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L’influsso delle lingue dominanti sul lessico e la fonologia dei dialetti sardi 259<br />

(soprattutto dall’italiano). Quella che inizialmente appariva come un’innocua disputa accademica<br />

ha assunto improvvisamente una grande rilevanza sociale.<br />

2 Con il nome di latino volgare si intende ovviamente quella specifica varietà del latino che è<br />

stata introdotta in <strong>Sardegna</strong> al momento della conquista Romana (± 238 a.C.). Si veda inoltre la<br />

sezione 2.3 per un ulteriore chiarimento.<br />

3 Per una rappresentazione delle differenze fra i vari dialetti sardi in termini di isoglosse cfr.<br />

Contini (in questo volume).<br />

4 Non è perciò un caso che questo luogo comune costituisca anche il nucleo della visione ufficiale<br />

del sardo presentata dal Governo Italiano al Consiglio di Europa: «The Sardinian dialects,<br />

which occur throughout the central-southern part of the island, developed autonomously and more<br />

slowly than those referred to above, because of the special physical circumstances of the island.<br />

They constitute something of a language of their own, within the Indo-European family» (Council<br />

of Europe 1995:69).<br />

5 Citazione originale: «You need not be at all fluent in a language in order to borrow a few of its<br />

words; but since you cannot borrow what you don’t know, control of the source language’s structure<br />

is certainly needed before structural features can be borrowed».<br />

6 Una delle cause risiede nella quantità di dati che si dovrebbero prendere in esame in una ricerca<br />

del genere. In linea di principio si dovrebbero analizzare tutte le parole in tutte le fasi rilevanti di<br />

tutte le lingue in questione, e per di più in tutte le loro possibili derivazioni morfologiche. Necessariamente,<br />

deve aver luogo una selezione preventiva dei dati. Una simile selezione, però, costringe<br />

a determinare a priori e in modo soggettivo ciò che è rilevante per la ricerca, a meno di non<br />

impiegare un metodo statisticamente motivato (Kessler 2001).<br />

7 Le 200 parole selezionate che costituiscono il campione da comparare sono consultabili<br />

nell’appendice V.<br />

8 In alcuni casi, le parole selezionate sono probabilmente soltanto delle parole grafiche che consistono<br />

in un verbo e nei pronomi enclitici che li seguono (per es. apporrindeli ‘porgendogli/ porgendole’;<br />

apprettandelos ‘assillandoli’). Il loro status di parole fonologiche e morfologiche cambia<br />

da lingua a lingua, ciononostante abbiamo scelto di considerare queste strutture come delle<br />

unità in quanto in ciascuna delle lingue in questione si usano le stesse convenzioni grafiche per la<br />

rappresentazione di queste costruzioni. Abbiamo anche scelto di mantenere nel nostro campione<br />

forme diverse degli stessi verbi (per es. tenner/tenes/tentu ‘avere-INF/3 SG/PP’), in modo da far<br />

contare nelle misurazioni delle distanze strutturali anche la morfologia verbale. Questa scelta<br />

comporta ovviamente una certa ridondanza del nostro campione. I seguenti verbi sono rappresentati<br />

diverse volte in forme diverse: andai ‘andare’ (3 volte), ponni ‘mettere’ (3 volte); tenni ‘avere’<br />

(3 volte), domandai ‘chiedere, domandare’ (2 volte), ai ‘avere-AUX’ (2 volte), fai ‘fare’ (2 volte),<br />

perdi ‘perdere’ (2 volte), essi ‘essere’ (2 volte), biri ‘vedere’ (2 volte). 7 dei 9 verbi sono però<br />

irregolari e mostrano una grande variabilità che porta a risultati molto diversi nelle varie lingue.<br />

9 Ovviamente c’è da chiedersi se una parola come cumbidai, penetrata nel sardo circa cinque secoli<br />

fa e unica forma del verbo ‘invitare’, con una morfologia completamente sarda, sia ancora da<br />

considerarsi un prestito. Lo stesso vale per abbaidare.<br />

10 La forma medievale di populos era po∫ulos, con la regolare lenizione della /p/ postvocalica a<br />

[∫]. Questa forma non è più presente nei dialetti sardi contemporanei. La forma populos deve<br />

quindi essere stata reintrodotta in un periodo in cui la lenizione aveva cessato di essere produttiva<br />

all’interno della parola. Per quanto riguarda la forma istuδjare, se questa si fosse evoluta direttamente<br />

dal latino volgare, a sua volta non avrebbe dovuto esibire la [δ] in posizione postvocalica.<br />

Questo è quanto è avvenuto, per esempio, durante l’evoluzione di CAUDAM a koa ‘coda’. La forma<br />

attuale sarebbe perciò dovuta essere *istujare.<br />

11 Una simile suddivisione è stata proposta in Paulis (1996), anche se in termini leggermente di-<br />

versi.

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