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L'occitanizzazione delle Alpi Liguri e il caso del brigasco: un ...

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226<br />

FIORENZO TOSO<br />

in passato, e parzialmente mantenuto, l’esito arcaizzante -P- > -bche<br />

in questo <strong>caso</strong> sarebbe al massimo in «com<strong>un</strong>e» con l’«occitano»<br />

64 .<br />

Senz’altro in com<strong>un</strong>e con l’«occitano» è, in tutta l’area ligure<br />

occidentale, l’esito -gn- <strong>del</strong> latino -NG- davanti a vocale palatale,<br />

che pertanto non ci riconduce affatto «all’area galloromanza occitana<br />

mentre l’esito -nz- è diffuso in tutto <strong>il</strong> territorio galloitalico»:<br />

basta verificare su qualche repertorio lessicale ligure la diffusione<br />

64 Il dialetto cosiddetto <strong>del</strong> Kyé, nel Monregalese, è stato definito “provenzale” nello<br />

studio pionieristico di C. GRASSI, Parlà du kyé, cit., essenzialmente sulla base di due<br />

fenomeni fonetici che sarebbero “com<strong>un</strong>i” all’“occitano” cisalpino, ossia, per l’app<strong>un</strong>to,<br />

<strong>il</strong> passaggio -P- > -b- e la palatalizzazione di CA-, GA-; ora, a prescindere dal fatto che<br />

per <strong>il</strong> resto i fenomeni presenti nella parlata sono dimostrab<strong>il</strong>mente com<strong>un</strong>i all’area piemontese,<br />

o denotano con <strong>un</strong>a certa chiarezza <strong>un</strong>’interferenza monferrino-ligure sulla<br />

quale non vorrei qui d<strong>il</strong><strong>un</strong>garmi, abbiamo appena visto che P > -b- è l<strong>un</strong>gi dall’essere <strong>un</strong><br />

indicatore certo di “occitanità”; quanto alla palatalizzazione di CA- e GA-, i frequenti<br />

affioramenti presenti in area galloitalica lasciano intravedere anche per <strong>il</strong> Kyé <strong>un</strong>a storia<br />

di conservazione di caratteri altoitaliani arcaici più che “occitani”. Ovviamente per<br />

Bronzato sono tracce “occitane” tutti gli esiti che appena appena si discostino dal piemontese,<br />

ma per l’app<strong>un</strong>to in tali casi (ad esempio -r- + cons. > -j-) la continuità con l’area<br />

ligure e monferrina è evidente. Quanto al lessico, P.L. MASSAJOLI, che se ne è occupato<br />

brevemente in Kyé e <strong>brigasco</strong>, in “R’nì d’àigüra”, 13 (1990), pp. 16-17, sostiene (p.<br />

17) che “ci sembra che quantitativamente esso abbia <strong>un</strong>a componente occitana minore<br />

di quella <strong>del</strong> <strong>brigasco</strong>”. Beh, visto che la componente lessicale “occitana” specifica <strong>del</strong><br />

<strong>brigasco</strong> è in realtà assai succinta, sarebbe <strong>il</strong> <strong>caso</strong> di cominciare a chidersi cosa ci sia di<br />

così “occitano” nel dialetto <strong>del</strong> Kyé. Non sono particolarmente interessato alla classificazione<br />

di questa parlata, ma prometto solennemente a Bronzato che tornerò a occuparmene<br />

alla prima occasione. Un’ultima notazione: l’affiorare di fenomeni di palatalizzazione<br />

di CA- e GA- “in base a pochissime e dubbiose tracce fonetiche” è usato secondo<br />

Bronzato da “alc<strong>un</strong>i autori” che “riescono a ricostruire degli scenari linguistici,<br />

comodi per coloro che negano l’indipendenza di alc<strong>un</strong>e lingue come <strong>il</strong> Friulano, <strong>il</strong><br />

Ladino ecc. rispetto al sistema galloitalico”. Bronzato avrà anche trattato, come dice,<br />

l’argomento nella sua tesi di laurea, ma ho l’impressione che da allora la bibliografia sia<br />

<strong>un</strong> po’ aumentata. Il tema <strong><strong>del</strong>le</strong> palatalizzazioni in Alta Italia è ampiamente discusso e<br />

oggi serenamente accolto da tutti gli studiosi di ladino e di friulano, che a differenza di<br />

lui non vedono ov<strong>un</strong>que misteriosi complotti di linguisti animati da astio feroce nei confronti<br />

<strong><strong>del</strong>le</strong> povere minoranze oppresse. Tra gli ultimi contributi, mi piace ricordare<br />

quello di <strong>un</strong>o studioso seriamente impegnato nella tutela <strong>del</strong>la sua lingua come Paul<br />

Videsott, <strong>il</strong> cui cognome tanto più ladino di quanto Bronzat sia “occitano”, può essere<br />

considerato <strong>un</strong>a garanzia in tal senso (P. VIDESOTT, La palatalizzazione di CA e GA nell’arco<br />

alpino orientale. Un contributo alla <strong>del</strong>imitazione dei confini <strong>del</strong>l’Italia linguistica<br />

<strong>del</strong>l’anno 1000, in “Vox Romanica”, 60 (2001), pp. 25-50); oppure <strong>un</strong> lavoro apparso su<br />

<strong>un</strong>a rivista certamente non avversa ai Ladini dolomitici, visto che ne costituisce l’organo<br />

ufficiale (F. JODL, L’origine <strong>del</strong>la palatalizzazione di [k, g / a] nel romanzo <strong>del</strong>l’Italia<br />

Settentrionale, <strong>del</strong> Trentino, dei Grigioni e <strong>del</strong>la Ladinia dolomitica, in “Ladinia”, 29<br />

(2005), pp. 155-192). Ambedue gli studiosi, senza strapparsi i capelli, danno per scontata<br />

l’esistenza antica <strong><strong>del</strong>le</strong> palatalizzazioni di CA- e GA- in tutta l’Alta Italia: Videsott<br />

comprendendovi anche la <strong>Liguri</strong>a, che a onor <strong>del</strong> vero sembra risultare estranea al fenomeno.

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