L'occitanizzazione delle Alpi Liguri e il caso del brigasco: un ...
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FIORENZO TOSO<br />
nente (tra Sanremo e Ventimiglia sulla costa), che da questo p<strong>un</strong>to<br />
di vista (ma la grammatica storica racconta <strong>un</strong>’altra realtà) finiscono<br />
per avvicinarsi all’«occitano» assai più <strong>del</strong> <strong>brigasco</strong>. Nella difficoltà<br />
di spiegare l’assenza di questo GWA > ga nell’«occitanissimo»<br />
<strong>brigasco</strong>, meglio allora riesumare l’«arcaismo occitano» e<br />
dimenticarsi completamente la distribuzione degli esiti di GWA in<br />
tutta la <strong>Liguri</strong>a, con la (questa volta) imbarazzante continuità <strong>del</strong>l’esito<br />
«occitano» nel solo estremo Ponente.<br />
A questo p<strong>un</strong>to, come si sarà capito, siamo in piena linguistica<br />
creativa: è irr<strong>il</strong>evante ad esempio che -L- > -r-, esito considerato<br />
fin dai tempi <strong>del</strong> Merlo l’«acutissima tra le spie liguri» in tutti i<br />
manuali di linguistica romanza sia presente in <strong>brigasco</strong> in piena<br />
continuità con le parlate liguri contermini: poiché esso risulta anche<br />
«diffuso in tutte le parlate occitane alpine e sino al Massiccio<br />
Centrale francese», è da lì che <strong>il</strong> <strong>brigasco</strong> lo avrà ass<strong>un</strong>to 67 .<br />
Ma andiamo avanti, passiamo alla morfologia. Io forse vado in<br />
giro a «minacciare» bibliografie, ma Bronzato si dimostra <strong>un</strong> tantinello<br />
reticente quando parla di forme verbali che «avvicinano<br />
molto <strong>il</strong> <strong>brigasco</strong> alle forme classicamente occitane» senza citarne<br />
manco <strong>un</strong>a, o quando menziona <strong>un</strong> uso <strong>del</strong>l’articolo «che presenta<br />
elementi di arcaicità riscontrati nella parlata trobadorica»: sarei<br />
curioso di sapere cosa conoscano gli esperti <strong>del</strong>la «parlata» trobadorica<br />
(visto che nel Duecento non c’erano ancora i magnetofoni),<br />
però, visto che le forme <strong>del</strong>l’articolo <strong>brigasco</strong> sono r’ ed ër<br />
al masch<strong>il</strong>e singolare, a e r’ al femmin<strong>il</strong>e singolare, i ed e al plurale,<br />
conformemente a mo<strong>del</strong>li ampiamente diffusi (ad esempio, per<br />
quanto riguarda la <strong>Liguri</strong>a, nell’Oltregiogo occidentale e nello<br />
Spezzino), dovremo dedurne che non solo i pastori brigaschi, ma<br />
anche i taglialegna di Cairo Montenotte e i pescatori <strong><strong>del</strong>le</strong> Cinque-<br />
67 C’è solo da sperare che Bronzato non venga a sapere che -L- > -r- esiste anche in<br />
romeno, altrimenti dovremo rivoluzionare la storia linguistica <strong><strong>del</strong>le</strong> lingue romanze: è<br />
notorio infatti che i Catari appresero la loro Alta Dottrina Sapienziale dai dualisti bulgari,<br />
passati poi in Bosnia col nome di Bogom<strong>il</strong>i e di qui in Lombardia come Patarini,<br />
traslocando definitivamente a Tolosa. C’è <strong>il</strong> rischio di dedurne che -L- > -r- sia stato raccattato<br />
da qualche missionario manicheo dalle parti <strong>del</strong>la Valacchia e poi disseminato<br />
qua e là per la Romània occidentale! Cedo volentieri a Bronzato <strong>il</strong> copyright di questa<br />
entusiasmante scoperta e gli suggerisco di farsi invitare a “Voyager” per <strong>un</strong>a p<strong>un</strong>tata speciale<br />
sulla fantalinguistica, dove avrà ampio modo di <strong>il</strong>lustrarla.