Cartesio René des Cartes Magia Naturale
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03/07/2012 - 21.12 <strong><strong>Cartes</strong>io</strong> <strong>René</strong> <strong>des</strong> <strong>Cartes</strong> <strong>Magia</strong> <strong>Naturale</strong><br />
Non ha infatti senso cercare risposte negli scritti di Aristotele a problemi nuovi o a questioni alle<br />
quali non ha mai pensato. Certamente ciò conviene alle menti deboli e non in grado di essere<br />
autonome. Conviene loro perché sono usi nascondersi dietro discorsi oscuri ed argomentazioni<br />
contorte pretendendo con ciò di contrastare menti sottili ed abili che utilizzano invece la ragione<br />
come strumento di continua analisi del mondo circostante. Sono come ciechi che, per battersi con<br />
un vedente, lo costringono in una cella sotterranea a lottare al buio. Per parte sua Descartes non<br />
ha intenzione di perdere tempo con tali personaggi:<br />
dirò soltanto che ho deciso di impiegare il tempo che mi resta da vivere cercando d'acquistare una<br />
conoscenza della Natura che sia tale da poterne trarre per la Medicina norme più sicure di quelle<br />
seguite fino ad oggi; dirò pure che la mia inclinazione mi allontana tanto da qualsiasi altro<br />
progetto, soprattutto da quelli che non possono essere utili agli uni che nuocendo ad altri che, se<br />
qualche circostanza mi costringesse a dedicarmici, in nessun modo - credo - sarei capace di<br />
riuscirvi [Discours; 2; 553]<br />
Fin qui per ciò che riguarda aspetti<br />
fondamentali del metodo per conoscere il<br />
mondo naturale. Ma manca un altro<br />
aspetto che pure è ritenuto fondamentale<br />
da Descartes e del quale discute nella<br />
Parte Seconda, cioè prima di quanto ho<br />
discusso, dei Discours. Mi riferisco alla<br />
Matematica che viene introdotta con un<br />
discorso articolato che inizia nella Prima<br />
Parte e che vale la pena raccontare. Egli<br />
inizia con il passare in rassegna tutte le<br />
cose che ha studiato fin dalla gioventù.<br />
Dice di aver studiato in una delle più<br />
celebri scuole d'Europa, dove pensava<br />
dovessero trovarsi uomini dotti. Le lingue<br />
le ritiene importanti perché permettono di<br />
studiare libri antichi; le favole hanno<br />
invece il pregio di risvegliare l'ingegno che<br />
viene poi innalzato dallo studio delle gesta<br />
memorabili; la lettura dei buoni libri è<br />
come una conversazione con i saggi. Egli<br />
ha apprezzato anche l'Eloquenza e la<br />
Poesia ma ha considerato queste discipline<br />
più come doni naturali che non come un<br />
qualcosa che si acquisisce con lo studio.<br />
Con la Teologia il rapporto era diverso ed<br />
in qualche modo la ritenevo cosa utile per<br />
guadagnarsi il cielo. Ma la lasciò da parte<br />
perché in cielo vanno sia gli ignoranti che i dotti e perché le verità rivelate, superando di molto<br />
l'intelligenza umana, non avrebbe mai avuto il coraggio di sottoporle al vaglio della ragione. La<br />
Filosofia, poi, aveva visto cimentarsi i più illustri ingegni che continuavano a disquisire senza<br />
tirare fuori un qualcosa che abbia un senso definitivo e comunque egli non si sente capace di<br />
aggiungere qualcosa. Riguardo poi alle scienze che discendevano dalla filosofia le ha lasciate da<br />
parte perché non si costruisce nulla di buono con basi così incerte. Infine, dice, quanto alle false<br />
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