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Nell’ora della nostra morte<br />

Luca Di Garbo<br />

Leventi. Cinque minuti. Mancavano cinque maledetti minuti all’inizio<br />

dello spettacolo. Quegli abiti di scena non li sentivo affatto<br />

miei. Stringevo il breve copione in mano. Nevroticamente distoglievo<br />

lo sguardo a testare la memoria, salvo piombare dopo un<br />

nonnulla sull’anonimo foglio, alla ricerca di parole rivelatrici, amiche.<br />

Nulla. Non ricordavo una fottuta parola. Il vuoto eterno. Il<br />

nulla vi dico. E io c’ero dentro: ero fuori dal personaggio e non sarebbero<br />

bastati certo cinque minuti per entrarvi. Incrociai la regista<br />

nel corridoio. Andava di fretta. Le andai dietro con medesimo<br />

passo, non umore. Inciampai su cavi, attrezzi scenici e sacchi<br />

sparsi. E balbettai il mio disagio: non mi guardò neppure in faccia.<br />

Le ventiecinque. Sipario. Salii sul palco. Silenzio. Attimi. Macigni.<br />

Freddo. Tentai di far mie le parole della suggeritrice con malcelata<br />

sicurezza. Poi improvvisai, malamente. Infine tacqui. I miei compagni<br />

di scena entravano e uscivano, il tutto aveva un suo senso. Io<br />

no. Vuoti di scena e di memoria. Abbandonai il palco con la sensazione<br />

di una palpabile inadeguatezza. Il pubblico invece applaudì<br />

lacerando così l’opprimente silenzio. Leventiequarantanove. La<br />

fine. Lunghi applausi. Non per me, io non mi presentai per il ringraziamento.<br />

E nessuno venne a dirmi niente. Non una parola, anche<br />

cattiva. E ne soffrii. Sprofondai su una sedia. In disparte. Distante<br />

da tutto. Ci rimasi. Leventiecinquantotto. Tutta la compagnia<br />

mi sfilò davanti, senza salutare, senza un cenno. La regista, anche<br />

stavolta, non mi degnò di uno sguardo. Poi si fermò, catturò<br />

l’attenzione di tutti e disse qualcosa, visibilmente commossa. Non<br />

percepii l’inizio delle sue parole, ma in un certo senso sentii che mi<br />

riguardavano. Mi alzai lentamente prestando orecchio. Allora capii.<br />

Raggelai. Leventuno. Mi lasciai cadere sulla sedia. A peso morto.<br />

Morto qual ero. E non sapevo.<br />

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