universita' degli studi della tuscia facolta' di agraria ... - Unitus DSpace
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3.2 Marcatori biochimici<br />
Un secondo livello <strong>di</strong> analisi corrisponde all’impiego <strong>di</strong> marcatori proteici; fra questi gli<br />
isoenzimi ricoprono un ruolo importante. Gli isoenzimi sono forme <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> un medesimo<br />
enzima con la stessa specificità <strong>di</strong> substrato. Tale polimorfismo <strong>di</strong>pende da mutazioni che<br />
hanno portato alla formazione <strong>di</strong> seri alleliche multiple allo stesso locus. Ciascuna forma<br />
isoenzimatica può essere quin<strong>di</strong> collegata concettualmente ad un particolare allele. Le prime<br />
esperienze <strong>di</strong> analisi del polimorfismo isoenzimatico in popolazioni naturali possono essere<br />
fatte risalire a Lewontin e Hubby (1966) su Drosophila pseudoobscura. Da allora gli<br />
isoenzimi sono stati molto utilizzati anche in ambito vegetale ed in partircolare per <strong>stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong><br />
genetica delle popolazioni (Brown, 1979). I principali vantaggi <strong>di</strong> questi marcatori sono la<br />
codominanza, la mancanza <strong>di</strong> effetti epistatici e pleiotropici, la relativa facilità d’impiego, i<br />
bassi cosi <strong>di</strong> utilizzo, la riproducibilità delle analisi. Gli isoenzimi presentano però alcuni<br />
importanti limiti. Innanzitutto, il numero <strong>di</strong> sistemi enzimatici polimorfici analizzabili è<br />
piuttosto limitato (12-20). Questo rende <strong>di</strong>fficoltose o impossibili le indagini in popolazioni<br />
con un non elevato livello <strong>di</strong> polimorfismo. Inoltre, i loci enzimatici rappresentano solo una<br />
piccola e non casuale parte de genoma (quella espressa). La variabilità osservata potrebbe<br />
dunque non essere rappresentativa dell’intero genoma.<br />
3.3 Marcatori molecolari<br />
Lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o <strong>della</strong> <strong>di</strong>versità genetica <strong>di</strong> specie selvatiche e coltivate attraverso marcatori<br />
molecolari, rappresenta un innovativo sistema <strong>di</strong> indagine che ha molteplici applicazioni nel<br />
miglioramento genetico. I marcatori molecolari sono stati, infatti, ampiamente utilizzati per la<br />
caratterizzazione genotipica <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie vegetali. Attualmente hanno trovato ampia<br />
applicazione nell’accertamento dell’identità varietale, fondamentale soprattutto in specie a<br />
propagazione vegetativa, e per risolvere casi <strong>di</strong> omonimia e sinonimia.<br />
L’analisi del genoma me<strong>di</strong>ante marcatori molecolari è in grado <strong>di</strong> rilevare la <strong>di</strong>versità,<br />
espressa come mutazione, <strong>di</strong> regioni <strong>di</strong> DNA omologhe in in<strong>di</strong>vidui appartenenti alla stessa<br />
specie. Un marcatore molecolare può essere definito come quel locus genomico, rilevabile<br />
con sonde (=probe) o inneschi (=primer) specifici che, in virtù <strong>della</strong> sua presenza,<br />
contrad<strong>di</strong>stingue in modo caratteristico ed inequivocabile il tratto cromosomico con il quale si<br />
identifica e le regioni che lo circondano alle estremità 5’ e 3’ (Barcaccia et al. 2000). Tali<br />
marcatori, <strong>di</strong> conseguenza, non sono generalmente riferibili all’attività <strong>di</strong> specifici geni, ma si<br />
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