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Notiziario anno 2009 - CAI Sezione Varallo Sesia

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do, anche Silvio inizia ad accusare la quota, così<br />

decide di scendere e rinunciare al tentativo di<br />

cima, raggiungendo Giulio che nel frattempo è<br />

arrivato a Mendoza. Verremo a sapere poi che,<br />

ritrovata l’ottima condizione fisica, sono ripartiti<br />

per trascorrere alcuni giorni a Vallesitos, una valle<br />

laterale molto caratteristica, salendo anche un<br />

paio di punte sopra i 4000 metri.<br />

Accidenti, ma questa è una spedizione a eliminazione<br />

diretta?! Restiamo solo Giorgio e io. Dormiamo<br />

ancora una notte al campo base e poi, dato il<br />

meteo favorevole, saliamo al campo 1. Domattina<br />

si partirà per la cima.<br />

Il vento nella notte è inizialmente molto forte,<br />

è il famoso “viento blanco”, responsabile di abbandoni<br />

e rinunce, causa di forti abbassamenti<br />

di temperature; io, venuta al corrente di ciò, mi<br />

sono portata il mio tutone di piuma, già che ce<br />

l’ho. Risulterà comunque eccessivo.<br />

Tutto sommato qui nella tenda non si sta neanche<br />

male, anzi, si dorme proprio bene. E chi lo dice che<br />

in quota non si chiude occhio... “Non preoccuparti,<br />

Giorgio – dico - che la sveglia la metto io alle 5”.<br />

Il vento è magicamente calato, penso che ancora<br />

una volta ci sia lo zampino dei nostri angeli custodi.<br />

Apro un occhio.. aaah, che dormita! Ma?! E’<br />

già chiaro!! Guardo l’ora: le sette!!! Giorgiooo!!!<br />

Svegliati, dobbiamo andare, è tardi!!! Ma si può??!<br />

Restare addormentati il giorno della cima?! Ci prepariamo<br />

in fretta e furia e schizziamo fuori dalla<br />

tenda: credo che oggi sia il giorno climaticamente<br />

più favorevole delle ultime settimane, e noi ce la<br />

stavamo dormendo beatamente.<br />

Ci mettiamo in marcia e prendiamo con calma il<br />

nostro passo. Il cielo è terso, non un alito di vento,<br />

il panorama a perdita d’occhio è mozzafiato.<br />

Mi spiace solo essermi persa i colori dell’alba.<br />

Pazienza. Poco dopo siamo a camp Berlin dove si<br />

trovano tende di altre spedizioni che sonnecchiano<br />

ancora e si animano lentamente al sorgere del<br />

sole. Neve non ce n’è ancora, è tutto ghiaione in<br />

un susseguirsi di pendii mai eccessivamente ripidi.<br />

Noi proseguiamo tranquilli e fiduciosi e, mentre<br />

l’aria si fa sottile, raggiungiamo e superiamo altri<br />

andinisti che procedono lentamente diretti verso<br />

la cima. Finalmente un po’ di neve. Calziamo i<br />

ramponi e ci apprestiamo a percorrere il lungo traverso<br />

che da Porta Zuelo del viento, a quota 6000<br />

metri, porta all’imbocco della famosa Canaleta.<br />

Giorgio mi precede, dai che ormai ci siamo. L’ultimo<br />

tratto prima della cima è sul filo di cresta:<br />

guardo giù dall’altra parte e la severa parete sud<br />

si offre nella sua maestosità dandomi un senso di<br />

vuoto. Ancora una decina di minuti di cammino ed<br />

eccoci finalmente in cima. E’ il 3 gennaio.<br />

NOTIZIARIO C.A.I. VARALLO<br />

La cima<br />

Consueta stretta di mano, bravo Bo, brava Giulia,<br />

foto di rito e in un attimo salgono fitte fitte le nubi<br />

ad avvolgere la montagna e noi, precludendoci il<br />

piacere di riempirci gli occhi di terra argentina.<br />

Peccato. Se solo ci fossimo svegliati prima! Ci<br />

toccherà tornare.. Repentina si scatena anche<br />

una tempesta di neve, dapprima debole, poi più<br />

decisa, con tanto di tuoni e fulmini, che ci obbliga<br />

ad abbandonare al più presto al cima e ridiscendere<br />

in tutta fretta lungo la via di salita incontrando<br />

le ultime persone che st<strong>anno</strong> ancora salendo. Al<br />

campo 1 appena il tempo di mettersi al riparo e<br />

giù una pioggia di pallini gelati picchiettare sul<br />

telo della tenda. Anche se è ancora presto per<br />

stanotte staremo qui, riposandoci e preparandoci<br />

psicofisicamente al peso degli zaini che ci toccherà<br />

portare domani giù al campo base dopo aver<br />

smontato tutto.<br />

Ultima dormita al campo base, organizzazione dei<br />

bagagli per il trasporto a valle a dorso di mulo e<br />

in neanche sei ore di cammino siamo all’uscita<br />

del parco dove facciamo il check-out con tanto di<br />

timbro e firma del ranger di turno sul permesso.<br />

Approfittando di un passaggio che ci offrono gli<br />

amici svizzeri conosciuti al campo base sul loro<br />

pulmino privato, prima dell’imbrunire siamo di<br />

nuovo a Mendoza a goderci una meritata doccia<br />

scaccia-pulci.<br />

Giulio e Silvio non ci sono, ci comunicano alla<br />

reception dell’hotel che torner<strong>anno</strong> da Vallesitos<br />

l’indomani, e così è.<br />

I giorni che restano li trascorriamo in città e dintorni,<br />

tra shopping, improbabili gite in bicicletta,<br />

feste campestri e cene e base di carne e vino<br />

“Santa Julia” (che caso!) per festeggiare chi in<br />

cima all’Aconcagua ci è stato e chi probabilmente<br />

un domani, chissà, magari tornerà per riprovarci.<br />

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