br />

politicamente dominante nell’isola (dopo il pisano: il genovese, il catalano, lo<br />

spagnolo e l’italiano), la <strong>Sardegna</strong> non ha conosciuto delle vere colonizzazioni,<br />

cioè delle invasioni da parte di numerosi gruppi di parlanti di altre lingue<br />

(si veda Le Lannou 1982). Questa situazione rende molto improbabile la<br />

possibilità che il contatto linguistico sia andato oltre quello che Thomason<br />

(2001:70) definisce un contatto casuale: il livello più basso nella scala di<br />

quattro in cui l’autrice suddivide i livelli di contatto («[…] only nonbasic<br />

vocabulary borrowed […]»). Thomason, riferendosi al contatto casuale, si<br />

esprime nel modo seguente:<br />

Non occorre affatto essere fluenti in una lingua per prendere in prestito alcune<br />

parole, ma dato che non si può prendere in prestito ciò che non si conosce, la padronanza<br />

della lingua fonte è certamente necessaria per poter prendere in prestito<br />

delle strutture grammaticali 5 (Thomason 2001:69, Traduzione R.B.).<br />

Solo nel caso del sassarese, un dialetto che presenta forti divergenze fonologiche<br />

e morfologiche nei confronti dei dialetti propriamente sardi, si può parlare<br />

di contatto profondo fra il sardo e un’altra lingua (il genovese, secondo Blasco<br />

Ferrer 1984).<br />

Come affermato anche da van Coetsem (1988), il prestito di caratteristiche<br />

strutturali (fonologiche, per la precisione) richiede la presenza di una situazione<br />

di bilinguismo diffuso. Invece, nel passato, gli abitanti della <strong>Sardegna</strong><br />

non avevano praticamente alcuna possibilità di apprendere le lingue dominanti.<br />

Soltanto con l’effettiva introduzione della scuola dell’obbligo (verso la<br />

metà del XX secolo) questa situazione è cambiata radicalmente, soprattutto<br />

per i parlanti delle generazioni più giovani (cfr. Pira 1978; Loi Corvetto<br />

1983).<br />

Date queste condizioni ne consegue che le attuali strutture del sardo sono<br />

soprattutto il risultato di Evoluzioni Interne alla lingua stessa, mentre nel

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