Notiziario anno 2009 - CAI Sezione Varallo Sesia
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Finalmente il terzo giorno, dopo 17 chilometri<br />
di morena che dapprima è tutta pianeggiante e<br />
brulla e ti fa prendere quota solo nella parte finale,<br />
giungiamo a Plaza de Mulas a 4300 metri, ovvero<br />
il campo base vero e proprio. Lungo la strada<br />
osserviamo i ruderi del vecchio rifugio che ora è<br />
stato rimpiazzato da uno più grande, costruito<br />
poco più su. Riguardo la logistica abbiamo deciso<br />
di avvalerci del servizio mensa offerto dall’agenzia,<br />
ovvero in una tenda c’è la cucina dove il “cocinero”<br />
Alfredo e la governante Adriana preparano ogni<br />
sera la sbobba (nel senso stretto del termine!),<br />
mentre nell’altra si mangia insieme ad altri andinisti<br />
provenienti da tutto il mondo; questa è una<br />
cosa tipica dei campi base di ogni spedizione in cui<br />
sono stata che mi piace un sacco: essere lì in un<br />
luogo sperduto sulle montagne e allo stesso tempo<br />
fare un giro del mondo immaginario conoscendo<br />
persone di ogni provenienza.<br />
In generale, il campo base sembra un villaggio<br />
turistico dove puoi trovare ogni comodità: il bar,<br />
la pizzeria, l’internet-point, le docce... ma dov’è<br />
finita la montagna spartana?<br />
Dunque montiamo le tende dove dormiremo, naturalmente<br />
sotto un tormenta di neve... Cominciamo<br />
bene!<br />
Come al solito siamo i più giovani. Mi accorgo<br />
che l’Aconcagua è una montagna molto ambita<br />
perché permette di raggiungere quote elevate<br />
attraverso una via che di tecnico ha ben poco e,<br />
a causa di questa relativa facilità che la caratterizza,<br />
spesso viene fortemente sottovalutata. Ci<br />
si imbatte infatti in gruppi di pseudo-scalatori,<br />
La parete sud<br />
magari tecnicamente attrezzati di tutto punto<br />
ma dotati di un fisico più da frequentatori di pub<br />
piuttosto che di campi alti... Noi nel nostro piccolo<br />
cerchiamo di non strafare, rispettiamo i tempi di<br />
acclimatamento e trascorriamo tranquilli i nostri<br />
giorni al campo base occupandoci delle solite attività<br />
tipiche: mangiare, bere, dormire, leggere,<br />
scrivere il diario, ascoltare musica, passeggiare,<br />
fotografare, fare il bucato, rimangiare, ribere,<br />
ridormire... ah, questa sì che è vera vacanza!<br />
E così iniziano le nostre incursioni a Nido de Condores,<br />
5300 metri, dove sistemiamo le nostre due<br />
tende in uno spiazzo ghiaioso; c’è solo qualche<br />
lingua di neve qua e là. Sarà l’unico campo che<br />
monteremo poiché ci sembra fattibile raggiungere<br />
la cima direttamente da lì, evitando di dover portare<br />
altra roba a spalle fin dove di solito si attrezza<br />
il campo 2; basterà partire presto.<br />
Fare tutti questi su e giù aiutano il fisico ad abituarsi<br />
alla quota, ma non per tutti e quattro è<br />
così: purtroppo Giulio ha qualche linea di febbre<br />
e una fastidiosa tosse secca; va a farsi visitare<br />
dai medici che lo obbligano, nel giro di un’ora ad<br />
abbandonare, suo malgrado, il campo base perché i<br />
sintomi che ha sono gli stessi di un edema polmonare<br />
incipiente che può risolversi senza conseguenze<br />
soltanto perdendo quota. Noi, presi un po’ alla<br />
sprovvista, gli prepariamo uno zaino con dentro<br />
l’indispensabile e poco dopo vediamo Giulio salire<br />
sull’elicottero che lo porterà a Puente del Inca.<br />
Il giorno dopo noi tre rimasti saliamo al campo<br />
1 con l’intenzione di passarvi la notte e magari<br />
l’indomani fare un pezzettino in su ma, salen-<br />
56 NOTIZIARIO C.A.I. VARALLO