Notiziario anno 2009 - CAI Sezione Varallo Sesia
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NOTIZIARIO C.A.I. VARALLO<br />
Elbrus <strong>2009</strong> testo e foto di Giorgio Tosi<br />
Ed eccoci di nuovo insieme Giulia, Giulio ed io<br />
per una nuova avventura in montagna.<br />
Il nostro obiettivo è l’Elbrus, 5.642 metri nel<br />
Caucaso, un vulcano spento considerato la montagna<br />
più alta d’Europa. Questa volta purtroppo<br />
con noi non c’è Silvio, costretto a casa da<br />
problemi a un ginocchio; il gruppo comunque è<br />
collaudato e il giorno di Ferragosto partiamo da<br />
Malpensa alla volta di Mosca. Da qui, cambiato<br />
terminal, partono i voli interni al paese e, dopo<br />
una notte trascorsa a dormire sui bagagli nella<br />
hall dell’aeroporto, di primo mattino partiamo<br />
per Mineralnye Vody, cittadina della regione di<br />
Kabardino Balkaria.<br />
Fuori dall’aeroporto troviamo Shamil ad attenderci;<br />
o meglio lo troviamo noi mentre sonnecchia<br />
sotto una pianta con il foglio con il nome di<br />
Giulio scritto sopra arrotolato in mano. Caricati<br />
i bagagli ci aspettano tre ore circa di strada,<br />
a volte un po’ sconnessa, che ci conducono al<br />
paese di Azau a 2.356 metri. Il nostro albergo<br />
Balkaria è molto accogliente e dopo esserci<br />
sistemati facciamo un rapido giro del paesino<br />
per scoprire dove parte la cabinovia che porta<br />
in quota.<br />
Il giorno dopo il tempo è ottimo e dopo una<br />
buona colazione ci avviamo a piedi verso Terskol,<br />
chiamata la Chamonix del Caucaso (solo<br />
di nome), e poi Cheget. La strada è in discesa<br />
e percorriamo velocemente i circa 5 chilometri<br />
che separano i paesi. Da Cheget parte una<br />
seggiovia che conduce all’omonimo monte, un<br />
ottimo punto panoramico sull’Elbrus. Giunti alla<br />
fine della seggiovia scopriamo che ne parte una<br />
seconda ma decidiamo di percorrere a piedi<br />
la pista da sci per fare un po’ di allenamento.<br />
Alla fine della pista prendiamo il sentiero che<br />
in un paio d’ore ci conduce in vetta a quota<br />
3.642 metri.<br />
Da quassù lo spettacolo è stupendo: di fronte<br />
a noi le due cime gemelle dell’Elbrus con tutto<br />
il percorso che ci attende nei giorni successivi.<br />
Ottima anche la vista sulle montagne circostanti,<br />
più basse ma alpinisticamente molto<br />
più affascinanti.<br />
Il giorno successivo lo dedichiamo ancora all’acclimatamento<br />
facendo un’escursione fino al<br />
ghiacciaio Terskol.<br />
Alla sera incontriamo Lisa dell’agenzia Go Elbrus<br />
che ha organizzato la nostra permanenza<br />
in Russia e purtroppo ci informa che il meteo<br />
70<br />
per i giorni successivi non è molto buono e ci<br />
sarà parecchio vento in quota. Dobbiamo quindi<br />
rimandare di un giorno la nostra salita.<br />
Finalmente giovedì 20 agosto partiamo, zaino in<br />
spalla, direttamente dall’hotel. La meta odierna<br />
sono i “rifugi” posti a quota 4.070 metri dove<br />
sorgeva il rifugio Pryut, bruciato diversi anni<br />
prima. Per favorire l’acclimatamento evitiamo<br />
la cabinovia e ci incamminiamo lungo la larga<br />
pista che scende lungo i ripidi fianchi della<br />
montagna. La pista prosegue fino a quota 3.900<br />
metri circa ed è percorsa giornalmente da grossi<br />
camion che trasportano materiali in quota per<br />
la costruzione di un nuovo impianto.<br />
Durante la lunga salita il tempo peggiora e arriviamo<br />
al rifugio nella nebbia. In realtà non è<br />
un vero rifugio ma un container con due camere<br />
e un locale comune per mangiare. Ci accoglie<br />
il custode Rustam che ci fa vedere dove sistemarci.<br />
Purtroppo le previsioni si rivelano esatte<br />
e quando alle 2 ci svegliamo soffia un vento<br />
fortissimo e la visibilità è quasi nulla. Torniamo<br />
a dormire ma anche alle 5 la situazione non è<br />
cambiata, quindi di nuovo nel sacco a pelo.<br />
Rinunciamo a malincuore e, piuttosto che attendere<br />
l’arrivo del bel tempo in un “lurido”<br />
container, preferiamo scendere a valle nella comodità<br />
dell’albergo. Alla sera, nel caldo dell’albergo<br />
e in compagnia di un gruppo di simpatici<br />
austriaci, incontriamo di nuovo Lisa per fare il<br />
punto della situazione meteo. Questa volta le<br />
notizie sembrano buone: da lunedì il tempo sarà<br />
bello con assenza di vento. Decidiamo quindi<br />
di salire domenica e di tentare la vetta lunedì.<br />
Sabato 22 lo dedichiamo al turismo e visitiamo<br />
una valletta laterale a quella di Baksan, poco<br />
frequentata dai turisti stranieri.<br />
Domenica si riparte, rigorosamente sempre<br />
a piedi, alla volta del rifugio e, come era già<br />
successo, arriviamo dal nostro amico Rustam<br />
in mezzo a una violenta tormenta.<br />
Nonostante il tempaccio prepariamo tutto e<br />
andiamo a dormire presto, convinti che il tempo<br />
migliorerà come previsto. Infatti alle 5 ci svegliamo<br />
e il cielo è stellato; rimane ancora un<br />
po’ di freddo e vento ma comunque accettabile.<br />
Alle 5.40 partiamo slegati visto che non ci sono<br />
crepacci. Il tracciato nei primi 1000 metri di<br />
dislivello percorre un pendio che si fa via via più<br />
ripido fino sotto la verticale della cima est; poi<br />
a circa 5000 metri svolta a sinistra in un lungo