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Ore 11.50: a Copenhagen è ora di pranzo<br />

Sabrina Bacci<br />

Sono le 11.43 di una normale mattina di ottobre. Una mattina... E<br />

invece no, per loro non è più mattina, lo testimonia il fatto che<br />

sono stata più volte presa in giro, quando esclamo degli improbabili<br />

«god morgen» alle 11. No, è già ora di pranzo. Eh sì, perché<br />

qui, i miei colleghi danesi, si svegliano presto, a mezzogiorno<br />

hanno già concluso metà del loro lavoro e io invece ho appena cominciato<br />

a carburare. Spero solo che oggi nessuno mi venga a chiamare<br />

per il pranzo. E invece, ore 11.50, arriva lei, la collega alta e<br />

bionda. Ha fame. Che facciamo andiamo? La mensa chiude alle<br />

13.30, bisogna sbrigarsi, altrimenti finisce tutto. E io che faccio?<br />

Mangio da sola? Alle 14, quando la gente è già pronta per andare<br />

via? Ridicola. No, anche io devo andare. Vado. Ma io ho il mio<br />

pranzo. Ci sediamo con gli altri. Tutti guardano il mio piatto ma,<br />

ovvio, nessuno ha il coraggio di chiedere. Una banale caprese. E le<br />

domande sarebbero infinite: perché uso il pane per accompagnare<br />

le cose, e non ci spalmo il burro, perché il pane è bianco, perché<br />

bevo acqua e non caffè durante il pasto, perché condisco i pomodorini<br />

con l’olio, e soprattutto perché li taglio a metà. Ma nessuno<br />

chiede niente. Loro mangiano lo smørrebrød. Pane nero versione<br />

orizzontale, con sopra mille varianti di condimento, ma soprattutto,<br />

mangiato con forchetta e coltello. E io, sud-<strong>eu</strong>ropea, mangio<br />

il mio pezzo di pane con le mani. Dal momento in cui lei, la<br />

bionda, mi ha chiamato per il pranzo, è passato qualche minuto, è<br />

poco dopo le 12, e ufficialmente per fortuna (almeno per me) mattina<br />

non lo è più. Posso mangiare. Finito, torniamo su. Io cerco un<br />

caffè, sono l’unica. Gli altri sì, lo bevono, ma non subito dopo il<br />

pranzo. C’è il bibitone. Ok. Cerco qualcuno per parlare. No, è ora<br />

di rimettersi al lavoro. Sono passati più di 40 minuti. Sì, sono le<br />

12.40. E pensare che il mio ristorantino preferito di Roma solo tra<br />

un po’ comincerà a riempirsi. Ma Roma è... laggiù.<br />

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