L'occitanizzazione delle Alpi Liguri e il caso del brigasco: un ...
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222<br />
FIORENZO TOSO<br />
Sui plurali di tipo metafonetico che tipicizzano così nettamente<br />
<strong>il</strong> <strong>brigasco</strong>, <strong>il</strong> buon Bronzato trova alleati persino nei perfidi<br />
Piemontesi. Vabbe’, in <strong>brigasco</strong> non ci sono plurali in -s come<br />
sarebbe logico aspettarsi da qualsiasi bravo dialetto «occitano»<br />
che si rispetti, ma suvvia, tutti abbiamo i nostri difettucci, non stiamo<br />
a sott<strong>il</strong>izzare: la metafonia è presente anche nel Biellese, nelle<br />
parlate <strong>del</strong> Canavese e «sino all’area c<strong>un</strong>eese-monregalese per poi<br />
tracimare e scendere in Val Roya». Un vero fiume in piena, insomma,<br />
anche se <strong>un</strong> tantinello periferico rispetto al Rodano, alla<br />
Durenza e persino al Varo: sufficiente però a dimostrare, secondo<br />
Bronzato, che anche <strong>il</strong> povero Dalbera non aveva capito niente 58 .<br />
Qualc<strong>un</strong>o si chiederà: visto che i dialetti <strong>del</strong> Biellese, <strong>del</strong> Canavese<br />
e <strong>del</strong> C<strong>un</strong>eese-Monregalese sono piemontesi fino a prova contraria,<br />
come si salva l’«occitanità» <strong>del</strong>la metafonia brigasca? Ma è<br />
semplice: Bronzato ne tira fuori dal cappello qualche traccia attestata<br />
a Coumboscuro in Val Grana, da dove evidentemente <strong>il</strong> fenomeno<br />
sarà «tracimato» nel resto <strong>del</strong> mondo.<br />
Ogni tanto sp<strong>un</strong>tano fuori dalle esternazioni di Bronzato sprazzi<br />
di ovvietà <strong>del</strong> tipo «<strong>il</strong> <strong>brigasco</strong> non presenta forme di r<strong>il</strong>ievo rispetto<br />
alle parlate vicine siano esse occitane o gallo-italiche»,<br />
come se ciò dovesse costituire <strong>un</strong>a riprova <strong>del</strong> carattere «occitano»<br />
<strong>del</strong> <strong>brigasco</strong>. Ma in <strong>un</strong> contesto volto a dimostrare <strong>il</strong> carattere<br />
«occitano» <strong>del</strong> <strong>brigasco</strong> non si capisce se, di fronte a cotanta<br />
<strong>un</strong>itarietà, l’intero «occitano» sia da considerare (orrore!) <strong>un</strong>a<br />
sottovarietà galloitalica, o se (ipotesi naturalmente più accattivante)<br />
l’intero nord Italia debba essere annesso all’«Occitania Granda»:<br />
è verissimo ad esempio che <strong>il</strong> ligure alpino <strong>brigasco</strong> presenta<br />
diversi tratti in com<strong>un</strong>e sia con i dialetti «occitani» che con quelli<br />
piemontesi (oltre naturalmente che con gli altri dialetti liguri),<br />
58 “Per <strong>il</strong> prof. Dalbera questo tipo di plurale, alla royasca, dimostrerebbe la non<br />
occitanità, pardon provenzalità di questa parlata” (p. 21), freme di sdegno Bronzato.<br />
Forse Dalbera ha <strong>un</strong>a conoscenza <strong>del</strong>l’area alla quale ha dedicato dieci anni di studi sufficiente<br />
per sostenere cotanta eresia (non so se altrettanto si potrà dire <strong>del</strong> suo interlocutore),<br />
e forse conosce la letteratura relativa alla metafonia in Italia settentrionale,<br />
opport<strong>un</strong>amente riass<strong>un</strong>ta, ad esempio, in L. SAVOIA e M. MAIDEN, Metaphony, in The<br />
Dialects of Italy, a c. di M. MAIDEN e M. PARRY, London – New York 1997, dove per inciso<br />
non trovo neppur presa in considerazione l’ipotesi che <strong>il</strong> fenomeno sia stato importato<br />
dall’“Occitania”.