universita' degli studi della tuscia facolta' di agraria ... - Unitus DSpace
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L’atrofia del capolino provoca un accrescimento ridotto dell’infiorescenza e spesso gli apici<br />
delle brattee imbruniscono e <strong>di</strong>sseccano. Le brattee più esterne a volte continuano a crescere<br />
normalmente, per cui la metà superiore del capolino è vuota, tanto che volgarmente vengono<br />
detti carciofi “monaci”, forse a somiglianza <strong>di</strong> una cappa indossata dai monaci. Sulle cause<br />
che provocano l’insorgere dell’atrofia, sono state formulate numerose ipotesi, non ancora del<br />
tutto chiarite. Si è notato però, che un precoce risveglio <strong>della</strong> carciofaia contribuisce ad<br />
aumentare notevolmente la percentuale <strong>di</strong> capolini atrofici, specialmente se, in corrispondenza<br />
<strong>della</strong> fase <strong>di</strong> transizione (circa 60 giorni dalla prima adacquata), si registrano temperatura<br />
superiori ai 25°C. Infatti sono state trovate delle correlazioni positive fra temperatura me<strong>di</strong>a e<br />
massima, eliofania del periodo <strong>di</strong> transizione e <strong>di</strong> raccolta e percentuale <strong>di</strong> capolini atrofici.<br />
1.11 Propagazione <strong>della</strong> specie<br />
A parte la necessità <strong>di</strong> produrre nuovi cloni migliorati, uno dei problemi ancora non<br />
completamente risolti è quello <strong>della</strong> produzione <strong>di</strong> materiale genetico valido per la<br />
moltiplicazione.<br />
Infatti, rimanendo quello <strong>della</strong> moltiplicazione per seme un obiettivo ancora da realizzare, la<br />
propagazione vegetativa associata alla necessità <strong>di</strong> ringiovanire le carciofaie dopo 4-5 anni<br />
dall’impianto, pone il problema <strong>della</strong> produzione <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong> propagazione qualificato<br />
(esente da patogeni) e possibilmente a basso costo.<br />
1.11.1 Meto<strong>di</strong> convenzionali<br />
Il carciofo, normalmente, può essere propagato per via vegetativa (agamica) me<strong>di</strong>ante parti <strong>di</strong><br />
pianta (ovoli, carducci, zampe). Questo tipo <strong>di</strong> propagazione favorisce tuttavia la <strong>di</strong>ffusione<br />
dei patogeni, creando a volte problemi fitosanitari (Ancora et al., 1987), e determina inoltre<br />
una bassa efficienza <strong>di</strong> moltiplicazione. L’uso <strong>di</strong> un metodo invece dell’altro <strong>di</strong>pende dalla<br />
tra<strong>di</strong>zione che si è venuta creando nelle regioni <strong>di</strong> coltivazione.<br />
Per la produzione <strong>di</strong> ovoli e carducci non si fa generalmente ricorso a tecniche particolari.<br />
Questi infatti vengono <strong>di</strong> norma prelevati da piante destinate alla produzione <strong>di</strong> capolini, il<br />
che consente <strong>di</strong> utilizzare in misura molto modesta il potenziale <strong>di</strong> moltiplicazione <strong>di</strong> questa<br />
specie, pari a circa 30 germogli/pianta/anno se si rinuncia alla produzione <strong>di</strong> capolini<br />
(Mauromicale et al., 1986).<br />
La causa del basso tasso <strong>di</strong> moltiplicazione è da ricercarsi nell’azione inibitrice <strong>della</strong><br />
dominanza apicale, la quale permette l’accrescimento <strong>di</strong> germogli laterali soltanto dopo la<br />
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