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Milano, 19.19<br />

Giulio Tanek<br />

Ore 19.19: esco dall’ufficio e penso che, anche oggi, non riuscirò<br />

ad arrivare a casa presto. Cerco di mettere da parte tutti i pensieri<br />

della giornata lavorativa, mi incammino verso la vicina fermata<br />

della 90 (sì, «la» 90, al femminile come ogni autobus di Milano) e<br />

dopo aver indossato i miei occhiali da sole noto che, grazie alle lenti<br />

azzurre, il limpido cielo che fa da contorno a questo tardo pomeriggio<br />

di fine estate sembra ancora più bello. Al contrario di ciò che si<br />

dice, Milano non è solo tinta di grigio e questo panorama ne è la<br />

prova. Una dimostrazione di bellezza che riesce a strapparmi qualche<br />

secondo di ammirazione ma che purtroppo è bruscamente interrotta,<br />

quando abbassando lo sguardo vedo ciò che, a terra, mi<br />

circonda: una coda interminabile a un semaforo, un’auto parcheggiata<br />

sul marciapiede che mi costringe a improvvisarmi contorsionista<br />

e un prolungato clacson che ricorda ai passanti che, a Milano,<br />

tutti hanno fretta. Ed è proprio quella fretta che improvvisamente<br />

ritrovo, quando vedo che, in lontananza, una grossa sagoma arancione<br />

sta arrivando verso la mia fermata. Con uno scatto riesco a<br />

salire sul filobus, mi siedo accanto a un finestrino, come piace a<br />

me, e continuo a osservare la vita della città. Qualche minuto dopo<br />

mi ritrovo di nuovo in strada a percorrere l’ultimo tratto che mi separa<br />

da casa, perseverando nel mio ruolo di silenzioso osservatore.<br />

Una ragazza fissa un palo a cui purtroppo sono legati fiori e bigliettini,<br />

il suo dolore mi raggiunge e il tempo sembra rallentare fino<br />

quasi a fermarsi quando lei, silenziosa e discreta, manda un bacio al<br />

palo con la mano. Attorno invece imperversano frenetici vortici di<br />

auto, moto e clacson che solcano le strade e battono un veloce<br />

ritmo con cui, nel frattempo, ho raggiunto il portone di casa. Anche<br />

oggi ho osservato e «vissuto» la mia città e, prima di entrare in<br />

casa, guardando la strada decido di rivolgere un doveroso e affettuoso<br />

saluto: «Ciao Milano, ci rivediamo domattina».<br />

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