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universita' degli studi della tuscia facolta' di agraria ... - Unitus DSpace

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- La selezione clonale è stata applicata con successo in popolazioni locali caratterizzate da<br />

<strong>di</strong>screta eterogeneità biologica e morfologica (Deidda 1967; Abbate e Noto 1981; Trigo<br />

Colina 1981; Pècaut 1983; Mauromicale e Copani 1989).<br />

- La selezione clonale in progenie provenienti da autofecondazione, libero incrocio od<br />

incrocio intervarietale: sfrutta l’elevato livello <strong>di</strong> eterozigoti che caratterizza la coltura. Le<br />

progenie ottenute me<strong>di</strong>ante il seme hanno, infatti, evidenziato una amplissima segregazione<br />

(Miller 1975; Scarascia Mugnozza e Pacucci 1976; Tesi 1976; Mauromicale 1987;<br />

Graifenberg e Giustiniani 1997; Papalini et al., 1997). Il limite sostanziale <strong>di</strong> queste due<br />

strategie, basate sulla selezione e la successiva moltiplicazione me<strong>di</strong>ante le tecniche <strong>di</strong><br />

propagazione vegetativa tra<strong>di</strong>zionale, è stato finora rappresentato dal ridotto tasso <strong>di</strong><br />

moltiplicazione (da 5 a 10 piante ottenibili per anno da un capostipite) che ha impe<strong>di</strong>to o<br />

fortemente limitato la <strong>di</strong>ffusione in coltura dei cloni isolati. La micropropagazione “in vitro”<br />

potrebbe aumentare considerevolmente il tasso <strong>di</strong> moltiplicazione, tuttavia, non è utilizzabile<br />

per le varietà precoci a causa <strong>della</strong> formazione, ad elevata frequenza, <strong>di</strong> “mutanti” tar<strong>di</strong>vi.<br />

Negli ultimi anni sono stati <strong>di</strong>ffusi con successo cloni del tipo varietale primaverile<br />

“Romanesco” (come il clone C3) che hanno beneficiato del contributo determinante <strong>della</strong><br />

micropropagazione “in vitro” in quanto non sono caratterizzati dalla formazione <strong>di</strong> piante<br />

“mutanti” nelle successivi sub-colture.<br />

- La selezione <strong>di</strong> linee inbred e la costituzione <strong>di</strong> seme ibrido F1 <strong>di</strong>rettamente da cultivar: è<br />

possibile perché il sistema riproduttivo, prevalentemente allogamo del carciofo, non è<br />

conseguenza <strong>di</strong> autoincompatibilità genetica, ma <strong>di</strong> proterandria; pertanto non è preclusa la<br />

possibilità <strong>di</strong> ottenere progenie da autofecondazione. Tale metodologia, messa a punto<br />

nell’ultimo ventennio, è basata sulla creazione <strong>di</strong> nuovi genotipi con struttura genetica<br />

uniforme e sostanzialmente <strong>di</strong>fferenti dai cloni attualmente coltivati. Tale pratica presenta non<br />

poche <strong>di</strong>fficoltà oggettive, tra le quali: i) la necessità <strong>di</strong> effettuare autofecondazione manuali<br />

ripetute attraverso l’isolamento dei capolini prima dell’antesi per evitare inquinamenti da<br />

polline esterno. A causa <strong>della</strong> proterandria che caratterizza la specie è necessario prelevare il<br />

polline maturo, sino alla completa recettività <strong>degli</strong> stigmi, e <strong>di</strong>stribuirlo manualmente<br />

me<strong>di</strong>ante spennellature; ii) la necessità , per la costituzione <strong>degli</strong> ibri<strong>di</strong> F1; <strong>di</strong> effettuare il<br />

lavaggio dei capolini <strong>della</strong> linea inbred portaseme allo scopo <strong>di</strong> evitare autofecondazione<br />

(Perrino e Pacucci, 1974). Per la costituzione su scala commerciale <strong>di</strong> seme delle varietà<br />

ibride è stata utilizzata, nell’ultimo decennio la maschosterilità. Tale carattere è stato scoperto<br />

da Principe (1984) e sembrava determinato da un singolo gene recessivo chiamato ms1; più<br />

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